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«Quale onore?»

«I vermi li ha scoperti lui.»

«No, li ha scoperti la Statoil. Comunque, per quello che mi riguarda, l'onore può andare a Johanson. E poi?»

«Informiamo i governi.»

«E rendiamo pubblica la cosa?»

«Perché no? Viene pubblicato tutto. Sappiamo dei programmi nucleari coreani e iraniani e di qualche idiota che diffonde gli agenti patogeni del carbonchio. Sappiamo tutto della BSE, della peste suina e delle verdure manipolate geneticamente. In Francia, le persone si ammalano e muoiono a dozzine per qualche batterio nella carne di molluschi andata a male. E nonostante queste notizie, nessuno corre in montagna a nascondersi!»

«No», disse Bohrmann. «Naturalmente no, ma se riflettessimo in pubblico su un possibile effetto Storegga…»

«Per questo i dati sono troppo superficiali», disse Suess.

«La simulazione mostra quanto la decomposizione proceda velocemente. E mostra anche tutto il resto.»

«Ma non dice con certezza assoluta quello che succederà.»

Bohrmann fece per rispondere, ma si arrestò. Suess aveva ragione. Potevano ipotizzare quello che sarebbe successo, ma non dimostrarlo. Se fossero usciti allo scoperto, senza avere provato in ogni dettaglio la loro teoria, le lobby del petrolio si sarebbero scatenate. E le loro argomentazioni sarebbero cadute come un castello di carte. Era troppo presto. «Va bene», disse. «Di quanto tempo abbiamo bisogno per avere risultati inoppugnabili?»

Suess aggrottò la fronte. «Di una settimana, credo.»

«È maledettamente troppo tempo», commentò Sahling.

«Ma sentilo!» Yvonne Mirbach scosse la testa, innervosita. «Il tempo è maledettamente poco. Se hai bisogno di una perizia tassonomica su un nuovo verme, tu stai a girarti i pollici per mesi, e noi…»

«Data la situazione, è troppo tempo.»

«Tuttavia i falsi allarmi non portano a niente. Andiamo avanti», replicò Suess.

Bohrmann annuì. Non riusciva a staccare lo sguardo dal monitor. La simulazione era finita sullo schermo, ma continuava nella sua mente, facendogli venire i brividi.

29 aprile

Trondheim, Norvegia

Sigur Johanson entrò nell'ufficio di Olsen, si chiuse la porta alle spalle e sedette di fronte al biologo. «Hai tempo?»

Olsen sorrise. «Per te mi sono fatto in quattro», rispose.

«Cos'hai trovato?»

Olsen abbassò la voce. «Con cosa devo incominciare? Con le storie di mostri? Con le catastrofi naturali?» Stava cercando di dare un tocco di mistero alle sue scoperte. E ci riusciva pure.

«Tu con cosa incominceresti?»

«Va bene.» Olsen ammiccò con aria scaltra. «Che ne diresti se, per una volta, incominciassi tu? Perché non mi dici qualcosa del motivo per cui ho dovuto recitare per giorni la parte di Watson, mio caro Holmes?»

Ancora una volta, Johanson si chiese quanto potesse raccontare a Olsen, il quale non stava più nella pelle per la curiosità. D'altronde lui, al suo posto, non si sarebbe comportato diversamente. Ma, se gli avesse detto qualcosa, nel giro di poche ore l'intero NTNU l'avrebbe saputo.

Improvvisamente gli venne un'idea… così assurda da suonare credibile. Olsen l'avrebbe considerato uno scemo, ma almeno l'avrebbe lasciato in pace. Abbassò a sua volta la voce e disse: «Ci ho pensato a lungo e sono arrivato a una teoria».

«Vale a dire?»

«È tutto pilotato.»

«Che cosa?»

«Le anomalie: le meduse, la sparizione delle barche, i morti e i dispersi… Mi è semplicemente venuta l'idea che ci siano dei legami molto in alto.»

Olsen lo guardò, sbalordito.

«Chiamiamolo un 'grande piano'.» Johanson si appoggiò allo schienale e scrutò Olsen, per capire se aveva abboccato.

«E con questa idea cosa vorresti ottenere? Il premio Nobel o un posto in manicomio?»

«Né l'uno né l'altro.»

Olsen continuava a fissarlo. «Mi prendi in giro.»

«No.»

