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24 maggio

Frost

Come al solito, Stanley Frost era di opinione diversa.

Secondo le valutazioni delle industrie estrattrici di materie prime, i principali giacimenti di metano si trovavano nel Pacifico, lungo la costa occidentale nordamericana, di fronte al Giappone, nel mare di Okhotsk, nel mare di Bering e ancora più a nord, nel mare di Beaufort. Nell'Atlantico, gli Stati Uniti ne avevano la maggior parte davanti alla porta di casa. C'erano grandi giacimenti nei Caraibi e al largo del Venezuela, forti concentrazioni nella zona dello stretto di Drake, tra America meridionale e Antartico. Si sapeva anche degli idrati norvegesi e altrettanto nota era l'esistenza di giacimenti nel Mediterraneo orientale e nel mar Nero.

Soltanto la costa nordoccidentale dell'Africa ne.era quasi completamente priva. E in special modo la zona delle Canarie.

E Frost non se ne capacitava.

Perché là, dagli abissi saliva acqua fredda satura di nutrimento per il fitoplancton, che a sua volta era la causa principale della pescosità eccezionale delle Canarie. A partire da quegli elementi, nelle Canarie si sarebbe dovuta rilevare una gran quantità di idrati; ovunque si presentasse una notevole varietà di vita organica, prima o poi, negli abissi marini, si formava il metano: era una cosa inevitabile.

Il problema delle Canarie era che i resti decomposti degli esseri viventi non potevano depositarsi. Dato che quelle isole erano nate milioni di anni prima dai vulcani, si ergevano, verticali come torri, dal fondale marino: Tenerife, Gran Canaria, La Palma, Gomera e Hierro. Tutte crescevano dal fondale a una profondità fra i tre chilometri e i tre chilometri e mezzo, guglie di roccia vulcanica su cui i sedimenti e i resti organici scivolavano anziché depositarsi. Ecco perché la cartografia corrente mostrava, nella zona delle Canarie, l'assenza di giacimenti di metano. Cosa che, secondo Stanley Frost, costituiva il primo errore.

In secondo luogo, lui presumeva che i coni vulcanici, sulla cui punta si ergevano le isole, non fossero verticali, come in genere si sosteneva. O, meglio, erano verticali, sì, però non lisci e perpendicolari come le pareti di una casa. Frost si era occupato abbastanza a lungo della formazione e dello sviluppo dei vulcani per sapere che anche il cono più verticale mostrava crinali e terrazze. Era quindi pienamente convinto che, intorno alle isole, ci fosse una gran quantità di metano e che fino a quel momento nessuno avesse guardato con attenzione. Quegli idrati non si sarebbero presentati in grandi blocchi, ma in una fitta rete di vene tra il pietrisco. In ogni caso, il metano doveva essere immagazzinato sui crinali ricoperti di sedimenti.

Giacché lui era un vulcanologo e non un esperto di idrati, Frost aveva chiesto il parere di Bohrmann ed entrambi avevano deciso che si trattava di una questione da approfondire. Frost aveva preparato una lista di isole che riteneva minacciate. Oltre a La Palma, c'erano anche le Hawaii, le isole di Capo Verde, Tristan de Curtha più a sud e l'isola di Réunion nell'oceano Indiano. Ognuna costituiva una potenziale bomba a orologeria, ma La Palma costituiva un caso esemplare. Se le peggiori paure di Frost erano fondate e se quegli esseri erano scaltri come sosteneva il norvegese, allora il vulcano Cumbre Vieja di La Palma pendeva sulla testa di milioni di persone come una spada di Damocle alta duemila metri.

Grazie all'impegno di Bohrmann, Frost e la sua équipe ebbero a disposizione per la spedizione la famosa Polarstern. Esattamente come la Sonne, la nave oceanografica tedesca aveva a bordo un Victor 6000. La Polarstern era sufficientemente grande per non temere gli attacchi delle balene, inoltre era stata attrezzata con telecamere sottomarine per individuare in tempo gli attacchi di banchi di mitili, meduse o altri organismi. Frost ovviamente non poteva assicurare che il Victor, una volta mandato sott'acqua, sarebbe riemerso. Era un tentativo basato solo sulla fortuna, ma nessuno lo impedì.

Il Victor s'immerse a ovest di La Palma e la Polarstern rimase in vista della terraferma. Il robot esaminò in maniera sistematica la parete del cono vulcanico, finché, a circa quattrocento metri, arrivò a una serie di terrazze abbondantemente ricoperte di sedimenti.

