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«E lei crede che sia così?» volle sapere Tina.

«In realtà ci sono solo due parametri: pressione e temperatura. Ma non abbiamo misurato un riscaldamento dell'acqua e il livello del mare non è sceso.»

«Lo dicevo», gridò Stone. «Cerchiamo risposte a domande che nessun essere umano ha mai posto. Voglio dire, abbiamo il prelievo di un campione.» Si guardò intorno cercando cenni di assenso. «Un unico, maledetto campione!»

Bohrmann annuì. «Ha ragione, dottor Stone, si tratta soltanto di speculazioni. Ma noi siamo qui proprio per trovare la verità.»

«Stone mi dà sui nervi», disse Johanson a Tina, non appena furono nella mensa. «Che ci sta a fare qui? Sembra che voglia impedire i test. Ed è proprio lui a dirigere il progetto.»

«Potremmo gettarlo in mare.»

«In mare scarichiamo già di tutto.»

Presero un altro caffè e andarono sul ponte.

«Che ne pensi del risultato?» chiese Tina, tra un sorso e l'altro.

«Non si tratta di un risultato. È solo un dato provvisorio.»

«Va bene. Che ne pensi di questo dato provvisorio?»

«Non lo so.»

«E dai…»

«L'esperto è Bohrmann.»

«Credi che dipenda dai vermi?»

Johanson ripensò alla conversazione con Olsen. «Non credo proprio», disse con cautela. «Sarebbe prematuro credere a qualcosa.» Sorseggiò il caffè e sollevò la testa. Sopra di lui si stendeva il cielo grigio. «So soltanto una cosa: che ora preferirei essere a casa invece che su questa nave.»

Tutto ciò era accaduto il giorno precedente.

Mentre venivano analizzati gli ultimi campioni d'acqua, Johanson si ritirò nella sala radio dietro il ponte. Attraverso il satellite poteva entrare in contatto con tutto il mondo. Aveva cominciato a costruire una banca dati e a spedire e-mail a istituti e scienziati, mascherando il tutto come una ricerca d'interesse personale. Le prime risposte erano state deludenti: nessuno aveva osservato i nuovi vermi. Poche ore prima, aveva preso contatto con le altre spedizioni marine. Tirò indietro una sedia, sistemò il laptop in mezzo agli apparecchi radio e aprì la posta elettronica. Anche stavolta il bottino era magro. L'unica notizia interessante arrivava da Olsen: gli comunicava che l'invasione di meduse nel Sudamerica e in Australia era evidentemente fuori controllo.

Non so se voi là fuori ricevete notizie, ma ieri notte è successo qualcosa. Le meduse si spostano in gruppi lungo la costa. I notiziari dicono che è come se stessero consapevolmente muovendosi verso le zone abitate dagli esseri umani. Una cosa priva di senso, ovvio. Ah, già: c'è stata un'altra collisione. Due portacontainer in Giappone. Inoltre continuano a sparire imbarcazioni, ma stavolta ci sono state richieste di aiuto. Le storie strane dalla British Columbia continuano a eccitare la stampa senza che si scopra nulla di concreto. Si potrebbe quasi credere alle voci che, tanto per cambiare, sarebbero le balene a cacciare gli uomini. Ma grazie a Dio non si può credere a tutto. Questo è tutto per il programma Buon umore da Trondheim. Non annegare.

«Grazie», ringhiò Johanson di cattivo umore.

Effettivamente ascoltavano raramente i notiziari. Sulle navi oceanografiche si viveva come in un buco spazio-temporale. La scusa ufficiale era che non si ascoltavano i notiziari perché c'era troppo da fare. In realtà, si voleva essere lasciati in pace da politica e guerra, almeno finché le onde continuavano a colpire lo scafo. Poi, però, dopo uno o due mesi sul mare, improvvisamente ci si sentiva come svanire e si provava nostalgia del proprio solido posto all'interno della civiltà, delle gerarchie, dell'hightech, dei cinema e dei McDonald's. E si sentiva la mancanza di un pavimento che non continuasse a dondolare.

Johanson non riusciva a concentrarsi. Continuava a vedere nella sua mente quello che aveva osservato ininterrottamente per due giorni sui monitor.

Vermi.

