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«Esatto.»

«Accidenti.»

«Già. Davie voleva licenziarlo, ma io sono riuscito a convincerlo a dargli una seconda possibilità. Così non l'abbiamo licenziato. Ma che cosa ti combina quell'idiota?» Ecco tornare la rabbia contro Greywolf. «Tre settimane dopo, fa la stessa scena. A quel punto, Davie doveva licenziarlo. Tu cosa avresti fatto?»

«Credo che l'avrei liquidato la prima volta», sussurrò Alicia.

«Perlomeno non devo preoccuparmi del tuo futuro», ironizzò Anawak. «In ogni caso, se fai tanto per una persona che ti ripaga in quel modo, anche il più grande affetto si dissolve.» Ingollò il succo d'arancia, lo mandò giù e tossì. Alicia allungò un braccio e gli batté sulla schiena. «Da quel momento è andato completamente fuori di testa», riprese. «Jack ha un secondo problema. A un certo punto, nella sua frustrazione, è arrivato da lui il grande Manitou e gli ha detto: 'Da oggi ti chiami Greywolf e devi proteggere le balene e tutto ciò che popola la Terra, l'aria e l'acqua… Va' e combatti'. E poiché lui ce l'aveva con noi, si è convinto di dover combattere contro di noi. A questo aggiungi che ancora oggi è convinto che io sia dalla parte sbagliata, solo che non me ne sarei ancora accorto.» Era sempre più furioso. «Butta tutto all'aria, non ha la minima idea di che cosa sia la protezione dell'ambiente e neppure degli indiani cui sente di appartenere. Gli indiani ridono a crepapelle di lui. Sei stata a casa sua? Ah, no, l'hai pescato in una birreria! La sua baracca è un vero museo del kitsch indiano. Sì, si piegano in due dal ridere, tranne quelli che non sanno cosa fare della loro vita, i ragazzetti che non fanno un tubo, quelli che si rifiutano di lavorare, i picchiatori e gli ubriaconi… Loro lo trovano fantastico, e lo stesso si può dire di un mucchio di anziani hippy bianchi e di quei surfisti che non sopportano di essere visti dai turisti mentre si grattano la pancia. Ah, e ci sono anche quelli che amavano il campeggio libero e che ora non possono più cagare dove vogliono e lasciare in giro la loro immondizia. Greywolf ha raccolto la feccia: anarchici e falliti, vagabondi e neoattivisti contro la violenza dello Stato, freak ambientalisti militanti espulsi da Greenpeace perché ne danneggiavano la reputazione, indiani che non sono mai stati graditi alle loro tribù, criminali e tutta la gentaglia possibile. Alla maggior parte di questi malviventi non interessa niente delle balene; vogliono solo menare un po' le mani per rendersi importanti, solo che Jack non se ne rende conto e crede che la sua organizzazione sia davvero ambientalista. Pensa un po', finanzia quella gentaglia lavorando come boscaiolo e come guida per chi vuole vedere gli orsi, e lui stesso vive in una baracca pericolante che non useresti nemmeno come cuccia per un cane! Perché permette che tutti si divertano alle sue spalle? Perché uno come Jack si trasforma in una figura tragica? Quel gigantesco bastardo! Me lo sai dire?»

Anawak si fermò e prese fiato.

In alto, nel cielo, un uccello marino gridava.

Alicia spalmò del burro su un pezzo di pane, ci mise sopra della marmellata e se lo infilò in bocca. «Magnifico!» esclamò. «Vedo che ti piace sempre.»

Il nome Ucluelet derivava dalla lingua nootka e significava all'incirca «porto sicuro». Esattamente come Tofino, anche Ucluelet sorgeva protetto da una baia naturale e, nel corso degli anni, il piccolo villaggio di pescatori, con le sue casette di legno e suoi graziosi locali e ristoranti, era diventato una pittoresca attrazione per i whale watcher.

La casa di Greywolf si trovava nella parte meno attraente di Ucluelet. Su un lato della strada principale si apriva un sentiero infestato di erbacce, grande appena per far passare un'automobile e adatto a distruggere gli ammortizzatori. Dopo alcune centinaia di metri, il sentiero terminava in una radura circondata da alberi antichissimi. La casa, una baracca malridotta con una stalla diroccata e vuota, sorgeva proprio là in mezzo. Dal villaggio non si vedeva. Bisognava conoscere la strada.

