«E perché noi possiamo scambiarci informazioni liberamente?»
«Perché siamo sulla stessa barca.»
«Ma quella soldatessa racconta stronzate! Come per la Barrier Queen, per esempio…»
«Leon…» Ford sbadigliò. «Tu c'eri quand'è successo?»
«Adesso non cominciare.»
«Non lo faccio. Sono convinto almeno quanto lo sei tu che le cose si siano svolte esattamente come ha detto il tuo Mister Roberts, quello della Inglewood. Tuttavia rifletti: un'invasione di mitili, strani animaletti mai descritti dalla scienza, una disgustosa sostanza viscida, una balena che salta su una gomena… Questo è ciò che esce dal tuo caso Barrier Queen. Ah, già, e poi non bisogna dimenticare che, nella darsena, qualcosa ti ha colpito in faccia e se l'è data a gambe e che Ray Fenwick e Sue Oliviera hanno trovato della sostanza gelatinosa nel cervello delle balene. Vorresti rendere tutto ciò di dominio pubblico?»
Anawak rimase in silenzio. «Perché la Inglewood mi ha tagliato fuori?» chiese infine.
«Non ne ho idea.»
«Qualcosa dovresti saperlo. Tu sei il responsabile della raccolta dati.»
«Certo! E per questo sul mio tavolo sono impilati quintali di dossier. Accidenti, Leon, non lo so! Ci tengono a stecchetto.»
«Anche la Inglewood e l'unità di crisi sono sulla stessa barca.»
«Eccome. Potremo discuterne per ore, ma vorrei finire quei maledetti video e ci vorrà molto più tempo di quanto credessi. Uno dei nostri è ha letto col mal di pancia. E tanti saluti. Non potremo vederci prima di stanotte.»
«Dannazione», sibilò Anawak.
«Stammi bene. Ti chiamo io, okay? Oppure chiamo Alicia nel caso tu voglia fare un pisolino…»
«Sono raggiungibile.»
«A proposito, Alicia sta migliorando, non trovi?»
Certo che stava migliorando. S'impegnava molto più di quanto si potesse sperare. «Sì», borbottò Anawak. «Non è male. Posso fare qualcosa?»
«Riflettere. Potresti andare a fare una passeggiata o interpellare qualche capo tribù nootka.» Ford sorrise controvoglia. «Di certo gli indiani sanno qualcosa. Sarebbe fantastico se improvvisamente ti raccontassero che tutto questo è già successo millenni fa.»
Buffone, pensò Anawak.
Terminata la conversazione, Anawak fissò il televisore acceso.
Dopo qualche minuto, iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Il ginocchio gli doleva, ma lui non si fermò, come se volesse punirsi per non essere perfettamente in forma.
Continuando così, sarebbe caduto in paranoia. Già era tormentato dal sospetto che qualcuno lo volesse tagliare fuori. Nessuno lo chiamava e, se non era lui a chiedere, nessuno gli diceva niente. Lo trattavano come un invalido. E poi non riusciva a camminare con scioltezza. Va bene, nell'ultimo periodo erano successe tante cose, forse un po' troppe. Prima era stato scaraventato fuori da una barca, poi da un idrovolante che stava precipitando, okay, okay…
Si sbagliava.
Si fermò davanti alle balene di plastica.
Nessuno stava cercando di tagliarlo fuori. Nessuno lo trattava come un invalido. Ford non gli poteva mostrare nulla finché non avesse finito di esaminare il materiale, e non voleva caricarlo di lavoro, chiamandolo all'acquario per dare una mano. Alicia stava cercando di aiutarlo. Erano premurosi, nulla di più e nulla di meno. Era lui che sì considerava un invalido e non riusciva a sopportarsi.
Che doveva fare?
Quando continui a girare in cerchio che cosa puoi fare? pensò. Rompere il cerchio. Fare qualcosa che ti rimetta in sesto. Qualcosa che non devi pretendere dagli altri, ma da te stesso. Fa' qualcosa d'insolito.
Cosa poteva fare di straordinario?
Che cosa aveva detto Ford? Di rivolgersi a un capo tribù nootka.
Di certo gli indiani sanno qualcosa.