Ormai erano arrivati a una certezza: la scarpata continentale brulicava di vermi. Le superfici e le vene di metano ghiacciato erano sparite sotto milioni di corpi rosa sussultanti, che cercavano d'infilarsi nel ghiaccio: un'unica massa impazzita. Non era più un fenomeno localizzato. Era un'invasione a tappeto che si estendeva lungo tutta la costa norvegese.

Come se qualcuno li avesse stregati…

Qualcuno doveva aver osservato fenomeni simili.

Perché non lo abbandonava la sensazione che tra i vermi e le meduse ci fosse una relazione? Ma quale dimostrazione credibile avrebbe potuto dare?

Era una sciocchezza!

Una sciocchezza, già. Ma una sciocchezza che sembra l'inizio di qualcosa, pensò improvvisamente. Qualcosa su cui finora abbiamo potuto gettare solo uno sguardo fugace.

Quello era solo l'inizio.

Una sciocchezza ancora più grossa, si rimproverò.

Si stava collegando alla CNN per leggere qualcosa sulle notizie cui Olsen aveva accennato, quando Tina entrò e gli mise davanti una tazza di tè nero. Johanson la guardò e lei gli sorrise con aria da cospiratrice. Dopo la gita al lago, si comportava spesso così con lui.

Il profumo di Earl Grey si diffuse nell'aria.

«A bordo abbiamo simili raffinatezze?» chiese Johanson, meravigliato.

«A bordo non abbiamo nulla del genere», rispose Tina. «Una cosa del genere si porta se si sa che a bordo c'è una persona particolare.»

Johanson sollevò le sopracciglia. «Come sei premurosa. Che piacere vuoi, stavolta?»

«E se volessi solo un grazie?»

«Grazie.»

Tina diede uno sguardo al laptop. «Fai passi avanti?»

«Niente. Che ne è delle analisi degli ultimi campioni?»

«Non ne ho idea. Ero impegnata in cose più importanti.»

«Oh. C'è qualcosa di più importante?»

«Tenere la manina all'assistente di Hvistendahl.»

«E perché?»

«Dà da mangiare ai pesci», rispose Tina con una scrollata di spalle. «È carne fresca.»

Johanson scoppiò ridere. Tina usava il vocabolario dei marinai. Sulle navi oceanografiche s'incontravano due mondi: quello formato dall'equipaggio e quello costituito dagli scienziati. Si sfioravano con le migliori intenzioni, cercavano di assumere espressioni, stili di vita e manie l'uno dell'altro, si studiavano per un po' finché non si trovavano, per così dire, in acque sicure. Fino a quel momento regnava una rispettosa distanza, che si compensava con qualche battuta. «Carne fresca» era la definizione che i marinai davano dei novellini, per i quali, dopo aver lasciato la terraferma, la vita da marinaio diventava meno affidabile del contenuto del loro stomaco.

«La prima volta hai vomitato anche tu», notò Johanson.

«Tu no?»

«No.»

«Figurati.»

«Davvero, no.» Johanson alzò una mano come se volesse giurare. «Puoi vederlo tu stessa. Non soffro il mal di mare.»

«Okay, non soffri il mal di mare.» Tina estrasse un foglio e lo mise sul tavolo. C'era annotato un indirizzo web. «Dopo potrai andare immediatamente nel mar di Groenlandia. Un conoscente di Bohrmann è già là. Si chiama Bauer.»

«Lukas Bauer?»

«Lo conosci?»

Johanson annuì lentamente. «Ricordo un congresso alcuni anni fa a Oslo, durante il quale Bauer tenne una relazione. Credevo si occupasse di correnti marine.»

«È un costruttore. Costruisce tutto il possibile, dagli equipaggiamenti per gli abissi oceanici alle cisterne ad alta pressione. Bohrmann ha detto che ha collaborato all'invenzione del simulatore di abissi marini.»

«E Bauer è al largo della Groenlandia?»

«Da settimane», annuì Tina. «Hai ragione, il suo lavoro riguarda le correnti marine. Sta facendo dei rilievi. Un altro candidato per la tua ricerca sui vermi.»

Johanson prese il foglietto. Non aveva sentito parlare di quella spedizione. C'erano giacimenti di metano anche al largo della Groenlandia? «E come procede Skaugen?» chiese.

«Faticosamente.» Tina scosse la testa. «Non come vorrebbe. Gli hanno messo la museruola, se capisci cosa voglio dire.»

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