Che la baracca fosse tutt'altro che confortevole, lo sapeva meglio di tutti il suo unico abitante. Finché il tempo reggeva — e secondo Greywolf il concetto di brutto tempo era qualcosa compreso fra un tornado e la fine del mondo -, lui se ne stava fuori, andava per i boschi, guidava i turisti a vedere gli orsi bruni e faceva tutta una serie di lavoretti occasionali. Le probabilità di trovarlo là erano praticamente nulle, anche di notte. O dormiva all'aperto, in mezzo alla natura, o nella camera delle turiste desiderose di avventure e convinte di aver accalappiato un selvaggio purosangue.

Era primo pomeriggio quando Anawak arrivò a Ucluelet. Aveva progettato di andare a Nanaimo e da lì prendere il traghetto per Vancouver. Per diversi motivi aveva preferito evitare l'elicottero. Shoemaker l'avrebbe accompagnato fino a Ucluelet, dove aveva un appuntamento con Davie, e aveva così dato ad Anawak una scusa per fare una tappa in paese. Davie stava pensando ad altri tour avventurosi: se non puoi più offrire alla gente due ore in mare, allora offri una settimana sulla terraferma. Anawak si era rifiutato di partecipare alla conversazione nel corso della quale Davie e Shoemaker volevano discutere la nuova struttura dell'azienda. Qualunque sviluppo ci fosse stato, sentiva che il suo periodo a Vancouver Island si stava avviando alla conclusione. Che cosa lo tratteneva davvero lì? Cosa gli restava, dopo la fine del whale watching? Una paralisi che cercava di mimetizzare con l'amore per l'isola, di cui gli era rimasto come sgradevole ricordo un ginocchio dolorante.

Sciocchezze.

Erano anni che cercava di allontanarsi. È vero, quegli anni gli avevano portato una laurea e vari riconoscimenti, ma quel tempo era ormai perso. Un conto era non vivere nel modo sbagliato, un altro avere la morte davanti agli occhi e, nelle settimane precedenti, lui aveva rischiato due volte di perdere la vita. L'incidente con l'idrovolante aveva cambiato tutto. Anawak sentiva una minaccia dentro di sé. Qualcuno aveva fiutato la sua paura ed era tornato sulle sue tracce, qualcuno che lui pensava di aver dimenticato. Un gelido fantasma gli offriva l'ultima possibilità di prendere in mano il suo destino e, se lui avesse fallito, gli prospettava un futuro di solitudine e miseria. Il messaggio era chiarissimo: rompi il cerchio. Il vecchio adagio così caro agli psicologi.

Anawak aveva camminato lungo il sentiero infestato di erbacce, senza particolare fretta, come se non avesse una meta precisa. Aveva percorso la strada principale e, all'ultimo momento, aveva svoltato, come se di colpo gli fosse venuta un'idea. Era giunto nella radura, davanti a quell'orribile catapecchia, e si chiedeva cosa diavolo ci facesse lì. Salì i pochi scalini della misera veranda e bussò.

Greywolf non era in casa.

Girò alcune volte intorno alla capanna. Si sentiva deluso, senza riuscire a spiegarsi il perché. In fondo sapeva che non avrebbe trovato nessuno. Pensò di andarsene. Un tentativo l'aveva fatto.

Tuttavia non poteva. Gli venne in mente l'immagine di un uomo col mal di denti che suona il campanello di uno studio dentistico e se ne va subito perché non gli viene aperto all'istante.

I suoi piedi lo ricondussero alla porta d'ingresso. Allungò la mano e abbassò la maniglia. Spinse la porta, che si aprì con un leggero cigolio. Da quelle parti era normale lasciare la casa aperta. Un pensiero gli strappò un brivido. Anche in un altro posto si viveva così. Per un momento si bloccò, indeciso, poi entrò.

Non entrava in quella casa da un'eternità, e rimase sorpreso da quello che vide. Nei suoi ricordi, Greywolf viveva in mezzo a una sudicia confusione. Invece Anawak vide una stanza semplice ma accogliente, alle cui pareti erano appese maschere indiane e arazzi. Intorno a un tavolo basso di legno c'erano sedie intrecciate e colorate. Coperte indiane decoravano un sofà. Due scaffali erano pieni di ogni possibile oggetto di uso quotidiano, ma anche di sonagli di legno che i nootka usavano nelle cerimonie e nei canti rituali. Non c'era un televisore. Due piastre indicavano che quella camera serviva anche da cucina. Un passaggio conduceva a una seconda stanza. Quella in cui Greywolf dormiva, ricordò Anawak.

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