Benché Shoemaker fosse a qualche metro da lui, la voce nella cornetta strillava al punto che pure Anawak la sentiva. Nella stazione regnava il caos. C'era anche Davie, il direttore. Lui e Shoemaker parlavano in continuazione in qualche cornetta o apparecchio, davano istruzioni oppure stavano ad ascoltare, sbalorditi. In Shoemaker, lo stupore raggiunse il culmine. Infine l'uomo abbassò il ricevitore e scosse la testa.
«Cos'è successo?» chiese Anawak a Shoemaker. Poi gli fece segno di parlare a bassa voce e gli si avvicinò. Durante l'ultimo quarto d'ora, da quando Greywolf aveva portato la sua barca malridotta a Tofino, la Davies Whaling Station si era riempita di gente. La notizia dell'attacco si era diffusa come un lampo. L'uno dopo l'altro erano arrivati anche gli altri skipper che lavoravano per la Davies. Ormai le frequenze erano disperatamente sature. I commenti sarcastici dei pescatori che si trovavano nelle vicinanze e che avevano fatto rotta sul luogo della disgrazia — «Ah, ragazzi, ma si può essere così stupidi da non riuscire a evitare una balena…» — erano cessati. Chi cercava di portare soccorso veniva immediatamente aggredito. E le ondate degli attacchi sembravano estendersi lungo tutta la costa. Ovunque era scoppiato l'inferno, senza che nessuno fosse in grado di dire che cosa stesse succedendo davvero.
«La guardia costiera non ci può mandare nessuno», sibilò Shoemaker. «Sono tutti fuori, al largo di Victoria e Ucluelet. Dicono che ci sono molte imbarcazioni in difficoltà.»
«Che cosa? Anche là?»
«Pare che ci siano stati molti morti.»
«Sto giusto ricevendo qualcosa da Ucluelet», gridò loro Davie. Si appoggiò dietro il banco e girò la manopola della sua radio a onde corte. «Un peschereccio ha ricevuto la richiesta di soccorso di uno zodiac e stava prestando soccorso quand'è stato attaccato. Se l'è svignata.»
«È stato attaccato da cosa?»
«Non ricevo più niente. È sparito.»
«E la Lady Wexham?» chiese Shoemaker.
«Nulla. La Tofino Air è uscita con due aerei. Ho appena avuto un breve contatto.»
«E allora?» gridò Shoemaker senza fiato. «Vedono la Lady?»
«Sono appena partiti, Tom», rispose Davie.
«Perché su quegli aerei non ci siamo anche noi?»
«Domanda stupida, perché…»
«Maledizione, quelle sono le nostre imbarcazioni! Perché non ci siamo anche noi, su quei maledetti aerei?» Shoemaker correva avanti e indietro, completamente fuori di sé. «Cos'è successo alla Lady Wexham?»
«Dobbiamo aspettare.»
«Aspettare? Non possiamo aspettare! Io vado.»
«Che vuoi dire?» domandò Davie.
«Là fuori c'è ancora uno zodiac, no? Possiamo prendere il Devilfish e andare a vedere.»
«Sei impazzito?» gridò uno degli skipper. «Non hai sentito quello che ha raccontato Leon?! È una faccenda per la guardia costiera.»
«Però là non c'è nessuna maledetta guardia costiera!» strillò Shoemaker.
«Forse la Lady Wexham si potrà mettere in salvo da sola. Leon ha detto…»
«Forse, forse! Io vado.»
«Basta!» Davie sollevò le mani e lanciò a Shoemaker uno sguardo di avvertimento. «Tom, non voglio mettere altri uomini in pericolo se non è assolutamente necessario.»
«Tu non vuoi mettere altre barche in pericolo», latrò Shoemaker.
«Aspetteremo di sentire quello che ci dicono i piloti. Poi decideremo il da farsi.»
«È una decisione sbagliata!» concluse Shoemaker.
Davie non rispose. Girò la manopola della radio per cercare di mettersi in contatto coi piloti degli idrovolanti, mentre Anawak chiedeva alla gente di uscire dalla stazione. Di tanto in tanto si sentiva tremare le ginocchia e provava un senso di vertigine. Probabilmente era sotto shock. Avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi stendere un attimo e chiudere gli occhi, ma era probabile che, così facendo, avrebbe rivisto Susan trascinata negli abissi dall'orca.
