«Guidare un intero banco?» chiese Shankar, dubbioso.
«Certo, ha ragione», esclamò Greywolf. «Ha maledettamente ragione! Se gli yrr guidano milioni di granchi e possono trasportare miliardi di vermi sulle scarpate continentali, possono dirigere anche i banchi con la pressione delle onde. Una cosa del genere si può fare, eccome. La sensibilità alla pressione è la più importante protezione di un banco.»
«Vuol dire che quegli organismi unicellulari nella cisterna reagiscono alla pressione?»
«No.» Anawak scosse la testa. «Sarebbe troppo semplice. I pesci possono generare una pressione, ma qui parliamo di organismi unicellulari…»
«Eppure ci deve essere qualcosa che innesca la fusione.»
«Aspettate», disse Sue. «Ci sono forme simili di comunicazione nei batteri. Il Myxococcus xanthus, per esempio. Una specie che vive nel terreno e si unisce in piccoli gruppi chiusi. Quando le singole cellule non trovano da mangiare a sufficienza, danno una specie di segnale per indicare la fame. All'inizio, la colonia praticamente non reagisce, ma quando cominciano a esserci più cellule affamate, allora il segnale si fa più intenso finché non supera una determinata soglia. I membri della colonia cominciano a radunarsi. Un po' alla volta, formano una struttura complessa pluricellulare, un corpo fruttifero, che si può vedere a occhio nudo.»
«In cosa consiste il segnale?»
«È una sostanza che rilasciano.»
«Quindi un odore?»
«In un certo senso, sì.»
La discussione si bloccò. Qualcuno aggrottò la fronte, altri congiunsero la punta delle dita, altri ancora si mordicchiarono il labbro inferiore.
«Bene», disse Judith Li. «Sono impressionata. Questo è un grande successo. Non dobbiamo sprecare tempo a scambiarci conoscenze da dilettanti. Quali sono i prossimi passi?»
«Avrei una proposta», disse Karen.
«Parli pure.»
«Allo Château, Leon ha avuto un'idea, ricordate? Si trattava delle ricerche della Marina sul cervello dei delfini. E d'impianti che non erano semplici microchip, ma cellule nervose artificiali strette l'una all'altra, che riproducevano fin nel dettaglio una parte del cervello e che comunicavano tra loro con impulsi elettrici. Se la gelatina è davvero un'associazione di singole cellule e se queste cellule assumono le funzioni delle cellule cerebrali e le sostituiscono, allora possono comunicare tra loro. Addirittura devono farlo. Altrimenti non sarebbero in grado di fondersi e di cambiare forma. Forse creano davvero un cervello artificiale con tanto di messaggeri chimici. Forse…» Esitò. «… Forse assorbono addirittura le emozioni, le caratteristiche e il sapere del loro ospite e in questo modo imparano a governarlo.»
«Per farlo dovrebbero avere una notevole capacità di apprendimento», borbottò Sue. «Ma come possono imparare degli organismi unicellulari?»
«Leon e io potremmo creare artificialmente al computer una colonia di questi organismi unicellulari e dotarli di caratteristiche. Finché non comincia a comportarsi come un cervello.»
«Un'intelligenza artificiale?»
«Con basi biologiche.»
«Sembra utile», affermò Judith Li. «Fatelo. Altre proposte?»
«Cercherò di frugare nella preistoria per trovare una forma di vita imparentata con questi esseri», disse Rubin.
Judith annuì. «Lei ha qualche novità, Sam?»
«Non proprio.» La voce di Samantha uscì da una nuvola di fumo. «Stiamo lavorando per decifrare il vecchio segnale scratch, almeno finché non avremo risposte.»
«Forse dovreste mandare ai vostri yrr qualcosa di più impegnativo di una verifica di matematica», ironizzò Peak.
Samantha lo guardò. Il fumo si diradò, rivelando il suo bel viso e le numerose piccole rughe tirate in un sorriso. «Con calma, Sal.»
«Sbaglio o lei è maledettamente ottimista?»
«Ho pazienza.»
Ponte a pozzo
Roscovitz era una di quelle persone che hanno trascorso tutta la vita in Marina e non era disposto a cambiare. Pensava che ciascuno dovesse impegnarsi a fondo nelle cose che sapeva fare e, dato che gli piaceva andare sott'acqua, aveva scelto la carriera di sommergibilista e aveva ottenuto diversi comandi.
