«Lo scorso inverno, il medico anziano del villaggio, morto un mese fa e mai rimpiazzato, ha mandato Bin al nostro ospedale a Keroa Tambat, ma hanno potuto solo sottoporlo a radiazioni e a chemioterapia, nella speranza che tutto si risolvesse per il meglio» mi disse Dem Ria, mentre mi teneva compagnia, seduta accanto al letto, quel pomeriggio. Dem Loa sedeva accanto a lei, su una sedia a schienale dritto. Avevo fatto domande sul bambino per cambiare argomento e non pensare ai miei guai. Le lunghe e ampie vesti delle due donne risplendevano di un intenso blu cobalto, mentre la luce del sole alle loro spalle cadeva, pastosa e rossa come sangue, sulla parete di mattoni. Tendine di merletto tagliavano la luce e le ombre in complicati chiaroscuri. Scambiavamo due chiacchiere negli intervalli fra le mie ondate di dolore. In quel momento la schiena mi doleva come se mi avessero colpito con un pesante bastone, ma era un dolore sordo, a paragone della rovente sofferenza provocata dai movimenti del calcolo. Secondo la dottoressa, il dolore era buon segno: quando il dolore era più forte, il calcolo si muoveva. Infatti il dolore pareva avere il centro nella parte inferiore dell’addome. Ma la dottoressa aveva anche detto che potevano essere necessari dei mesi per espellere il calcolo, se era abbastanza piccolo da essere espulso naturalmente. Molti calcoli dovevano essere frantumati o rimossi chirurgicamente. Riportai la mente alla salute del bambino.
«Radiazioni e chemioterapia» ripetei, formulando con disgusto quelle parole. Era come se Dem Ria avesse detto che il medico aveva prescritto al bambino sanguisughe e sorsi di mercurio. L’Egemonia sapeva come curare il cancro, ma dopo la Caduta gran parte della scienza e della tecnologia per la modifica personalizzata dei geni era andata perduta. Inoltre, dopo la scomparsa della Rete dei Mondi, ciò che non era andato perduto era stato reso troppo costoso per le persone comuni: la Pax Mercatoria trasportava beni e generi di consumo fra le stelle, ma il procedimento era lento, costoso e limitato. La medicina era tornata indietro di parecchi secoli. Anche mia madre era morta di cancro: dopo la diagnosi alla clinica delle Brughiere, gestita dalla Pax, e avere rifiutato le radiazioni e la chemioterapia.
D’altro canto, perché curare una malattia fatale, quando si poteva guarire mediante la morte e la risurrezione offerta dal crucimorfo? Perfino alcune malattie di origine genetica erano "curate" dal crucimorfo durante la ricostruzione del corpo per la risurrezione. E la morte, faceva notare la Chiesa, era un sacramento come la risurrezione stessa. Poteva essere offerta come una preghiera. La persona media poteva ora trasformare il dolore e la disperazione della malattia e della morte nella gloria del sacrificio di Cristo redentore. Purché la persona media portasse su di sé un crucimorfo.
Mi schiarii la gola. «Ah… Bin non ha… voglio dire…» Quando il bambino mi aveva fatto segni di saluto, quella notte, aveva lasciato vedere, dalla camicia aperta, il torace, pallido e privo di crucimorfo.
Dem Loa scosse la testa, nascosta dal cappuccio della veste, di una stoffa trasparente simile a seta. «Ancora nessuno di noi ha accettato la croce» mi spiegò. «Ma padre Clifton comincia a… convincerci.»
Riuscii solo ad annuire: il dolore alla schiena e all’inguine stava tornando come una corrente elettrica che mi percorresse tutti i nervi.
Dovrei chiarire perché i vari gruppi di abitanti di Chiusa Childe Lamonde, sul pianeta Vitus-Gray-Balianus B, si differenziavano per il colore delle vesti. Poco più di un secolo fa, mi aveva spiegato Dem Ria con la sua voce bassa e melodiosa, la maggior parte delle persone ora insediate lì nei territori bagnati dal lungo fiume era emigrata dal vicino sistema solare Lacaille 9352. Il pianeta di quel sistema, in origine chiamato Amarezza di Sibiatu, era stato ricolonizzato da fanatici religiosi della Pax che l’avevano ribattezzato Grazia Ineluttabile e avevano iniziato a fare proseliti fra le società indigene sopravvissute alla Caduta. La cultura di Dem Ria — una nobile società filosofica che metteva l’accento sulla cooperazione — decise di emigrare di nuovo, piuttosto che lasciarsi convertire. Ventisettemila persone avevano speso le loro ricchezze e rischiato la vita per riattrezzare un’antica nave coloniale dell’Egira e, con un viaggio di quarantanove anni in crio-fuga, trasferire tutti — uomini, donne, bambini, animali domestici, armenti — sul vicino pianeta Vitus-Gray-Balianus B, colonizzato all’epoca della Rete dei Mondi, ma rimasto spopolato in seguito alla Caduta.
