Bohrmann sbatté le pinne e scivolò nel blu verso la terrazza. In una simile situazione non c'era molto da fare, però una delle regole dei sommozzatori diceva che le rocce proteggevano le spalle. Bohrmann si spinse verso la parete lavica. Poco prima si era voltato verso l'isola luminosa. La nuvola di sangue si era allargata, in mezzo si vedevano pinne e code in un vortice schiumoso. Pezzi della tuta di Frost stavano sprofondando. Era uno spettacolo orribile. Ma quello che terrorizzava Bohrmann non era la carneficina in sé. Era il fatto che vi stavano partecipando solo due squali.
Mancava il più grande.
Terrorizzato, Bohrmann spense l'elica e si guardò intorno.
Il pesce martello più grande sbucò dalla nuvola di sedimenti. Aveva le fauci spalancate. Scivolava verso di lui a una velocità mozzafiato. Anche l'ultimo barlume di lucidità scomparve. Mentre l'enorme testa si avventava contro di lui, Bohrmann non riusciva a decidere se riaccendere il Trackhound oppure no. Poi l'impatto lo scagliò contro la parete rocciosa. Lo squalo continuò a nuotare, fece un ampio arco e ritornò indietro con la velocità di un'auto da corsa. Bohrmann gridò. Il mondo si trasformò in un abisso di fauci e denti, poi il suo fianco sinistro — dalla spalla all'anca — scomparve nella bocca dello squalo.
È finita, pensò.
Senza mollare la presa, lo squalo lo sollevò, scivolando lungo il pendio. Nelle cuffie, Bohrmann sentiva scrosci e rimbombi. Udì i denti dell'animale che stridevano sul rivestimento di titanio dell'Exosuit. Dato che la testa dello squalo si muoveva da una parte all'altra, il casco sbatté più volte contro la roccia e si scalfì. La lega di titanio era sufficientemente robusta per resistere per un po' a simili colpi, ma la testa di Bohrmann era violentemente sballottata. Era del tutto impotente, il suo destino era segnato. La sua vita ormai non valeva più nulla.
Ma proprio quell'impotenza risvegliò la rabbia.
Non aveva smesso di respirare.
Si poteva ancora difendere!
Sopra di lui si stendeva il profilo del martello. La larghezza della testa dello squalo misurava oltre un quarto della lunghezza del corpo, dunque le due bombature laterali erano molto distanti. Bohrmann vedeva solo il bordo, non gli occhi e le narici. Cominciò a colpirlo con la console, ma sembrava che lo squalo non se ne accorgesse neppure. Poi l'animale lo spinse verso il limite della luce. Se fossero andati oltre, Bohrmann non sarebbe più riuscito a vederlo.
Non poteva permettersi di lasciare la zona di luce.
La rabbia di Bohrmann crebbe ancora. Sollevò il braccio sinistro, che si trovava nelle fauci, e colpì il palato dell'animale. In effetti, in un certo senso, poteva dirsi fortunato, perché lo squalo aveva aggredito il suo fianco sinistro per intero e non soltanto un braccio o una gamba. In quel caso, lui sarebbe stato ormai spacciato, come Frost; la parte centrale della corazza, invece, non aveva punti deboli come gli anelli di giuntura. Insomma era troppo grande e massiccio per essere divorato, anche per quel colosso. E sembrava averlo capito anche l'animale, che scosse la testa con forza ancora maggiore. Bohrmann era sul punto di perdere i sensi. Probabilmente aveva già diverse costole rotte, ma, più l'animale lo scuoteva, più cresceva la sua rabbia.
Piegò all'indietro il braccio destro e colpì più volte con la console la testa a forma di martello…
Improvvisamente fu libero.
Lo squalo lo aveva sputato. Evidentemente Bohrmann aveva colpito un punto sensibile, un occhio o una narice. Il corpo gigantesco si abbassò velocemente, passandogli di fianco e lo scagliò contro le rocce. Per un istante, sembrò davvero che lo squalo stesse fuggendo. Bohrmann rifletté febbrilmente su come sfruttare la situazione. Non s'illudeva di poter tentare la risalita verso l'Heerema. Era riuscito ad allontanare l'animale, però al massimo aveva guadagnato una manciata di secondi. Tirò a sé il Trackhound e abbracciò il tubo con entrambi le mani.
Non poteva permettersi di perderlo, a nessun costo.
Lo squalo era scomparso nell'oscurità. Poi riapparve, un po' discosto. Un'ombra blu.
Bohrmann guardò la parete.
