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La mia giovane amica alzò il dito, quel dito che fra poco avrebbe inciso per trarne gocce di sangue. «Nelle cellule del mio sangue ci sono disposizioni uniche di DNA e di RNA, insieme con certi agenti virali che invaderanno il vostro corpo, dal rivestimento dello stomaco fino a ogni singola cellula. Questi virus invasivi sono somatici, cioè saranno trasmessi ai vostri figli.

«Ho insegnato ai vostri maestri, e loro hanno insegnato a voi, che questi cambiamenti fisici vi permetteranno, dopo un periodo di pratica, di toccare direttamente il Vuoto che lega per apprendere il linguaggio dei morti e dei vivi. Alla fine, con esperienza e pratica molto maggiori, forse vi sarà possibile udire la musica delle sfere e muovere un vero passo altrove.» Alzò ancora il dito. «Non si tratta di metafisica, miei cari amici. Si tratta di un agente virale mutante. Non potrete portare mai il crucimorfo della Pax, vi avverto; né mai potranno portarlo i vostri figli e i loro figli. Questo basilare cambiamento nell’anima dei vostri geni e cromosomi vi impedirà per sempre quella forma di longevità fisica.

«La comunione con me non offre immortalità, miei cari amici. Garantisce che la morte sarà la nostra fine comune. Lo ripeto, non offro vita eterna né satori istantaneo. Se è questo ciò che cercate davvero, dovete trovarlo nelle vostre personali ricerche religiose. Io vi offro solo un approfondimento dell’umana esperienza della vita e un legame con altri, umani o non umani, che hanno condiviso quell’impegno a vivere. Non dovete vergognarvi, se cambiate idea adesso. Ma ci sono dovere, disagio e grande pericolo, per coloro che partecipano a questa comunione e così diventano maestri del Vuoto che lega, oltre che compagni portatori di questo nuovo virus di scelta umana.»

Aspettò in silenzio, ma nessuno di quel centinaio di monaci si mosse o si allontanò. Rimasero tutti in ginocchio, a testa china, come in meditazione.

«Così sia» disse Aenea. «Vi faccio i miei migliori auguri.» Si punse il dito e ne trasse una goccia di sangue per ogni coppa già piena di vino che l’anziano lama le presentava.

In breve i cento monaci fecero girare le coppe e ciascuno di loro bevve un piccolo sorso. Allora mi alzai, deciso a mettermi in fondo alla fila e partecipare alla comunione, ma con un gesto Aenea mi chiamò accanto a sé.

«Non ancora, amore mio» mi bisbigliò all’orecchio, toccandomi la spalla.

Fui tentato di protestare: insomma perché venivo escluso? Invece ritornai a sedermi accanto ad A. Bettik. Mi chinai verso di lui e gli mormorai: «Non hai ancora fatto questa sorta di comunione, vero?».

L’androide sorrise. «No, signor Endymion. E non la farò mai.»

Stavo per domandargli perché, ma in quel momento la comunione finì, i milleduecento monaci si alzarono, Aenea camminò fra loro, scambiando qualche parola, toccando mani, e capii, dall’occhiata che mi lanciò da sopra le teste rasate, che per noi era tempo di andare via.

Nemes, Scilla e Briareo guardano lo Shrike al di là della campata del ponte sospeso; per un momento non mutano di fase, soppesano in tempo reale il loro nemico.

"È assurdo" trasmette Briareo. "Uno spauracchio per bambini. Tutto punte e spine e denti. Che sciocchezza."

"Raccontalo a Gige" replica Nemes. "Pronti?"

"Pronti" conferma Scilla.

"Pronti" conferma Briareo.

I tre mutano di fase all’unisono. Nemes vede l’aria intorno a loro ispessirsi e appesantirsi, la luce diventare uno sciroppo color seppia; anche se ora lo Shrike facesse la cosa più ovvia, tagliare i cavi che sorreggono il ponte, non avrebbe importanza: in tempo rapido, ci vorranno secoli perché il ponte cominci a cadere, tempo sufficiente perché il terzetto attraversi il ponte mille volte.

In fila indiana, con Nemes in testa, i tre attraversano subito il ponte.

Lo Shrike non cambia posizione. Non muove la testa per seguire il loro movimento. Negli occhi ha un luccichio smorto, come di vetro cremisi che rifletta l’ultimo bagliore del tramonto.

"Qualcosa non quadra" trasmette Briareo.

