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Anawak lasciò penzolare il giornale. «Che stronzo.»

«Non è vero quello che dice?» chiese Alicia. «Per quello che ne so, i giapponesi le massacrano proprio in nome di questo presunto programma di ricerca.»

«Certo che è vero», sbuffò Anawak. «La perfidia sta proprio in questo: Greywolf ci ha messo in relazione con quelle cose.»

«Con tutta la mia buona volontà, non so dove voglia arrivare», disse Shoemaker scuotendo la testa.

«E te lo chiedi? Vuole diventare importante.»

«Ma sì, lui…» Alicia fece un gesto vago. «Be', comunque è un eroe.»

Quel commento era del tutto inatteso. Anawak la fulminò con lo sguardo. «Ah, sì?»

«Certo. Ha salvato numerose vite umane. Non mi sembra gentile che adesso si metta a sputare veleno su di voi, ma indubbiamente è stato coraggioso e…»

«Greywolf non è coraggioso», ringhiò Shoemaker. «Se quel verme fa qualcosa, è per avere un tornaconto. Ma stavolta ha esagerato. Avrà problemi coi makah… Non troveranno divertente che un loro sedicente fratello di sangue si schieri in maniera così brutale contro la caccia alle balene. Vero, Leon?»

Anawak rimase in silenzio.

Danny spostava il chewing-gum da una guancia all'altra. «Allora, quando si parte?» chiese.

Nello stesso istante, il pilota dell'idrovolante gridò qualcosa dal portellone aperto. Anawak girò la testa e vide l'uomo fare alcuni segni. Sapeva che cosa significavano. Ford si era messo in contatto con loro. Era il momento. Senza dar seguito alle ultime considerazioni di Shoemaker, gli diede una pacca sulle spalle. «Quando torni alla stazione, potresti farmi un piacere?»

«Certo. Per come siamo messi, abbiamo tutto il tempo del mondo.»

«Potresti controllare se sui giornali, nelle ultime settimane, è apparso qualcosa sull'avaria della Barrier Queen? Fa' qualche ricerca anche su Internet, però. Magari ne hanno parlato in televisione…»

«Sì, certo. Ma perché?»

«Così.»

«Un semplice 'così' non mi basta.»

«Perché credo che non sia stato detto nulla.»

«Hmm.»

«Almeno io non mi ricordo. E tu?»

Shoemaker piegò all'indietro la testa e socchiuse le palpebre neL sole. «No. Rammento qualcosa sulle catastrofi navali in Asia, però… Mah, da quand'è cominciata questa faccenda, mi è passata la voglia di leggere. Però hai ragione. Ora che ci penso, sono state date pochissime notizie su quell'incidente. Forse nessuna.»

Anawak guardò cupamente verso l'idrovolante. «Sì», disse. «Andiamo.»

Non appena l'idrovolante si fu alzato da terra, Anawak disse a Denny: «Deve sparare una sonda nel blubber della balena. 'Blubber' è il termine scientifico per indicare lo strato di grasso. Si tratta di una parte insensibile al dolore. Per anni abbiamo avuto il problema di far rimanere attaccati i trasmettitori alla pelle delle balene. Recentemente, un biologo di Kiel ha avuto l'idea di usare una balestra con frecce speciali, al cui fusto sono fissati una trasmittente e uno strumento di misurazione. La punta della freccia s'infila nel grasso e la balena porta in giro gli apparecchi per un paio di settimane senza accorgersene.»

Danny lo guardò. «Un biologo di Kiel? Bene.»

«Crede che non funzioni?»

«No, mi chiedo solo se qualcuno si è assicurato che non faccia davvero male alla balena. Si tratta di un maledetto lavoro di precisione. Come si fa a essere sicuri che la freccia non penetri oltre lo strato di grasso?»

«Grazie alla cotenna di maiale», disse Anawak.

«Come?»

«Hanno testato l'arma sulla cotenna di maiale finché non sono stati in grado di determinare con precisione la profondità che raggiungeva la punta. Tutta una questione di calcoli.»

«Ma guarda un po'», commentò Danny, sollevando le sopracciglia oltre il bordo degli occhiali da sole. «Ah, i biologi.»

«E che succede se si spara a un uomo?» chiese Alicia dal sedile posteriore. «Anche in quel caso la freccia penetra solo un po'?»

Anawak si voltò verso di lei. «Sì. Un po' troppo. Lo uccide.»

Il DHC-2 virò. Sotto di loro risplendeva la laguna.

