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«Sì? Da chi?»

«Da riviste, da trasmissioni televisive e da alcuni istituti.»

«Interessante.»

«No, solo logico. La conseguenza del mio lavoro. A volte mi chiedo se capisca come sia difficile fare l'addetto stampa.»

Bauer fece un sorriso birichino. «Me lo spieghi.»

«Volentieri, anche se sarebbe la decima volta. Ma prima mi racconti lei qualcosa.»

«No, non è possibile», esclamò Bauer, agitato. «Dobbiamo calare in acqua il drifter, e subito dopo devo urgentemente…»

«Dopo deve fare quello che mi ha promesso», lo ammonì Karen.

«Ma, bambina mia, io ricevo richieste in continuazione. Sono in corrispondenza con scienziati di tutto il mondo! Non può neanche immaginare che cosa vogliono da me. Poco fa ho ricevuto un'e-mail in cui qualcuno mi chiede di un verme. Un verme, pensi un po'! E vuole sapere se abbiamo misurato un aumento della concentrazione di metano. Certo che l'abbiamo rilevato, ma come fa a saperlo? Vede che devo…»

«Posso occuparmene io. Mi renda sua complice.»

«Finché…»

«Se le sono davvero simpatica.»

Bauer spalancò gli occhi. «Ah, capisco.» Cominciò a ridacchiare. Le spalle curve vibrarono. «Vede, è proprio per questo che non mi sono sposato: si vive sotto un costante ricatto. Va bene… Venga, venga.»

Karen lo seguì. Il drifter era appeso al braccio della gru sopra la grigia superficie del mare. Era lungo diversi metri e infilato in una base di sostegno; in mezzo alla struttura c'era un tubo sottile e splendente e due contenitori sferici di vetro formavano la parte superiore.

Bauer si stropicciò le mani. Il piumino gli era indubbiamente troppo grande e lo rendeva simile a un bizzarro uccello artico. «Allora, mettiamo questa cosa nella corrente, che la trascinerà con sé come una… particella d'acqua virtuale», disse. «Prima giù in verticale, infatti proprio qui sotto l'acqua cade, come le ho detto prima… Allora, naturalmente non si vede un processo di caduta, capisce, ma cade… bene… Uh, come posso spiegarglielo?»

«Possibilmente senza parole strane.»

«Va bene, va bene. Faccia attenzione, perché non è difficile. Deve sapere che l'acqua non ha sempre lo stesso peso: la più leggera è l'acqua dolce e calda; l'acqua salata è più pesante di quella dolce, molto più pesante. In fondo il sale ha un peso, no? A sua volta, l'acqua fredda è più pesante di quella calda, ha una densità maggiore, quindi diventa tanto più pesante quanto più si raffredda.»

«Dunque l'acqua fredda e salata è la più pesante», completò Karen Weaver.

«Giusto, giustissimo!» si rallegrò Bauer. «Quando parliamo di correnti marine, dobbiamo tenere presente che esse scorrono su diversi piani. Le correnti calde sono superficiali, le più fredde sono sul fondo e, in mezzo, ci sono le correnti intermedie. Allora, succede che una corrente possa scorrere per migliaia di chilometri in superficie, finché non capita in una zona fredda, dove, ovviamente, l'acqua si raffredda, vero? E se l'acqua diventa più fredda…»

«Diventa più pesante.»

«Brava, sì. Diventa più pesante e sprofonda. La corrente superficiale diventa una corrente intermedia o addirittura profonda, e l'acqua rifluisce. Ovviamente funziona allo stesso modo nel caso contrario. Dal basso verso l'alto, dal freddo al caldo. In questo modo, tutte le correnti marine del mondo sono costantemente in movimento. Sono tutte collegate l'una all'altra, in uno scambio costante.»

Il drifter fu lasciato andare sulla superficie dell'acqua. Bauer si affrettò al parapetto e guardò giù, poi si girò e fece un cenno impaziente a Karen. «Venga, venga qui, si vede meglio.»

Lei si avvicinò. Gli occhi di Bauer scintillavano. «Sogno che questo drifter venga trascinato da tutte le correnti», disse. «Sarebbe veramente fantastico, scopriremmo tantissime cose.»

«A che cosa servono quelle sfere di vetro?»

«Come? Che cosa? Ah, sì. Corpi spinta. Permettono al drifter di muoversi nella colonna d'acqua. In basso ci sono dei pesi, ma il vero cuore è quella barra là in mezzo. Là dentro c'è tutto: guida elettronica, microcontroller, accumulatori d'energia. Ma anche un idrocompensatore. Non è fantastico? Un idrocompensatore!»