"Silenzio!" ordina Nemes. "Restate fuori della banda comune, a meno che non apra io il contatto." Ora è a meno di dieci metri dallo Shrike e la creatura non ha ancora reagito. Nemes continua ad avanzare nell’aria densa e infine mette piede su solida pietra. Il suo clone femmina la segue e prende posizione a sinistra. Briareo lascia il ponte e si pone a destra. Sono di fronte alla leggenda di Hyperion, a soli tre metri. Lo Shrike resta immobile.

«Togliti di mezzo o sarai distrutto» dice Nemes, mutando di fase quanto basta a parlare alla statua di cromo. «Hai fatto il tuo tempo. Oggi la ragazza è nostra.»

Lo Shrike non risponde.

"Distruggetelo" ordina Nemes ai suoi cloni e muta di fase.

Lo Shrike cambia tempo e scompare.

Nemes batte le palpebre, mentre le onde di shock temporale lanciano increspature intorno a lei; poi esamina i dintorni, usando l’intero spettro visivo. Nel Tempio a mezz’aria ci sono ancora alcuni esseri umani, ma non lo Shrike.

"Tempo lento" ordina Nemes e i suoi due compagni ubbidiscono subito. Il mondo si ravviva, l’aria si muove, il suono ritorna.

«Trovate la ragazza» ordina Nemes.

Scilla corre all’asse Saggezza del nobile ottuplice sentiero e sale a balzi la scalinata fino alla piattaforma della Giusta Comprensione. Briareo va all’asse Moralità e salta alla pagoda della Giusta Parola. Nemes prende la terza scalinata, la più alta, verso i padiglioni della Giusta Preoccupazione e della Giusta Meditazione. Col radar incorporato scorge delle persone nell’edificio più alto. Vi giunge in pochi secondi, esamina gli edifici e la parete dello strapiombo, cerca stanze segrete o nascondigli. Niente. Nel padiglione della Giusta Meditazione c’è una giovane donna. Per un istante Nemes pensa che la ricerca sia conclusa. Ma per quanto la donna sia dell’età di Aenea, non è Aenea. Nell’elegante pagoda ci sono altre persone: una donna molto anziana — Nemes la riconosce, è la Scrofa Folgore, l’ha vista al ricevimento del Dalai Lama — l’araldo e capo della sicurezza del Dalai Lama, Carl Linga William Eiheji, e il bambino in persona, il Dalai Lama.

«Dov’è?» dice Nemes. «Dov’è quella che si fa chiamare Aenea?»

Prima che uno degli altri possa rispondere, il guerriero Eiheji estrae dal mantello un pugnale e lo scaglia con la velocità del fulmine.

Nemes lo scansa facilmente. Anche senza passare in tempo rapido, ha reazioni più veloci di gran parte degli esseri umani. Ma quando Eiheji estrae una pistola a fléchettes, Nemes muta di fase, si avvicina all’uomo impietrito, lo include nel proprio campo di fase e lo getta nell’abisso, fuori della finestra pavimento-soffitto. Naturalmente, appena Eiheji lascia il campo di fase di Nemes, pare congelarsi a mezz’aria come un implume uccello gettato dal nido, incapace di volare ma restio a cadere.

Nemes si gira verso il bambino e torna in tempo lento. Dietro di lei, Eiheji lancia un urlo e precipita fuori vista.

Il Dalai Lama guarda a bocca aperta: per lui e per le due donne presenti, Eiheji è semplicemente scomparso da dove si trovava, accanto a loro, ed è ricomparso a mezz’aria fuori della porta shoji del padiglione, come se avesse scelto di teleportarsi a morte.

«Non puoi…» comincia la Scrofa Folgore.

«Hai il divieto di…» comincia il Dalai Lama.

«Non dovresti…» comincia la donna che, immagina Nemes, è o Rachel o Theo, compatriote di Aenea.

Nemes resta in silenzio. Passa in tempo rapido, si avvicina al bambino, lo include nel campo di fase, lo solleva e lo porta di peso alla parete spalancata.

"Nemes!" chiama Briareo dal padiglione della Giusta Opera.

"Che c’è?"

Invece di descrivere a parole sulla banda comune, Briareo usa energia extra per inviare un’immagine. Impietrita nell’aria color seppia, alcuni chilometri più in alto, con una fiamma di fusione solida come colonna azzurra, una nave scende sul pianeta.

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