Si levava dall'accesso del Queens Midtown Tunnel, che passava sotto l'East River e collegava il Queens con Manhattan.
Il tunnel era in fiamme.
Peak pensò alle macchine ferme ovunque, incastrate l'una nell'altra, finite nelle vetrine o contro i lampioni perché gli uomini alla loro guida erano stati infettati e avevano perso i sensi. Intuì che cos'era successo nel tunnel. Era l'ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento.
Ritornò di corsa nell'edificio, attraversò l'atrio e raggiunse la sua jeep sulla 1st Avenue. Era difficile muoversi con la tuta protettiva, perché bisognava stare attenti a non impigliarsi in qualcosa e a non strapparla. Comunque riuscì a infilarsi nella jeep aperta, che partì subito a tutta velocità.
In quel preciso istante, al terzo piano dell'ospedale, morì Bo Henson, lo spedizioniere che voleva fare concorrenza alla FedEx. I coniugi Hooper erano già morti da alcune ore.
Vancouver Island, Canada
«Cosa diavolo state facendo al Whistler?»
Avrebbe dovuto essere un ritorno temporaneo nella normalità, ma naturalmente non era stato così. Dopo giorni di assenza, Anawak si trovava nella Davies Whaling Station e guardava Tom Shoemaker e Alicia Delaware che, per l'occasione, si erano scolati due lattine di Heineken. Dato che non c'erano state richieste per fare escursioni nell'entroterra, Davie aveva temporaneamente chiuso la stazione. Nessuno aveva voglia di osservare gli animali. Se le balene erano andate fuori di testa, cosa mai poteva succedere agli orsi bruni? Se l'Europa era stata travolta da uno tsunami, cosa rischiava la costa del Pacifico? La maggior parte dei turisti aveva lasciato Vancouver. Shoemaker continuava a svolgere il ruolo di direttore amministrativo, almeno finché era possibile.
«Vorrei proprio sapere che cosa fate», continuò a brontolare.
Anawak scosse la testa. «Smettila, Tom. Ho promesso di tenere la bocca chiusa, quindi parliamo d'altro.»
«Perché tutte queste scene? Perché non puoi dire a cosa state lavorando?»
«Tom…»
«Vorrei sapere se devo portare il mio culo via da qui», continuò Shoemaker. «A causa di uno tsunami o di qualche altra diavoleria.»
«Nessuno parla di uno tsunami.»
«No? Stronzate! Anche se voi non dite niente, si è diffusa la voce che potrebbe succedere. La gente non è cretina, Leon. Da New York arrivano sconcertanti storie horror di un'epidemia, in Europa la gente muore, le navi spariscono… Tutte queste cose non restano nascoste.» Si chinò in avanti e fece un cenno ad Anawak. «Voglio dire, abbiamo salvato insieme la gente della Lady Wexham. C'ero anch'io sulla barca. Sono un iniziato, capisci? Appartengo alla cerchia ristretta.»
Alicia bevve una lunga sorsata dalla lattina e si asciugò la bocca. «Non seccare Leon. Se lo hanno blindato, lo hanno blindato.»
Portava un nuovo paio di occhiali, con le lenti rotonde color arancione. Anawak si accorse che aveva fatto qualcosa ai capelli. Erano meno ricci e le cadevano sulle spalle in onde che sembravano di seta. A dire la verità, era carina, nonostante i denti troppo grandi. Molto carina, addirittura.
Shoemaker sollevò le braccia e le fece ricadere in grembo con un gesto sconsolato. «Dovete prendermi con voi. Davvero, Leon. Potrei essere d'aiuto. Qui non posso fare altro che gironzolare e togliere la polvere dalle guide.»
Anawak annuì. Si sentiva a disagio perché non poteva rivelare nulla. Quel ruolo non faceva per lui. L'aveva recitato per anni nelle sue questioni private, e ormai cominciava a dargli sui nervi ogni forma di mistero. Si chiese se non fosse il caso di parlare del suo lavoro allo Château. Ma non aveva dimenticato lo sguardo di Judith Li. Si era dimostrata comprensiva e gentile, ma era certo che, se lo fosse venuta a sapere, avrebbe scatenato un casino infernale.
Probabilmente aveva ragione lei.