Lì trovò i giacimenti di idrati, come Frost aveva previsto.

Ma erano sepolti da una massa di corpi bianchi e rosa con mandibole a tenaglia.

8 giugno

La Palma, Canarie, al largo dell'Africa occidentale

«Perché quei vermi lavorano con tanta foga alle fondamenta di quest'isola — meta d'innumerevoli turisti — quando potrebbero ottenere risultati ben più devastanti, al largo del Giappone o sotto casa nostra?» chiese Frost. «Voglio dire, il mare del Nord era una zona ad alta concentrazione industriale. Come la costa orientale americana e come Honshu, eppure in quel posto la popolazione di vermi è lontanissima da una diffusione che possa creare problemi. E ora li scopriamo in un'isola a occidente dell'Africa. Che significa? Quelle bestioline hanno forse deciso di andare in ferie?»

Come sempre, Frost indossava il suo berretto da baseball e una tuta da lavoratore petrolifero. Si trovava sulla parte orientale della montagna che sorgeva al centro dell'isola. Mentre a nord le rocce racchiudevano la famosa caldera di roccia erosa chiamata Caldera de Taburiente, la cresta della montagna si stendeva con innumerevoli vulcani fino alla punta sud.

Frost era in compagnia di Bohrmann e di due rappresentanti dell'impresa De Beers, un'amministratrice e un direttore tecnico di nome Jan van Maarten. L'elicottero era parcheggiato sullo spiazzo sabbioso in cui si trovavano anche loro, ma un po' discosto. Il panorama era di una bellezza impressionante: crateri pieni di verde si alternavano a distese di lava nera, picchiettate sempre di verde, ma di una tonalità più delicata. I vulcani di La Palma non eruttavano regolarmente, tuttavia un'eruzione poteva avvenire in qualsiasi momento. Dal punto di vista della storia della Terra, quelle isole erano giovani. Solo nel 1971, nell'estremo sud, era sorto un nuovo vulcano, il Teneguia, che aveva ampliato l'isola di qualche ettaro. Per la precisione, l'intera catena era formata da un unico vulcano con molte bocche, per cui si parlava semplicemente delle eruzioni del Cumbre Vieja.

«La questione è dove colpire per ottenere il danno maggiore», disse Bohrmann.

«Lei crede davvero che qualcuno abbia avuto simili pensieri?» L'amministratrice aggrottò la fronte.

«È tutto ipotetico», replicò Frost. «Però, se presumiamo che dietro tutto ciò si nasconda uno spirito intelligente, dal punto di vista strategico esso procede con grande abilità. Dopo il disastro del mare del Nord, tutti hanno ipotizzato che la disgrazia seguente sarebbe avvenuta nelle vicinanze di coste ampiamente popolate e di zone ad alta concentrazione industriale. In effetti, in quelle zone abbiamo trovato i vermi, anche se in numero ridotto. Così abbiamo pensato che il grosso delle truppe del nemico — per chiamarlo col suo nome — si fosse ritirato. Oppure che lui avesse bisogno di tempo per produrre altri vermi. In tal modo, la nostra attenzione si è concentrata su falsi obiettivi. Bohrmann e io siamo arrivati alla conclusione che le invasioni dell'America settentrionale e del Giappone siano manovre diversive.»

«Ma a che cosa serve distruggere gli idrati a La Palma?» chiese la donna. «Non è che qui farebbero molti danni.»

Quelli della De Beers erano stati chiamati perché Frost e Bohrmann erano alla ricerca di un sistema che potesse risucchiare i vermi che sbranavano il ghiaccio. Da decenni, il fondale marino davanti al Sudafrica e alla Namibia veniva perlustrato a caccia di diamanti. Erano impegnate diverse società — tra cui anche il colosso diamantifero De Beers -, che con navi e piattaforme galleggianti dragavano il fondale fino a centottanta metri. Da alcuni anni, la De Beers aveva iniziato a sviluppare sistemi per arrivare più in profondità: bulldozer sottomarini guidati a distanza e dotati di proboscidi che pompavano sabbia e ghiaia attraverso tubature fino alle navi d'appoggio. Uno degli sviluppi più recenti era un sistema molto flessibile e apparentemente senza rischi: un aspiratore teleguidato che poteva operare anche su pareti ripide. In teoria, il sistema arrivava a una profondità di diverse migliaia di metri, ma prima di metterlo in opera si doveva costruire un tubo aspiratore sufficientemente lungo.

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