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«Chi? I suoi superiori?»

«La Statoil è un'industria statale. Devo essere più esplicita?»

«Allora non scoprirà nulla», borbottò Johanson.

Tina sospirò. «Gli altri non sono stupidi. Se si cerca di spillare informazioni senza darne, se ne accorgono, e si attengono al codice di riservatezza.»

«L'avevo detto.»

«Sì, sei sempre molto scaltro.»

Fuori risuonarono alcuni passi e uno degli uomini di Hvistendahl si affacciò alla porta. «Sala riunioni», disse.

«Quando?»

«Subito. Abbiamo le analisi.»

Sigur e Tina si scambiarono un'occhiata. Nei loro sguardi c'era l'ansiosa attesa di quello che in fondo già sapevano. Johanson chiuse il laptop e, insieme con Tina, seguì l'uomo sul ponte di comando. La pioggia scorreva sui vetri.

Bohrmann si sosteneva con le nocche al piano del tavolo. «Finora abbiamo trovato la stessa situazione lungo tutto il margine continentale», disse. «Il mare è saturo di metano. I nostri risultati concordano con quelli della Thorvaldson, con alcune piccole variazioni, ma il quadro è lo stesso.» Fece una pausa. «Non voglio girarci intorno. In ampie zone, qualcosa ha iniziato a destabilizzare gli idrati.»

Nessuno si mosse. Nessuno disse una parola. Lo fissavano e aspettavano. Poi le voci degli uomini della Statoil si accavallarono.

«Che significa?»

«Gli idrati di metano si liberano? Ma aveva detto che i vermi non potevano destabilizzare il ghiaccio!»

«Ha registrato un riscaldamento? Senza riscaldamento…»

«Quali conseguenze…?»

«Per favore!» Bohrmann sollevò una mano. «È così. Sono ancora dell'idea che questi vermi non possano provocare gravi danni. D'altro canto, dobbiamo tener presente che la destabilizzazione è iniziata con la loro comparsa.»

«Molto illuminante», borbottò Stone.

«Da quanto tempo è iniziato il processo?» chiese Tina.

«Abbiamo visto le analisi fatte dalla Thorvaldson alcune settimane fa, quando hanno scoperto i vermi», rispose Bohrmann, sforzandosi di mantenere un tono tranquillo. «Allora le misurazioni erano ancora normali. La crescita è iniziata dopo.»

«Ma che cosa sta succedendo, allora?» volle sapere Stone. «Là sotto diventa più caldo o no?»

«No.» Bohrmann scosse la testa. «I parametri per la stabilità degli idrati non sono cambiati. La fuoriuscita di metano può dipendere solo da processi che avvengono nel profondo dei sedimenti. In ogni caso, più in profondità di quanto possano scavare questi vermi.»

«Come fa a saperlo?» chiese Stone.

«Abbiamo dimostrato…» Bohrmann esitò, poi riprese: «Con l'aiuto del dottor Johanson, abbiamo dimostrato che, senza ossigeno, gli animali muoiono. Riescono a raggiungere solo pochi metri di profondità».

«Avete i risultati di una cisterna», disse Stone, sprezzante, come se Bohrmann fosse il suo peggior nemico.

«Se non è l'acqua a scaldarsi, forse potrebbe essere il fondale marino», propose Johanson.

«Vulcanismo?»

«È solo un'idea.»

«Un'idea plausibile, ma non in questa zona.»

«È possibile che nell'acqua ci siano i residui di ciò che i vermi hanno mangiato?»

«Non in simili quantità. Dovrebbero aver raggiunto il gas libero oppure essere in grado di sciogliere gli idrati.»

«Ma non possono raggiungere il gas libero», insistette caparbiamente Stone.

«No, ho detto che…»

«Lo so che cos'ha detto. Voglio dirle come la vedo io: il verme ha un calore corporeo, come ogni essere vivente cede calore, quindi scioglie lo strato superficiale, solo un paio di centimetri, ma quanto basta…»

«La temperatura corporea di un abitante degli abissi è identica a quella dell'ambiente circostante», disse con freddezza Johanson.

«Tuttavia, se…»

«Clifford.» Hvistendahl mise una mano sul braccio del capo progetto. Sembrava un gesto amichevole, ma Johanson sentì che Stone aveva appena ricevuto un chiaro avvertimento. «Perché non ci limitiamo ad attendere le prossime analisi?»

«Ah, dannazione.»

«Non serve a niente, Cliff. Smettila di costruire teorie.»

Stone guardava il pavimento. Era calato il silenzio.

«E quali sarebbero le conseguenze se la fuoriuscita di metano non si fermasse?» chiese Tina dopo qualche istante.

