Литмир - Электронная Библиотека

Per un po' regnò un silenzio assoluto.

«Ma la Terra non diventerebbe inabitabile anche per tutto il mondo animale?» chiese il consigliere per la sicurezza.

«Sulla superficie, sì. O, meglio, diciamo che ci lascerebbe le penne una gran parte del mondo animale. Però mi sono fatta spiegare che cos'è successo cinquantacinque milioni di anni fa: sono morti moltissimi animali e piante, ma hanno lasciato spazio a nuove specie. Credo che questi esseri abbiano riflettuto molto attentamente su come sopravvivere alla catastrofe senza danni.»

«Una simile guerra di distruzione è…» Il segretario all'Interno non trovava le parole. «È sproporzionata, inumana…»

«Non sono esseri umani», ribadì Judith.

«Ma possiamo fermarli?»

«Se scopriamo chi sono», intervenne Vanderbilt.

Judith Li si girò verso di lui. «Sbaglio o ha cambiato opinione?»

«La mia opinione non cambia», replicò Vanderbilt, ostentando indifferenza. «Svelando lo scopo di un'azione, spesso si può risalire a chi l'ha compiuta. In questo caso, riconosco che la sua strategia in cinque fasi è al momento la più convincente. Quindi dobbiamo agire. Chi sono? Dove sono? Che pensano?»

«Cosa possiamo fare contro di loro?», aggiunse il segretario alla Difesa.

«Il male…» sussurrò il presidente, tenendo le palpebre serrate. «Come si può sconfiggere il male?»

«Bisogna comunicare con loro», disse Judith.

«Entrare in contatto?»

«Si può trattare anche col diavolo. Al momento, non vedo altra scelta. Johanson sostiene che ci stiano tenendo sulla corda, per impedirci di trovare soluzioni. Non possiamo concedere loro altro tempo. Siamo ancora in grado di agire, allora dobbiamo cercare di stabilire un contatto. Poi li colpiremo.»

«Esseri degli abissi marini?» Il segretario all'Interno scosse la testa. «Santo cielo!»

«Siamo davvero tutti dell'opinione che in questa teoria ci sia qualcosa di fondato?» chiese il direttore della CIA. «Voglio dire, stiamo parlando come se tutti i dubbi fossero stati spazzati via. Vogliamo davvero accettare l'idea che dobbiamo dividere la Terra con un'altra specie intelligente?»

«C'è solo una specie voluta da Dio», sottolineò deciso il presidente. «Ed è quella umana. Che quella forma di vita nel mare sia intelligente è un'altra questione. Che abbia il diritto di rivendicare per sé il pianeta come facciamo noi è cosa assai dubbia. La creazione non prevede simili esseri. La Terra è il mondo degli uomini, è stata creata per gli uomini e il progetto divino è il nostro progetto. Ma che responsabile di tutto ciò sia una forma di vita sconosciuta mi sembra accettabile.»

«Lo chiedo un'altra volta: che cosa riveliamo al mondo?» disse il segretario di Stato.

«È troppo presto per dire qualcosa al mondo.»

«Ci saranno domande…»

«E lei inventi le risposte. È un diplomatico, no? Se dicessimo al mondo che nel mare vivono esseri intelligenti, succederebbe un pandemonio.»

«Tra parentesi…» disse il direttore della CIA, rivolto a Judith. «Come dobbiamo chiamare questi cervelli bacati nell'oceano?»

Judith sorrise. «Johanson ha una proposta: yrr.»

«Yrr?»

«Una y e due r. È un nome del tutto casuale. Il risultato di un movimento inconsapevole delle dita sulla tastiera del computer.»

«Che cosa puerile.»

«Johanson ritiene che qualsiasi nome vada bene, e io gli do ragione. Dovremmo chiamarli yrr.»

«Va bene, Jude.» Il presidente annuì. «Vedremo cosa c'è di vero in questa teoria. Dobbiamo tenere in considerazione tutte le opzioni, tutte le possibilità. Ma se decideremo di dover combattere una battaglia contro esseri che, per quello che mi riguarda, possiamo anche chiamare yrr, allora sconfiggeremo questi yrr. Perché siamo in guerra contro gli yrr.» Si guardò intorno. «Questa è un'opportunità. Una grande opportunità. Voglio che sia sfruttata al meglio.»

«Con l'aiuto di Dio», disse Judith.

«Amen», farfugliò Vanderbilt.

Karen Weaver

In quella situazione di assedio, c'erano comunque dei vantaggi. Per esempio, allo Château, tutto era sempre aperto. Judith Li aveva fatto in modo che specialmente gli scienziati, impegnati giorno e notte nel lavoro, avessero la possibilità di gustarsi una bistecca anche alle quattro del mattino. Di conseguenza c'erano pasti caldi ventiquattr'ore su ventiquattro; il ristorante e i bar non chiudevano e tutte le attrezzature sportive, comprese la sauna e la piscina, erano disponibili a ogni ora del giorno e della notte.