Ma credeva pure che una delle caratteristiche fondamentali dell'essere umano fosse la curiosità. La sua vita era permeata dalla fedeltà, dal senso del dovere e dall'amore per la patria, ma lui non gradiva affatto la retorica dell'esercito. Aveva capito che la maggior parte dei comandanti di sommergibili attraversava un mondo di cui non sapeva nulla, e lui non voleva essere come loro, così aveva iniziato a studiare. Non era diventato un biologo, ma il suo interesse per la materia era arrivato alle orecchie dei reparti scientifici della Marina, che stavano cercando individui con la mentalità del soldato, ma anche abbastanza flessibili per assumere le funzioni esecutive della ricerca.
Quand'era stata presa la decisione di attrezzare l'Independence per la missione in Groenlandia, gli era stato affidato l'incarico di allestire sulla nave la miglior base d'immersione possibile. In tutto il mondo non c'era più denaro disponibile… tranne che per la ricerca. Molti consideravano l'Independence l'ultima speranza dell'umanità, quindi Roscovitz aveva avuto carta bianca, senza limiti di budget. Poteva comprare tutto ciò che gli fosse sembrato utile e, se la cosa era possibile in tempi brevi, anche far costruire quello che non esisteva ancora, ma che lui riteneva indispensabile.
Nessuno si aspettava che avrebbe scelto batiscafi con equipaggio. Il principale candidato era il ROV, il robot sottomarino dotato di cavi e telecomandato, il cui modello Victor 6000 era già stato usato in Norvegia. Ma anche gli AUV erano ormai così evoluti da non avere neppure bisogno di un cavo di collegamento con la nave. La maggior parte possedeva telecamere ad alta definizione e un tipo di braccio mobile che aveva la sensibilità di un arto in carne e ossa. Nessuno voleva mettere in pericolo vite umane, perché i sommozzatori erano stati regolarmente aggrediti e uccisi, e nessuno si arrischiava più a entrare in acqua.
Roscovitz aveva ascoltato quelle argomentazioni, ma poi aveva dichiarato che, in quelle circostanze, se lo potevano scordare. «Abbiamo mai vinto una guerra utilizzando esclusivamente le macchine? Possiamo sparare bombe intelligenti e far volare aerei senza equipaggio sul territorio nemico, ma, durante la battaglia, una macchina non può prendere decisioni come un pilota. Sono certo che in questa missione arriverà un momento in cui saremo noi a dover decidere.»
Allora gli era stato domandato di cosa avesse bisogno. Naturalmente di ROV e AUV — aveva risposto -, ma anche d'imbarcazioni con l'equipaggio. Inoltre aveva chiesto una squadra di delfini e, con sua grande soddisfazione, gli era stato comunicato che, su indicazione di un membro dell'équipe scientifica, era già stato predisposto l'invio di MK6 e MK7. E, non appena Roskovitz era venuto a sapere chi si sarebbe occupato delle squadre, la sua soddisfazione era stata ancora maggiore.
Jack O'Bannon.
Roscovitz non conosceva personalmente O'Bannon. Ma, in certi ambienti, quello era un nome molto noto. Secondo alcuni, era il miglior addestratore che avessero mai avuto. Poi, però, era fuggito dalla Marina come se questa fosse il diavolo. Roscovitz sapeva la verità sui presunti problemi cardiaci di O'Bannon. Per quello era rimasto ancora più sorpreso quando aveva saputo che si trovava a bordo.
I suoi superiori avevano cercato di convincerlo a non usare mezzi con uomini a bordo, ripetendogli i rischi connessi a quell'opzione. Ma lui era cocciuto e continuava a ripetere: «Ne avremo bisogno». E, alla fine, si erano decisi a dargli il via libera.
Poi Roscovitz li aveva sbalorditi un'altra volta.
Verosimilmente, il dipartimento della Marina era partito dal presupposto che lui avrebbe riempito la gigantesca portaerei coi batiscafi più noti, come i MIR russi, gli Shinkai giapponesi e i Nautile francesi. In tutto il mondo c'era una mezza dozzina d'imbarcazioni che poteva raggiungere profondità superiori ai tremila metri e, fra quelle, c'era anche il caro, vecchio Alvin. Ma Roscovitz aveva inserito alcune novità. Con lo Shinkai si potevano raggiungere i seimilacinquecento metri di profondità, ma il suo movimento verticale era regolabile solo coi flussi e con le pompe delle taniche di zavorra, esattamente come succedeva col MIR e col Nautile. Roscovitz non pensava a esplorare gli abissi marini, bensì alla guerra con un nemico invisibile e, a partire da quel presupposto, aveva dedotto che usare quei batiscafi sarebbe stato come condurre una battaglia aerea con le mongolfiere. La maggior parte dei batiscafi era troppo lenta. Quello di cui aveva bisogno erano i jet degli abissi.