Il popolo di Dem Ria si definiva Spettroelica di Amoiete, dal sinfo-olo-poema epico filosofico di Halpul Amoiete. Nel suo poema Amoiete aveva usato i colori dello spettro come una metafora dei valori positivi umani e aveva illustrato le sovrapposizioni, interazioni, sinergie e collisioni elicoidali create da quei valori. La sinfonia Spettroelica di Amoiete prevedeva la rappresentazione scenica, dove la musica, la poesia e lo spettacolo olografico rappresentavano l’interazione filosofica. Dem Ria e Dem Loa spiegarono come la loro cultura aveva preso a prestito da Amoiete il significato dei colori: bianco per la purezza dell’onestà intellettuale e dell’amore fisico; rosso per la passione dell’arte, della convinzione politica e del coraggio fisico; azzurro per le rivelazioni introspettive della musica, della matematica, della terapia personale per aiutare gli altri e per il progetto di stoffe e tessuti; verde smeraldo per la risonanza con la natura, il conforto con la tecnologia e la difesa delle forme di vita minacciate; ebano per la creazione dei misteri umani e così via. Le tri-unioni, la non violenza e altre peculiarità culturali derivavano in piccola parte dalla filosofia di Amoiete e in gran parte dalla ricca cultura cooperativistica che il popolo Spettroelica aveva creato su Amarezza di Sibiatu.
«Così padre Clifton cerca di convincervi a unirvi alla Chiesa?» dissi, quando il dolore diminuì e il momento di calma mi permise di pensare e di parlare.
«Sì» disse Dem Loa. Intanto il loro tri-coniuge, Alem Mikail Dem Alem, era venuto a sedersi sul davanzale di mattoni. Ascoltava la nostra conversazione, ma interveniva di rado.
«E voi di quale idea siete?» domandai, cambiando posizione per distribuire il dolore su tutta la schiena. Da alcune ore non chiedevo l’ultramorfina. Ora avevo una voglia matta di chiederla subito.
Dem Ria alzò le mani in un complicato gesto che mi ricordò quello preferito di Aenea. «Se tutti noi accettiamo la croce, il piccolo Bin Ria Dem Loa Alem può ricevere cure mediche a Bombasino, la base della Pax. Anche se non guariranno il cancro, Bin… tornerà a noi… dopo.» Abbassò lo sguardo e nascose nelle pieghe della veste le mani fin troppo espressive.
«Non lasceranno che il solo Bin accetti la croce.»
«No, certo» disse Dem Loa. «La loro prassi è che l’intera famiglia si converta. Comprendiamo le loro ragioni. Padre Clifton se ne duole molto, ma si augura di cuore che accettiamo i sacramenti di Gesù Cristo prima che per Bin sia troppo tardi.»
«E vostra figlia, Ces Ambre, è disposta a diventare cristiana rinata?» Mi rendevo conto di quanto fossero personali quelle domande, ma ero incuriosito, e il pensiero della sofferta decisione che dovevano prendere mi distoglieva dal mio dolore, molto reale anche se meno importante.
«A Ces Ambre piace moltissimo l’idea di unirsi alla Chiesa e di divenire cittadina della Pax a buon diritto» disse Dem Loa, alzando il viso sotto il leggero cappuccio azzurro. «Così potrebbe frequentare l’accademia della Chiesa a Bombasino o a Keroa Tambat; ritiene che i ragazzi e le ragazze di lì offrirebbero prospettive di matrimonio molto più interessanti.»
Aprii bocca per parlare, mi fermai, poi parlai ugualmente. «Ma la tri-unione non sarebbe… voglio dire, la Pax permetterebbe…»
«No, infatti» disse Alem, dal suo posto sul davanzale. Corrugò la fronte e negli occhi grigi lasciò trapelare la tristezza. «La Chiesa non consente unioni omosessuali o multiple. La nostra famiglia sarebbe distrutta.»