Karen Weaver aveva nuotato in piscina per mezz'ora. Era già l'una passata. A piedi nudi, coi capelli bagnati e avvolta in un morbido accappatoio, stava attraversando la hall, diretta agli ascensori, quando, con la coda dell'occhio, notò Anawak. Era seduto al bancone del bar, un posto che non sembrava abituale, per lui. Se ne stava là con aria persa, davanti a una Coca-Cola che non aveva toccato e a una ciotola di noccioline; ogni tanto ne prendeva una, la guardava e poi la lasciava ricadere.

Karen esitò.

Dopo la conversazione bruscamente interrotta nel pomeriggio, non l'aveva più visto. Forse non voleva essere disturbato. Nella hall e negli spazi limitrofi regnava ancora un'intensa attività; solo il bar era semideserto. In un angolo c'erano due uomini in abito scuro, impegnati in una conversazione a bassa voce. Un po' più in là, una donna fissava concentrata lo schermo del suo laptop. Una musica West Coast in sottofondo rendeva quella scena del tutto normale.

Anawak non sembrava triste.

Karen aveva quasi deciso di tornare in camera, ma poi, quasi senza rendersene conto, entrò nel bar, lasciando orme umide sul parquet. Andò in fondo al bancone, dov'era era seduto Anawak, e disse: «Salve!»

Lui girò la testa e la fissò con sguardo assente.

Karen si bloccò. Sapeva benissimo che bastava un attimo per violare involontariamente la sfera intima di una persona, guadagnandosi la fama imperitura di scocciatori. Si appoggiò al bancone e strinse l'accappatoio intorno alle spalle. Tra loro c'erano due sgabelli.

«Salve», replicò Anawak. I suoi occhi scintillarono. Sembrava che si fosse reso conto solo in quel momento della presenza della donna.

Lei sorrise. «Cosa… ehm… Cosa fa qui?» Domanda stupida. Che cosa sta facendo? È seduto al bancone e giocherella con le noccioline. «Oggi è sparito.»

«Mi dispiace.»

«No, non deve», si affrettò a dire Karen. «Insomma, non volevo disturbarla. Ma l'ho visto seduto qui e ho pensato…» C'era qualcosa che non andava. Avrebbe fatto meglio ad andarsene.

Anawak sembrava essersi scosso dal torpore. Prese il bicchiere, lo sollevò e poi lo rimise giù. Posò lo sguardo sullo sgabello di fianco al suo. «Ha voglia di bere qualcosa?» chiese.

«Davvero non disturbo?»

«No, per niente.» Esitò. «Io mi chiamo Leon. Possiamo darci del tu?»

«Va bene, allora… Io mi chiamo Karen… Un Baileys con ghiaccio, grazie.»

Anawak fece un cenno al barman e ordinò. Lei si avvicinò, ma non si sedette. Dai capelli bagnati le scorrevano sulle spalle alcune gocce di acqua fredda, che poi si raccoglievano tra i seni. In genere, non aveva problemi ad andare in giro mezza nuda, ma ora si sentiva a disagio. Un bicchiere e poi sarebbe sparita. «E come stai?» chiese, sorseggiando il liquore cremoso.

Anawak aggrottò la fronte. «Non lo so.»

«Non lo sai?»

«No.» Prese una nocciolina, la posò davanti a sé e poi la lanciò via con un colpo. «Mio padre è morto.»

Oh, merda. Lo sapeva. Non doveva avvicinarsi. E invece lo aveva fatto e adesso stava lì con un uomo che si era messo di proposito in fondo al bancone di un bar, quasi volesse esporre un cartello con l'avvertimento di tenersi alla larga. «Di che cosa?» chiese, esitante.

«Non ne ho idea.»

«I medici non lo sanno ancora?»

«Io non lo so ancora.» Anawak scosse la testa. «E non sono sicuro di volerlo sapere.» Rimase in silenzio per un po', quindi disse: «Oggi pomeriggio ho camminato nei boschi per ore. A tratti quasi arrancando, in altri momenti correndo come un pazzo. Alla ricerca di un… sentimento. Pensavo di calarmi in una situazione emotiva adatta alle circostanze, e invece mi sono soltanto fatto del male». La guardò. «Non so se tu abbia mai provato una sensazione simile… Ovunque tu sia, vuoi solo andartene. Tutto sembra schiacciarti e improvvisamente ti accorgi che non dipende da te. Capisci che sei tu quello che se ne vuole andare. Sono i luoghi che vogliono staccarsi da te. Ma nessuno ti spiega a quale luogo appartieni, e così corri e corri…»

158
{"b":"119418","o":1}