Là c'era la grotta!
L'enorme pesce martello rimaneva a una certa distanza. Al di sotto dell'isola luminosa, gli altri due squali ancora impegnati coi resti di Frost e stavano finendo al di fuori della zona illuminata. Bohrmann si chiese quando avrebbero lasciato quel corpo maciullato per avventarsi contro di lui. Un attimo dopo, smise di chiederselo. Nella penombra, lo squalo più grande aveva fatto una virata sorprendentemente veloce e stava tornando indietro.
Bohrmann s'infilò nella fenditura.
Era stretta. La tuta con le bombole lo ostacolava, ma riuscì a entrare, benché le sue braccia fossero strette come in una morsa. Cercò di spingersi all'interno, ma lo squalo era già su di lui.
La testa del martello sbatté contro i bordi della roccia. L'animale rimbalzò all'indietro. Aveva una testa troppo larga per entrare. Nuotava in un cerchio così stretto che sembrava quasi inseguire la propria coda, poi attaccò un'altra volta.
Dall'ingresso della fenditura si staccarono pezzi di lava, formando una nuvola che offuscò la visuale. Bohrmann premette ancora di più le braccia contro il corpo. Non aveva idea di quanto fosse profonda quell'apertura. Fuori, lo squalo stava infuriando contro la roccia, creando vortici di sedimenti e schegge. La nuvola circondò anche Bohrmann. La luce blu che arrivava anche lì dentro sparì quasi completamente.
«Dottor Bohrmann?» Era la voce di van Maarten, molto debole. «Bohrmann, per l'amor del cielo, risponda!»
«Sono qui.»
Van Maarten emise un rumore, forse un sospiro di sollievo. Si capiva poco in mezzo al frastuono provocato dallo squalo. Sott'acqua, il rumore era completamente diverso che in superficie, un cupo miscuglio cavernoso di tutte le possibili vibrazioni. Bohrmann cominciò a tremare e improvvisamente l'assalto cessò. Era schiacciato nella fessura, avvolto dalla nebbia di particelle. La luce dell'isola s'intravedeva appena. «Sono infilato in una fessura rocciosa», disse.
«Mandiamo giù i robot», disse van Maarten. «E due uomini. Abbiamo ancora due tute.»
«Se lo scordi. Il POD non funziona.»
«Lo so. Abbiamo visto che cos'è successo a Frost…» A van Maarten mancò la voce. «Gli uomini verranno lo stesso, hanno arpioni con cariche esplosive e…»
«Cariche esplosive? Che idea fantastica!» sibilò Bohrmann, caustico.
«Frost era convinto che non vi sarebbero serviti.»
«No. Certo che no.»
«Il POD ha sempre funzionato…»
Qualcosa colpì frontalmente Bohrmann e lo premette con forza dentro la fenditura. Ne fu talmente sorpreso che si dimenticò di gridare. Nella vaga luce torbida scorse il martello. Lo squalo si era girato su un fianco e stava colpendo l'uomo tenendo il martello in verticale. Inoltre stava cercando di entrare nella grotta.
Che tipo sveglio, pensò Bohrmann, truce. Ma dovrà sudare per avermi.
Riempì di botte il martello, sforzandosi di non lasciare il «cane». Vedeva indistintamente la bocca che si apriva e si chiudeva. Gli squali non potevano nuotare all'indietro. La testa spigolosa andava su e giù, ma le fauci non riuscivano a raggiungerlo. Gli occhi nella parte superiore della testa ruotavano selvaggiamente. Bohrmann sollevò il braccio con la console e lo colpì.
Il martello balzò indietro.
Non ce la farà a uscire da solo, pensò Bohrmann. Così cominciò a spingergli contro il Trackhound. Lo squalo non poteva essersi spinto così all'interno. Fino a che punto arrivava il controllo della gelatina? Condizionava il comportamento dell'animale, ma poteva anche far nuotare all'indietro uno squalo?
Evidentemente sì, perché lo squalo uscì dalla grotta.
Era il più grande.
Bohrmann attese.
Qualcosa sbucò di nuovo dalla nuvola. Era un martello, e stava arrivando verso di lui. Apparteneva a uno degli animali più piccoli. La testa dello squalo sbatté contro la finestrella bombata del casco. Le mascelle si aprirono e chiusero, le file di denti graffiarono il plexiglas. Ormai l'intero campo visivo di Bohrmann era occupato da quell'animale. Cercò di spingersi ancora più all'interno e improvvisamente gli parve che le pareti sparissero. Cadde all'indietro, nel nulla.