«Avevamo diverse opzioni», disse Anawak. «Il problema centrale è che per molto tempo abbiamo potuto fare solo osservazioni saltuarie delle balene. Piazzare sonde con la balestra si è dimostrato il metodo più sicuro. Il cronotachigrafo registra frequenza cardiaca, temperatura del corpo e dell'ambiente, profondità, velocità di nuoto e altre cose ancora. Attrezzare le balene con le telecamere è più difficile.»

«Perché non spariamo anche la telecamera con la balestra?» chiese Danny. «Non mi sembra una cosa difficile.»

«Perché non si può sapere come cadrebbe. Inoltre preferirei vedere le balene, vorrei osservarle e questo si può fare solo se la telecamera è dietro di loro, non sulla loro schiena.»

«Per questo usiamo l'URA», spiegò Alicia. «Un robot nautico giapponese.»

Anawak sorrise, divertito. Alicia aveva pronunciato quelle parole come se fosse stata lei a inventare quel robot.

Danny si guardò intorno. «Non vedo nessun robot.»

«Infatti non è qui.»

L'idrovolante aveva raggiunto il mare aperto e procedeva vicinissimo alle onde. Normalmente, al largo di Vancouver Island, c'erano sempre in viaggio piroscafi, zodiac e kajak, ma ormai neppure i più coraggiosi osavano uscire in mare aperto. Si spingevano al largo soltanto i grossi cargo e i traghetti, cui le balene non potevano fare nulla. Così la superficie dell'acqua era deserta, a parte una nave gigantesca. Sembrava che niente potesse affondare quella nave o anche solo metterla in difficoltà. L'idrovolante si allontanò dalla riva rocciosa e si diresse verso la nave.

«L'URA è sul Whistler. Quel rimorchiatore laggiù», disse Anawak. «Il suo momento arriverà quando riusciremo a trovare la nostra balena.»

John Ford era a poppa del Whistler e si riparava con la mano gli occhi dalla violenta luce del sole. Vide il DHC-2 avvicinarsi velocemente. Qualche secondo dopo, l'idrovolante si posizionò proprio sopra il rimorchiatore e fece un'ampia virata.

Ford teneva la radio accostata alla bocca e chiamava Anawak sulla frequenza anti-intercettazione. Un'intera serie di frequenze era stata riservata a scopi scientifici e militari. «Leon? Tutto bene?»

«Ti sento, John. Dove le hai viste l'ultima volta?»

«A nord-ovest. A meno di duecento metri da noi. Le abbiamo avvistate circa cinque minuti fa, ma si tengono a distanza. Dovrebbero essere otto o dieci animali. Ne abbiamo identificati due. Uno ha preso parte all'attacco alla Lady Wexham, l'altro, la settimana scorsa, ha affondato un trawler a Ucluelet.»

«Non hanno cercato di attaccarvi?»

«No. Evidentemente siamo troppo grandi.»

«E tra di loro? Come si comportano tra di loro?»

«Pacificamente.»

«Bene. Probabilmente appartengono tutte allo stesso gruppo, ma dobbiamo concentrarci su quelle identificate.»

Ford seguì con lo sguardo il DHC-2 che diventava sempre più piccolo, poi lo vide inclinarsi, fare una larga virata e tornare indietro. Spostò lo sguardo sul ponte del Whistler. Era un rimorchiatore per il recupero in alto mare e apparteneva a una ditta privata di Vancouver: era lungo più di sessanta metri e largo quasi quindici. Con un dislocamento di centosessanta tonnellate, il Whistler era uno dei rimorchiatori più potenti del mondo. Troppo grande e pesante perché una balena potesse rappresentare un pericolo. Ford riteneva che neppure una megattera che saltasse dritta sulla poppa sarebbe riuscita a ottenere nulla di più che un violento scossone.

Però non si sentiva tranquillo. All'inizio, le balene avevano attaccato qualsiasi cosa, ma poi sembrava che avessero imparato a scegliere solo le imbarcazioni che erano in grado di danneggiare. Accanto a orche, balene grigie e megattere, onnipresenti negli attacchi alle navi, erano comparsi anche balenottere e capodogli. Ed era evidente che tutti quegli animali avevano imparato bene: non avrebbero attaccato il rimorchiatore, poco ma sicuro. Ed era proprio quel fatto ad aumentare l'inquietudine di Ford. Una simile furia distruttiva non poteva essere accompagnata dalla capacità di differenziare gli obiettivi. Pareva che, dietro il comportamento dei mammiferi marini, si celasse un'intelligenza e lui si chiedeva come avrebbero reagito al robot. Chiamò via radio il ponte. «Si va», disse.

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