Jet da guerra.
Dopo qualche tempo, aveva trovato la Hawkes Ocean Technologies di Point Richmond, in. California. L'azienda non godeva soltanto di una fama notevole, ma veniva anche chiamata regolarmente dai produttori hollywoodiani per realizzare le loro idee in modo che fossero scientificamente plausibili. Graham Hawkes, un noto ingegnere e inventore, l'aveva fondata a metà degli anni '90 per realizzare un sogno: volare sott'acqua.
Roscovitz gli aveva messo sul tavolo un foglio coi suoi desideri e una gran quantità di denaro. E aveva posto come condizione che realizzassero il progetto in pochissimo tempo.
Il denaro aveva fatto sì che i risultati arrivassero.
Alle 10.30, gli scienziati, infagottati in una tuta di neoprene che lasciava libero solo il viso, raggiunsero il molo del ponte a pozzo. Roscovitz era più che soddisfatto: una volta tanto, sarebbe stato lui a spiegare qualcosa a quei cervelloni. I soldati e l'equipaggio avevano ricevuto le direttive già a Norfolk. La maggior parte apparteneva ai SEALS, quindi era gente «con le mani e i piedi palmati». Ma Roscovitz era fermamente deciso a rendere abili alla guida e al combattimento anche gli scienziati. Sapeva che, nel corso di una simile operazione, c'era la possibilità che pure un civile si ritrovasse a giocare un ruolo decisivo.
Diede alla sua capo tecnico, Kate Ann Browning, l'ordine di far scendere dal ponte uno dei quattro batiscafi e rimase a osservare il Deepflight 1 che si abbassava lentamente. Vista da sotto, l'imbarcazione somigliava a una gigantesca Ferrari senza ruote, dotata di quattro tubi lunghi e sottili. Roscovitz attese finché essa non arrivò all'altezza degli occhi, a quattro metri dal pavimento del bacino e proprio sopra le paratie del pozzo. Anche da quella prospettiva, somigliava davvero poco al classico veicolo per l'immersione. Piatto e largo, con una forma più o meno quadrangolare, quattro reattori per la trazione e per la guida nella parte posteriore, e due corpi tubolari parzialmente in vetro che si staccavano obliquamente dalla sua superficie, il Deepflight ricordava una piccola nave spaziale. Nella parte inferiore della cupola trasparente si stendevano bracci mobili con diverse articolazioni. L'elemento più evidente erano le due ali mozze ai lati.
«Trovate che somigli a un velivolo», disse Roscovitz. «E avete ragione. È un velivolo ed è maneggevole come un jet. Le superfici portanti svolgono la stessa funzione, con la piccola differenza che il loro profilo si sviluppa nella direzione opposta. Negli aerei si occupano della spinta. Le ali di un Deepflight, invece, generano un vortice verso il basso e si contrappongono alla spinta. Anche il meccanismo di guida è copiato dagli aerei. Il Deepflight non affonda come una pietra, ma si muove con un angolo d'inclinazione fino a un massimo di sessanta gradi, fa eleganti virate e si muove velocemente verso l'alto o verso il basso, uussc, uussc!» Con la mano aperta indicò l'involucro protettivo. «La differenza principale con un aereo è che non si sta seduti, ma sdraiati. Così ci resta una superficie di tre metri per sei e un'altezza di un metro e quaranta.»
«A che profondità può arrivare questo… aereo?» chiese Karen.
«Alla profondità che vuole. Può andare dritto sul fondo della fossa delle Marianne in non più di un'ora e mezzo. Questo giocattolino viaggia a dodici nodi. Ha un involucro di ceramica, la cupola è fatta di materiale acrilico ricoperto da un involucro al titanio. Si gode di una vista eccezionale, che, nel nostro caso, consente di sparire in tempo o di fare fuoco, in base alle necessità.» Indicò la parte inferiore. «Abbiamo dotato il nostro Deepflight di quattro siluri. Due hanno un limitato potenziale esplosivo. Possono ferire gravemente una balena e probabilmente ucciderla. Gli altri due fanno dei grossi buchi. Scagliano acciaio e pietre e possono distruggere completamente un gruppo. Vi prego di lasciare che sia il pilota a fare fuoco, a meno che non sia morto o svenuto e quindi per voi non ci sia altra scelta.» Batté le mani. «Okay. Potete cominciare ad azzuffarvi per decidere chi sarà il primo a salire per il giro di prova. Ah, già! Una cosa che vi potrebbe interessare: la benzina basta per otto ore di volo. Se per caso restate bloccati da qualche parte, il sistema provvede a diffondere l'ossigeno per novantasei ore. Ma niente paura: a quel punto, la Marina, Dio degli eserciti, vi avrà già salvati da tempo. Allora, chi vuole provare?»