«Ci sono molti scenari possibili», rispose Bohrmann. «La scienza descrive fenomeni nel corso dei quali spariscono interi campi di idrati. Si sciolgono nel giro di un anno. Può essere che qui stia succedendo proprio questo, e probabilmente il processo è stato messo in moto dai vermi. In tal caso, nei prossimi mesi, al largo della Norvegia, si libererà nell'atmosfera moltissimo metano.»

«Uno shock da metano come cinquantacinque milioni di anni fa?»

«No, la quantità di metano non è sufficiente per ottenere un simile effetto. Ancora una volta, non voglio fare speculazioni. D'altra parte, non posso immaginare che il processo continui all'infinito senza riduzione della pressione e aumento della temperatura, e noi non registriamo né l'uno né l'altro. Nelle prossime ore, manderemo sott'acqua la videocamera, forse dopo ne sapremo di più. Vi ringrazio.»

E, con quello, Bohrmann lasciò la sala riunioni.

Johanson mandò un'e-mail a Lukas Bauer. Ormai gli sembrava di essere un biologo investigatore: Ha visto questo verme? Lo potrebbe descrivere? Lo riconoscerebbe se fosse messo a confronto con altri cinque vermi?È stato questo verme a rubare la borsetta a quella signora anziana? Chi avesse informazioni al riguardo è pregato di recarsi al più vicino centro di ricerca.

Dopo qualche esitazione, scrisse alcune parole cortesi sul loro precedente incontro a Oslo e chiese se, per caso, al largo della Groenlandia, nell'ultimo periodo, avesse registrato concentrazioni di metano insolitamente alte. Finora, nelle sue richieste aveva evitato di toccare quel punto.

Poi andò sul ponte e scorse la videoslitta che penzolava, appesa all'argano: era sorvegliata dal team di geologi di Bohrmann, che la stavano sollevando. Un po' più in là, un gruppo di marinai stava accovacciato a chiacchierare sulla grande cassa per gli spazzoloni, davanti all'officina del ponte. Nel corso degli anni, la cassa era stata elevata al rango di rifugio, qualcosa a metà tra il posto di vedetta e il salotto. Vi era stato steso sopra un panno e alcuni la chiamavano semplicemente «il divano». Là si facevano battute sui movimenti impacciati di dottori e dottorandi, che quindi evitavano con cura quel luogo. Ma quel giorno non si sentivano risate o spiritosaggini: la tensione aveva contagiato anche l'equipaggio. La maggior parte dei marinai aveva un'idea approssimativa di ciò che gli scienziati stavano facendo. Ma sapevano che sulla scarpata continentale c'era qualcosa che non andava e tutti erano preoccupati.

Bisognava agire in fretta. Bohrmann fece procedere lentamente la nave per esaminare il luogo attraverso le immagini video e i dati rilevati dal sonar. Proprio sotto la Sonne si trovava un esteso campo di idrati. In quel caso, «testare» significava calare in mare un mostro che sembrava arrivare dal Giurassico della ricerca marina: una benna dotata di telecamera, una bocca d'acciaio pesante varie tonnellate. Non era esattamente l'ultimo ritrovato tecnologico. Era il modo più brutale, ma anche il più affidabile, per strappare — nel vero senso della parola — al fondale marino un pezzo della sua storia. La benna scavava il sottosuolo, si spingeva in fondo, mordeva, aprendo una ferita, e raccoglieva quintali di fango, ghiaccio, fauna e pietrisco che poi portava nel mondo degli uomini. I marinai la chiamavano T-Rex. Quando la si vedeva appesa all'argano di poppa, con le mandibole spalancate, pronta a lanciarsi in acqua, il nomignolo risultava decisamente azzeccato. Un mostro al servizio della scienza.

Come tutti i mostri, tuttavia, la benna, sebbene dotata d'incredibili capacità, era nel contempo goffa e stupida. Era attrezzata con una videocamera e con potenti proiettori che consentivano di vedere il fondale; in tal modo, essa poteva essere aperta al momento giusto. Inoltre la benna era assolutamente incapace di avvicinarsi furtivamente al suo obiettivo. Per quanto la si posasse con cautela — e a questa cautela c'erano dei limiti, perché era comunque necessaria una certa violenza per potersi addentrare nei sedimenti! -, la maggior parte degli abitanti del fondale fuggiva subito, a causa dell'ondata che la grande bocca generava davanti a sé. Pesci, vermi, granchi e tutto quello che era capace di muoversi velocemente registravano il pericolo molto prima che la benna colpisse. Anche i sistemi tecnologici più elaborati dovevano confrontarsi con lo stesso problema. Un ricercatore marino americano, in tono amareggiato, aveva detto: «Laggiù ci sono tantissime forme di vita. Il problema è che si spostano non appena arriviamo».

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