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Percorsero il molo di dritta. A metà lunghezza era situata una console, vicinissima al bordo e fornita di monitor e di diversi sistemi di comando. Un uomo ossuto, con lo sguardo penetrante e i baffi sporgenti, venne loro incontro, staccandosi da un gruppo di persone in divisa.

«Il colonnello Luther Roscovitz», lo presentò Peak. «Direttore della stazione d'immersione.»

«Lei è Miss Alien, vero?» Roscovitz sorrise, svelando denti lunghi e gialli. «Benvenuta in crociera. Dove si è imboscata finora?»

«La mia nave spaziale era in ritardo.» Samantha si guardò intorno. «Com'è chic questo quadro di comando.»

«Risponde al suo scopo. Lo usiamo per comandare le paratie e per far salire e scendere i batiscafi. Inoltre da qui controlliamo anche le pompe per mantenere sott'acqua il ponte.»

Samantha richiamò alla memoria quello che sapeva sull'Independence. Con un movimento del capo indicò la parete d'acciaio rivolta verso poppa, quella che chiudeva il ponte. «Quella è una paratia, vero?»

«Esatto», rise Roscovitz sotto i baffi. «Possiamo alzare il portellone di poppa e far abbassare la nave riempiendo le diverse cisterne di zavorra. L'acqua del mare entra e così abbiamo un bel porto completo di accesso.»

«Un posto di lavoro proprio carino. Mi piace.»

«Non s'inganni. Normalmente qui è un via vai di navi da sbarco, rimorchiatori e hovercraft. In un attimo, questa zona così grande diventa un bugigattolo. Ma, per la nostra missione, abbiamo dovuto mettere tutto sottosopra. Non servono navi da sbarco. Abbiamo bisogno di una nave sufficientemente pesante per non essere affondata da qualche bestiaccia, che possa reggere le onde giganti, che disponga di tutto ciò che la moderna tecnologia delie comunicazioni possa offrire e che abbia spazio per i velivoli e per le basi d'immersione. È stata una vera fortuna che l'LHD-8 fosse in costruzione. La più grande e potente nave anfibia di tutti i tempi. Ormai era praticamente finita e abbiamo avuto la possibilità di apportare qualche modifica… non si poteva pretendere di più. Il cantiere navale sul Mississippi è molto avanzato. Gli ingegneri hanno concepito il ponte a pozzo in brevissimo tempo, poi hanno fatto costruire la chiusa e cambiato il sistema di pompaggio. Ora possiamo riempire il bacino senza aprire il portellone. Che comunque ci serve solo se vogliamo uscire con gli zodiac.»

Samantha guardò il bacino. Accanto a esso c'erano due persone che indossavano una tuta di neoprene: una donna gracile coi capelli rossi e un gigante dalla chioma nera. Entrambi osservavano un animale che si avvicinava al bordo e sollevava la testa dall'acqua, emettendo suoni giocosi. Il gigante lo accarezzò sulla testa liscia e il delfino si gustò le coccole per qualche secondo, poi s'immerse.

«E chi sono quelli?» chiese Samantha.

«Si occupano della squadra dei delfini», intervenne Anawak. «Lei si chiama Alicia Delaware e lui è…» Esitò. «… Greywolf.»

«Greywolf?»

«Sì. O anche Jack… Lo chiami come vuole. Risponde a entrambi i nomi.»

«A cosa serve la squadra?»

«Sono telecamere viventi. Quando sono fuori, registrano filmati su nastri magnetici. Ma il motivo principale è che i delfini dispongono di sensi più acuti dei nostri. Il loro sonar percepisce altre forme di vita molto prima che i nostri sistemi le registrino. Jack ha già lavorato con alcuni di quegli animali nell'ambito di un programma sui mammiferi marini. Dispongono di un ampio vocabolario, composto da diversi fischi. Uno per le orche, uno per le balene grigie, un altro per le megattere e così via. Sono in grado d'identificare ogni forma di vita che conoscono, inoltre classificano i banchi e, se trovano qualcosa che non conoscono, trasmettono l'informazione identificandola come forma di vita sconosciuta.»

«Notevole.» Samantha sorrise. «E quel bell'uomo coi capelli lunghi capisce la lingua dei delfini?»

Anawak annuì. «Meglio della nostra. A volte.»