«Sarebbe ancora più fantastico se mi spiegasse che cos'è.»

«Oh, ah… naturalmente.» Bauer si tirò il pizzetto. «Già, abbiamo riflettuto su come il drifter… Allora, è così: i liquidi sono praticamente incomprimibili, non si può schiacciarli, ma l'acqua fa eccezione. Non si può comprimerla molto, ma un po' sì. E noi lo facciamo. La comprimiamo in quella barra in modo che all'interno ci sia sempre la stessa quantità, ma facendo anche in modo che l'acqua sia a volte più leggera e a volte più pesante. Così, mantenendo lo stesso volume, il drifter cambia il proprio peso.»

«Geniale.»

«In effetti. Possiamo programmarlo in modo che faccia tutto da solo: compressione, decompressione, compressione, decompressione, affondare, risalire, affondare, tutto senza il nostro intervento… Carino, vero?»

Karen annuì e guardò la lunga struttura che s'immergeva nelle onde grigie.

«In questo modo, il drifter può muoversi da solo in mare per mesi, se non per anni, e mandare segnali acustici. Noi possiamo localizzarlo e ricostruire velocità e percorso delle correnti. Ah, s'immerge. È andato.»

Il drifter era sparito in mare. Bauer annuì soddisfatto.

«E ora dove va?» chiese Karen.

«Questa è una bella domanda.»

Lei lo osservò. Lo sguardo di Bauer si illuminò, poi lui fece un sospiro rassegnato. «Lo so. Vuole parlare del mio lavoro.»

«E in questo momento.»

«Lei è una rompiscatole, cara mia, e anche testarda. Va bene, andiamo in laboratorio. Ma l'avverto, i risultati del mio lavoro sono inquietanti, per usare un eufemismo…»

«Il mondo ama farsi inquietare. Non ha sentito? Invasioni di meduse, anomalie, persone disperse, un disastro navale dietro l'altro. I suoi risultati sarebbero in ottima compagnia.»

«Ah, sì?» Bauer scosse la testa. «Probabilmente ha ragione. Non riuscirò mai a capire il lavoro dell'addetto stampa. Ma io sono solo un professore, andrebbe oltre le mie capacità.»

Mar di Norvegia, margine continentale

«Dannazione», imprecò Stone. «Questo è un blowout.»

Nella sala di controllo, tutti fissavano il monitor, come stregati. Là sotto sembrava scoppiato l'inferno.

Bohrmann disse al microfono: «Dobbiamo andarcene. Comando al ponte. Avanti tutta».

Tina si girò e corse fuori dalla stanza. Johanson esitò, poi le corse dietro. Gli altri li seguirono. Scoppiò il panico. Improvvisamente sembrava che tutti a bordo si fossero messi in movimento. Johanson corse sul ponte, dove marinai e tecnici, coordinati da Tina, stavano spostando a fatica la cisterna frigorifera. Quando la Sonne si mise in movimento, sul braccio dell'argano il cavò vibrò.

Tina vide Johanson e lo raggiunse di corsa.

«Cos'è successo?» gridò lui.

«Siamo incappati in una bolla. Vieni.» Lo trascinò verso il parapetto. Arrivarono anche Hvistendahl, Stone e Bohrmann. Due dei tecnici della Statoil stavano sul ripido bordo di poppa, proprio sotto il braccio della gru, e guardavano fuori, incuriositi. Bohrmann gettò uno sguardo al cavo tesissimo.

«Ma che sta facendo?» sibilò. «Perché quell'idiota non ferma l'argano?» Si allontanò dal parapetto e corse all'interno.

Nello stesso istante, il mare cominciò a schiumare selvaggiamente. La Sonne andava a tutta velocità. Il cavo della benna si tese all'inverosimile, gemendo. Un uomo corse sul ponte sopra il braccio della gru, facendo cenni disperati. «Via di lì», gridava agli uomini della Statoil. «Attenti!»

Johanson lo riconobbe. Era il «cane pastore», come lo chiamava l'equipaggio, il primo ufficiale. Hvistendahl si girò e prese a gesticolare verso gli uomini. Poi tutto accade in un attimo. Si trovarono di colpo in mezzo a un geyser scrosciante e sibilante; sotto la superficie dell'acqua, inoltre, comparve la sagoma della benna. Si diffuse un insopportabile odore di zolfo, la poppa della Sonne si abbassò, poi la bocca d'acciaio saltò fuori dall'inferno ribollente, oscillando come un'altalena gigantesca. Il più arretrato dei due uomini della Statoil vide la benna arrivare e si gettò a terra. L'altro spalancò gli occhi, terrorizzato, fece un passo all'indietro e inciampò.

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