«Senz'acqua?» chiese Shankar guardando scettico verso il basso.
Roscovitz sorrise. «Le bastano quindicimila tonnellate?»
«Io, eh… Penso di sì.»
«Bene. Riempiamo il bacino.»
Combat Information Center
Due radiotelegrafisti avevano preso il posto di Samantha Crowe e di Murray Shankar mentre i due scienziati erano trattenuti nel regno di Roscovitz. A rigore, avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa e le orecchie tese, ma avevano i computer e potevano contare sull'equipaggio del SOSUS di Shankar sulla terraferma. Qualunque cosa arrivasse dagli abissi marini veniva raccolta da sistemi elettronici e da organi di senso umani, selezionata, valutata e spedita via satellite con un commento all'Independence. Benché il messaggio di Samantha fosse stato trasmesso dalla nave e anche l'Independence fosse in ascolto, essa era solo una delle molte postazioni di ascolto. Una possibile risposta degli yrr avrebbe raggiunto tutti gli idrofoni atlantici. Dalla suddivisione spaziale e dalla registrazione degli intervalli di tempo, il computer avrebbe calcolato il punto da cui proveniva il segnale, l'avrebbe spedito al CIC e quindi avrebbe dato la segnalazione.
Con la più completa fiducia nella tecnologia, i due uomini si erano messi a discutere di musica. E ben presto la discussione — sulla credibilità dei cantanti hip hop bianchi — si era fatta animata. Nessuno si curava più dei monitor, finché uno dei due non prese la tazza del caffè e casualmente girò la testa. Rimase come bloccato.
«Ehi, cos'è quello?» esclamò.
Su due monitor erano comparse linee di frequenza colorate.
L'altro sgranò gli occhi. «Da quanto tempo sono lì?»
«Non lo so.» Il radiotelegrafista fissava le linee. «Avremmo dovuto ricevere qualcosa dalla terraferma. Perché non si mettono in contatto? Dovrebbero averlo ricevuto.»
«È la frequenza su cui ha trasmesso Samantha Crowe?»
«Non ne ho idea. Non si sente niente. Deve essere nella zona degli infrasuoni o degli ultrasuoni.»
L'altro rifletté. «Okay. Il prossimo idrofono è al largo di Terranova. Gli altri non l'hanno ancora ricevuto, quindi noi siamo i primi che ha raggiunto. E questo può voler dire solo…»
Il compagno lo guardò. «… che viene da qui.»
Deepflight
Il sistema idraulico lavorava rumorosamente mentre riempiva le cisterne di poppa. La poppa dell'Independence sprofondava lentamente e l'acqua di mare scorreva all'interno.
«Possiamo far entrare l'acqua attraverso la chiusa», spiegò Roscovitz quasi gridando per sovrastare il rumore. «Dovremmo aprire tutte le paratie, ma preferiamo evitarlo per motivi di sicurezza. Ci serviamo di uno speciale sistema di pompaggio. Un sistema di tubi separato porta l'acqua all'interno del ponte. L'acqua viene filtrata diverse volte. Esattamente come la chiusa, il bacino è fornito di sensori che ci dicono se possiamo sguazzare nella grande vasca da bagno.»
«Testiamo le imbarcazioni nel bacino?»
«No. Usciamo.»
Dopo che i delfini avevano annunciato il ritiro delle orche, Roscovitz si era convinto che si potesse rischiare una vera immersione.
«Oh, santo cielo.» Rubin fissava come paralizzato il bacino che si riempiva. «È come se stessimo affondando.»
Roscovitz ridacchiò. «Si sta facendo un'idea sbagliata. Mi è capitato di affondare con una nave da guerra. Mi creda, è un'altra cosa!»