«Sì, invece. Parli di… Che ne so, di che parli? Del diavolo? Di poteri occulti? Di omini verdi? Di X-files

«È solo un'idea. Voglio dire, ci devono essere delle relazioni, no? Tutti i fenomeni si manifestano contemporaneamente! E tu credi che sia un caso?»

«Non lo so.»

«Vedi, non lo sai. E non lo so neanch'io.»

«Che tipo di relazioni stai immaginando?»

Le mani di Johanson si muovevano leggermente. «Dipende solo da quello che tu hai da offrirmi.»

«Ah, sì.» Olsen fece una smorfia. «Bella pensata. Tu non sei un idiota, Sigur. Deve esserci molto di più.»

«Raccontami qualcosa, poi vedremo.»

Olsen scrollò le spalle, aprì un cassetto e tirò fuori una pila di fogli. «Il bottino di Internet», disse. «Se non fossi così dannatamente pragmatico, potrei finire col credere alle scemenze che spari.»

«Allora, che cosa c'è?»

«Le spiagge dell'America centrale e meridionale sono state chiuse. Le persone non vanno più in acqua e le meduse intasano le reti dei pescatori. Nel Costarica, in Cile e in Perú si parla di apocalisse gelatinosa causata dalla caravella portoghese incrociata con un'altra specie, molto piccola, con tentacoli molto lunghi e molto velenosi. All'inizio, si era pensato alle vespe di mare, ma l'aspetto è completamente diverso. Forse una nuova specie.»

Un'altra specie nuova, pensò Johanson. Vermi mai visti prima, meduse mai viste prima… «E le vespe di mare in Australia?» chiese.

«Lo stesso scenario.» Olsen frugò nel suo pacco di fogli. «Diventano sempre di più. Una catastrofe per i pescatori. Il turismo è in ginocchio.»

«E che ne è dei pesci della zona? Le meduse non li attaccano?»

«Sparitibus.»

«Come?»

«Non ci sono più. I grossi banchi sono semplicemente spariti dalle coste colpite. Gli equipaggi dei pescherecci sostengono che hanno lasciato le loro zone d'origine e sono andati in mare aperto.»

«Ma là non trovano da mangiare.»

«Forse si sono messi a dieta. Che ne so io?»

«E nessuno ha una spiegazione?»

«Sono state istituite ovunque unità di crisi», disse Olsen. «Ma non si riesce a sapere niente. Ci ho provato.»

«Questo significa che la situazione reale è ancora peggiore.»

«Forse.» Olsen prese un foglio. «Se guardi questa lista, trovi una serie di comunicati stampa che sono stati diffusi e immediatamente dopo sono spariti. Meduse sulla costa dell'Africa occidentale, probabilmente anche in Giappone, di certo nelle Filippine. Sospetti su casi di morte, poi smentite, poi silenzio. Attento, però, perché adesso si fa interessante. C'è un'alga che da alcuni anni si aggira come un fantasma tra i media. Un'alga killer, Pfiesteria piscicida. C'è poco da fare se ti capita tra capo e collo: fa ammalare uomini e animali. Sinora ha infestato occasionalmente l'altra parte dell'Atlantico, ma ultimamente pare sia comparsa in Francia. E non in quantità modesta.»

«Morti?»

«Certamente. I francesi non sprecano tante parole per spiegare la loro situazione, ma, a quanto pare, l'alga è arrivata con gli astici. È tutto lì dentro, l'ho raccolto per te.» Olsen spinse verso Johanson alcuni fogli. «Poi c'è la faccenda delle imbarcazioni scomparse. Ci sono state decine di richieste d'aiuto, ma non si riesce a capire che cosa sia successo perché i contatti si sono interrotti troppo presto. Qualunque cosa sia successa, deve essere accaduta molto in fretta.» Agitò un altro foglio. «Ma chi sarei io se non ne sapessi di più del resto dell'umanità? Tre di queste richieste d'aiuto sono finite nella rete.»

«Eh?»

«Qualcosa ha attaccato le imbarcazioni.»

«Attaccato?»

«Proprio così.» Olsen si grattò il naso. «Acqua al mulino della tua teoria del complotto. Il mare si solleva contro gli uomini, indignato per lo schifo che si ritrova dentro. Solo perché ci scarichiamo un po' d'immondizia e sterminiamo pesci e balene. Ah, a proposito di balene, l'ultima che ho sentito è che, nel Pacifico orientale, hanno attaccato in massa le navi. Pare che nessuno si fidi più ad andare in mare.»

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