Si ritrovarono nella sala riunioni di fronte all'LFOC. Samantha conosceva già la maggior parte dei presenti, sia personalmente sia attraverso i contatti stabiliti grazie al videotelefono. Fu presentata a Murray Shankar — il direttore scientifico del SOSUS — a Karen Weaver, a Mick Rubin e anche al comandante dell'Independence, un uomo aitante coi capelli bianchi di nome Craig C. Buchanan, che sembrava incarnare lo stereotipo del militare. Conobbe anche Floyd Anderson, il primo ufficiale. Strinse una notevole quantità di mani e decise che Anderson, col suo collo taurino e coi suoi occhi neri, non le piaceva. Per ultimo salutò un uomo grasso arrivato con qualche minuto di ritardo. Indossava un berretto da baseball, una T-shirt giallo canarino con la scritta BACIAMI, SONO UN PRINCIPE e scarpe da ginnastica. Inoltre sudava profusamente.

«Jack Vanderbilt», si presentò. «A dire la verità, la madre di E.T. me la immaginavo diversa.»

«'Figlia' sarebbe stato un po' più elegante», ribatté Samantha, asciutta.

«Non si aspetti complimenti da uno che ha il mio aspetto», disse Vanderbilt, ridacchiando. «Non è fantastico, dottoressa Crowe? Finalmente ha l'occasione di mettere da parte il suo vano tentativo di proiettare nello spazio speranze e timori.»

Tutti sedettero. Judith Li prese la parola per riassumere gli ultimi avvenimenti, benché fossero già noti a tutti. Gli Stati Uniti avevano presentato una proposta all'ONU e, nel corso di una riunione segreta, avevano ricevuto all'unanimità il mandato per svolgere il ruolo di guida logistica e tecnologica nella lotta contro l'entità sconosciuta. Nel frattempo, il Giappone e alcuni Stati europei erano arrivati alla stessa conclusione del team dello Château: non erano gli uomini a minacciare l'umanità, ma una forma di vita sconosciuta. Comunque sembravano tutti sollevati all'idea di non aver dovuto pregare gli Stati Uniti per mettersi alla guida delle operazioni.

«Alcuni fatti inducono a pensare che siamo prossimi alla scoperta di un antidoto contro le tossine delle alghe killer, ma gli effetti collaterali non sono ancora ben definiti. Inoltre sono comparsi granchi che veicolano agenti patogeni mutati. Le infrastrutture degli Stati colpiti più duramente sono crollate. L'America si è accollata la responsabilità di dirigere le operazioni, ma dobbiamo ammettere che riusciamo appena a proteggere le nostre coste. I vermi si stanno raccogliendo sulla scarpata continentale e — ancor peggio — intorno a isole vulcaniche come La Palma, dove il dottor Frost e il dottor Bohrmann stanno cercando di ripulire le aree infestate con una specie di aspirapolvere abissale. E veniamo alle balene. Gli attacchi col sonar non ottengono risultati perché gli animali sono sopraffatti da un organismo estraneo. A ogni buon conto, fermare le balene non ci permetterebbe di bloccare il massimo incidente ipotizzabile provocato dal metano e tantomeno di rimettere in moto la Corrente del Golfo. La lotta contro i sintomi non risolve il problema, e finora non abbiamo potuto intervenire sulla causa, perché tutte le operazioni subacquee sono state sabotate. Non sappiamo cosa stia succedendo là sotto. I cavi sottomarini sono inutilizzabili. Il bilancio catastrofico di questa guerra è che siamo diventati sordi e ciechi. Diciamo pure tranquillamente che l'abbiamo persa.» Judith Li fece una pausa. «Chi dobbiamo attaccare? A che serve una battaglia se La Palma frana e una montagna d'acqua si abbatte sulle coste dell'America, dell'Africa e dell'Europa? In breve, non possiamo fare passi avanti finché non conosciamo meglio il nostro avversario, e noi non lo conosciamo affatto. Ecco perché il senso della nostra missione non è la lotta, ma la trattativa. Dobbiamo prendere contatto con questa forma di vita sconosciuta e convincerla a fermare le sue aggressioni terroristiche contro l'umanità. So per esperienza che si può trattare con ogni avversario. Molti elementi ci portano a pensare che il nostro nemico sia proprio qui, nel mar di Groenlandia.» Sorrise. «Speriamo in una soluzione pacifica. E adesso passo la parola alla dottoressa Samantha Crowe, ultima arrivata all'interno del nostro gruppo, alla quale porgo anche il mio benvenuto.»

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