Fece vagare lo sguardo nel negozio. Di colpo si accorse che, nel giro di pochi giorni, la stazione gli era diventata completamente estranea. Quella non era la sua vita. Dalla sua riconciliazione con Greywolf, molte cose erano cambiate. Anawak intuiva che davanti a lui c'era qualcosa di decisivo, qualcosa che avrebbe ribaltato completamente la sua esistenza. Si sentiva come un bambino su un ottovolante: improvvisamente si rendeva conto che il vagone si era messo in moto e iui non poteva più scendere. Il timore — talvolta persino il terrore — si univa a un'euforia indescrivibile e a un senso di attesa pieno di curiosità. La stazione lo aveva rinchiuso in una sorta di bastione e adesso gli sembrava di essere all'aperto, nudo e senza protezioni. Era come se nella sua vita mancasse uno spazio, una porta che conducesse nella stanza vicina, consentendo di chiudere fuori il mondo. Sentiva su di sé una pressione molto intensa, forse addirittura eccessiva, violenta. «Dovrai continuare a spolverare le tue guide», disse. «Sai bene che il tuo posto è qui e non in un gruppo di esperti, dove saresti immediatamente annientato se solo provassi ad aprire bocca. Senza di te, Davie sarebbe finito.»
Shoemaker lo guardò. «Non fingi nemmeno di darmi una piccola motivazione?» chiese.
«No. A quale scopo? Sono io quello che deve tenere la bocca chiusa e non può raccontare nulla ai suoi amici. Perché non provi a motivarmi tu?»
Shoemaker rigirò tra le mani la lattina di birra. Poi sorrise. «Quanto resti?»
«Finché voglio», rispose Anawak. «Ci trattano come pascià, abbiamo a disposizione l'elicottero ventiquattr'ore su ventiquattro. Devo solo chiamare.»
«Accidenti, ti leccano davvero il culo!»
«Sì, lo fanno. In compenso si aspettano che ottenga dei risultati. Probabilmente dovrei essere a Nanaimo o all'acquario o da qualche altra parte a lavorare, però volevo vedervi.»
«Puoi lavorare anche qui. Okay, ti do una motivazione. Stasera vieni a cena da me. Avrai una bistecca gigante. La cucinerò io stesso finché non sarà bella e gustosa come il peccato.»
«Mi sembra un'idea invitante», intervenne Alicia. «A che ora?»
Shoemaker le lanciò un'occhiata indefinibile. «Anche tu puoi venire», disse.
Lei non rispose. Anawak si chiese che cosa fosse successo durante la sua assenza, ma preferì lasciar perdere e promise di arrivare alle sette. Poco dopo, la compagnia si sciolse. Shoemaker si mise in viaggio per Ucluelet, dove avrebbe incontrato Davie. Anawak percorse la strada principale verso la sua barca, in compagnia di Alicia. Era contento che lei fosse lì. In un certo senso, quella seccatrice gli era mancata.
«Cosa voleva dire Tom?» le chiese.
Alicia finse di non capire. «Di che parli?»
«Dell'invito per la bistecca. Dal modo in cui l'ha detto sembrava non gradire la tua compagnia.»
Alicia era imbarazzata. Arrotolò intorno alle dita una ciocca di capelli e arricciò il naso. «Sì, nei giorni scorsi è successa una cosa. Lo sai anche tu, la vita riserva sempre qualche sorpresa, no? E talvolta si rimane di stucco.»
Anawak si fermò e la guardò. «E allora?»
«Allora… Ricordi il giorno in cui sei andato a Vancouver? Be', non tornavi più… Insomma, sei sparito per tutta la notte! Non sapevamo dove fossi e ci siamo preoccupati. Tra gli altri anche, ehm… Jack. Allora, Jack mi ha chiamato e mi ha detto che in realtà voleva chiamare te, ma che non c'eri e…»
«Jack?» chiese Anawak.
«Sì.»
«Greywolf? Jack O'Bannon?»
«Ha detto che vi eravate parlati», proseguì Alicia, prima che lui potesse aggiungere altro. «E deve essere stata proprio una bella conversazione. In ogni caso, lui ne era contento e voleva solo chiacchierare un po' con te, almeno credo, e…» Guardò Anawak negli occhi. «È stata davvero una bella chiacchierata, vero?»
«E se non lo fosse stata?»
«Allora sarebbe proprio stupido, perché…»
«Okay, va bene. È stata una bella chiacchierata. Ora, saresti così gentile da venire al punto?»
«Ci siamo messi insieme», sbottò Alicia.