La donna che doveva la propria vita a Susan era su una panca di fianco all'ingresso e sembrava svenuta. Anawak non poté fare a meno di lanciarle un'occhiata irosa. Senza di lei, Susan ce l'avrebbe fatta. L'uomo salvato era seduto lì vicino e piangeva. Aveva perso la figlia che si trovava con lui sul Blue Shark. Alicia lo assisteva. Sebbene anche lei fosse appena sfuggita alla morte, dimostrava un grande autocontrollo. Correva voce che ci fosse un elicottero in arrivo per portare i superstiti all'ospedale più vicino, ma al momento nessuno ci contava troppo.
«Ehi, Leon!» chiamò Shoemaker. «Vieni con me? Tu sai meglio di tutti a cosa dobbiamo stare attenti.»
«No, Tom, tu non vai», sbottò Davie con tono tagliente.
«Nessuno di voi idioti deve tornare là fuori», disse una voce profonda. «Vado io.»
Anawak si girò. Greywolf era entrato nella stazione e, scostandosi dalla fronte i lunghi capelli, si stava facendo largo tra la gente. Dopo aver portato a terra Anawak e gli altri, era rimasto sulla barca per verificarne i danni. In silenzio, tutti fissarono quel gigante dalla lunga criniera, vestito di pelle.
«Che stai dicendo?» chiese Anawak. «Dove vai?»
«Fuori, alla vostra nave. A prendere la vostra gente. Io non ho paura dei cetacei. A me non fanno niente.»
Anawak scosse la testa, seccato. «Generoso da parte tua, Jack, davvero. Ma faresti bene a tenerti alla larga.»
«Leon, piccolo uomo.» Greywolf digrignò i denti. «Se mi fossi tenuto alla larga, tu saresti morto, non dimenticarlo. Siete voi quelli che avrebbero fatto meglio a tenersi alla larga. Fin dall'inizio.»
«Da che cosa?» sibilò Shoemaker.
Con gli occhi ridotti a una fessura, Greywolf si voltò verso di lui. «Dalla natura, Shoemaker. Siete voi i responsabili di questo disastro. Voi, con le vostre barche e le vostre maledette telecamere. I miei compagni e i turisti sono morti per colpa vostra e di quelli cui avete sfilato i soldi dalle tasche. Era inevitabile che succedesse.»
«Stupido bastardo!» gridò Shoemaker.
Alicia, che aveva assistito alla scena vicino all'uomo in lacrime, si alzò. «Non è uno stupido bastardo!» disse con decisione. «Ci ha salvati. E ha ragione, senza di lui saremmo tutti morti.»
Shoemaker sembrava sul punto di prendere Greywolf per il collo. Anawak sapeva bene che dovevano ringraziare il gigante, ma in passato Greywolf gli aveva creato fin troppi problemi, quindi non disse nulla. Per alcuni secondi, sui presenti calò un silenzio insopportabile. Alla fine, Shoemaker girò sui tacchi e, con passo rigido, andò verso Davie.
«Jack…» mormorò Anawak. «Se esci adesso ci sarà qualcuno che dovrà venire a pescare te in mezzo all'acqua. La tua barca è un pezzo da museo. Non ce la farai un'altra volta.»
«Vuoi lasciar morire la gente là fuori?» chiese Greywolf.
«Non voglio lasciare morire nessuno. Nemmeno te.»
«Oh, ti preoccupi della mia insignificante persona. Sono così commosso che potrei vomitare. Ma io non pensavo alla mia barca. Ne ha già passate abbastanza. Prendo la vostra.»
«Il Devilfish?»
«Sì.»
Anawak strabuzzò gli occhi. «Non posso dare via così la nostra barca. E meno che mai a te.»
«Allora vieni anche tu.»
«Jack, io…»
«Può venire anche Shoemaker. In fondo i vermiciattoli ci possono servire come esca, visto che finalmente le orche hanno capito chi sono i loro veri nemici e hanno cominciato a mangiarli.»
«Ti mancano davvero delle rotelle, Jack», disse Anawak.
Greywolf si chinò verso di lui. «Ehi, Leon», sibilò. «Alcuni miei compagni sono morti. Credi che non me ne freghi niente?»
«Non dovevi portarli con te.»
«Non ha senso stare a discutere ora, no? Si tratta della vostra gente. Io non dovrei uscire, Leon. Forse mi dovresti un po' più di riconoscenza.»
Anawak lanciò un'imprecazione e si guardò intorno. Shoemaker era al telefono. Davie parlava al walkie-talkie. Gli skipper presenti e il gestore cercavano di mandare via la gente rimasta nella stazione, ma con scarsi risultati.