Sapevano davvero qualcosa? Gli indiani del Canada si erano trasmessi le loro conoscenze di generazione in generazione, finché l'Indian Act del 1885 non aveva messo il bavaglio alla tradizione orale. Sulle prime, li avevano privati della loro identità, spingendoli a lasciare la loro patria e a mandare i figli alle Residential School: in tal modo — così si diceva -, si sarebbero integrati nella comunità dei bianchi. L'Indian Act si era rivelato un'arma a doppio taglio: da un lato, tendeva generosamente una mano per favorire l'integrazione degli indiani in un mondo straniero, dall'altro, ignorava il fatto che gli indiani erano già perfettamente integrati nella loro società, una società che, però, non andava a genio a chi aveva stilato il trattato. L'incubo dell'Indian Act produceva ancora i suoi effetti, ma da alcuni decenni, gli indiani avevano cominciato a riprendere il controllo sulla loro vita. Molti riannodavano il filo della tradizione nel punto in cui era stato tagliato, quasi cento anni prima. Il governo canadese si adoperava perché fosse corrisposto loro un risarcimento, ma non accennava neppure al recupero della loro cultura.
Erano sempre meno gli indiani che conoscevano le antiche tradizioni.
A chi poteva chiedere?
Agli anziani.
Zoppicando, Anawak raggiunse la veranda e guardò la strada principale.
Praticamente non aveva contatti coi nootka o, meglio, coi nuu-chah-nulth, come essi stessi si chiamavano, cioè «Quelli che vivono lungo le montagne». Oltre ai tsimshian, ai gitksan, agli skeena, agli haida, ai kwakiutl e ai coast salish, i nootka erano uno dei clan principali che abitavano la costa occidentale della British Columbia. Per chi fosse digiuno dell'argomento era pressoché impossibile tracciare le giuste relazioni tra i diversi clan, tribù e gruppi linguistici. Chi provava ad addentrarsi nella cosiddetta cultura indiana, spesso falliva già al primo tentativo, ancor prima d'imbattersi nel regno dei dialetti regionali e dei sistemi di vita che differivano da una baia all'altra.
Il consiglio di Ford poteva essere preso soltanto come una battuta, una bella idea per un film d'azione in cui alcune leggende dimenticate conducono alla soluzione del mistero. Il problema era che gli indiani non erano un unico popolo, ma tanti popoli. Ed era vero che, per conoscere le storie riguardanti il Pacifico al largo di Vancouver Island, la cosa migliore era chiedere ai nootka, gli indiani delle isole occidentali. Ma si correva il rischio di perdersi tra i miti delle diverse tribù di cui i nootka erano composti, ognuna delle quali abitava il proprio territorio. La tradizione dei nootka era strettamente legata al paesaggio di Vancouver Island e le mitologie erano profondamente radicate nella natura, quindi era possibile trovare un denominatore comune, ma il resto era spaventosamente ingarbugliato. In generale, tutti i nookta raccontavano una storia della creazione in cui il ruolo principale era svolto dal Transformer, il «trasformatore». Nella tribù dei dididath, il lupo aveva una grande importanza, ma non mancavano le storie sulle orche. Ma tentare di comprendere le orche tralasciando i lupi sarebbe stato il primo errore di una lunga serie, perché, nel ciclo del Transformer, uomini e animali erano legati spiritualmente. Non solo ogni creatura aveva la possibilità di trasformarsi in un altro essere, ma alcune mantenevano anche una doppia natura: se un lupo entrava in acqua si trasformava in un'orca e se un'orca andava sulla terra si trasformava in lupo. Orche e lupi avevano la stessa sostanza, e raccontare storie sulle orche senza pensare ai lupi era, per i nootka, una cosa priva di senso.
Per tradizione, i nootka erano cacciatori di balene, quindi conoscevano innumerevoli storie su quegli animali. Ma nessuna delle tribù raccontava la medesima storia, e quelle identiche erano narrate in modo diverso, a seconda del luogo da cui provenivano. In linea di massima, anche i makah appartenevano ai nootka… o forse no, come sostenevano alcuni. Di certo entrambe le tribù parlavano wakashan. I makah e gli eschimesi erano le uniche tribù del Nordamerica ad avere il diritto di cacciare le balene, un diritto sancito da un trattato. Ed era in corso un acceso dibattito perché, dopo quasi un secolo senza cacciare, quelle tribù volevano riprendere la tradizione. I makah non vivevano a Vancouver Island, ma sulla punta nordoccidentale dello Stato di Washington. Nei loro miti c'erano diverse storie sulle balene, miti che si ritrovavano anche presso i nootka, che vivevano sulle isole. Invece, per quanto riguardava il comportamento delle balene, il loro modo di pensare, di sentire e le loro intenzioni, ciascuno aveva il proprio punto di vista. Non c'era da stupirsi, visto che si trattava di leggende in merito a un essere che non veniva chiamato balena, bensì iihtuup, «grande mistero».