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«Progetto Sisifo», come lo chiamava John Ford.

Perlomeno Anawak non si poteva lamentare per la mancanza di tempo: la Davies Whaling Station era stata sollevata dalla responsabilità degli incidenti, ma era chiusa; solo le grandi navi percorrevano la zona costiera occidentale del Canada e del Nordamerica. Quello di Vancouver Island non era stato un incidente isolato; episodi simili erano avvenuti contemporaneamente da San Francisco fino all'Alaska. Nel corso della prima ondata di attacchi, oltre cento piccole navi e barche erano state affondate o gravemente danneggiate. Durante il fine settimana, il numero degli attacchi era drasticamente diminuito, ma solo perché nessuno osava uscire in mare se non su grandi traghetti o cargo. Continuavano a rincorrersi notizie contraddittorie e anche sul numero delle vittime c'erano informazioni poco affidabili. Diverse commissioni e unità di crisi internazionali avevano iniziato il loro lavoro, ma finora l'unica conseguenza era stata la presenza invasiva di velivoli. Ovunque lungo la costa crepitavano elicotteri, in cui stavano pigiati soldati, scienziati e politici che fissavano il mare con uno stato d'animo comune: la perplessità.

Seguendo la prassi di quegli staff, i dirigenti dei settori operativi del team governativo avevano coinvolto specialisti esterni. L'acquario di Vancouver, con Ford al vertice, fu adibito a centro per la raccolta dei dati rilevanti. Erano stati coinvolti praticamente tutti gli istituti e tutte le strutture di ricerca che si occupavano di vita marina. Per Ford era un peso opprimente, un compito di cui faticava a tracciare i contorni. Nel corso del tempo, erano stati elaborati scenari per ogni possibile avvenimento — dal terremoto del secolo all'attacco terroristico -, però non per un caso come quello. Ford non esitò a lungo e a sua volta propose come consulente Anawak, che, tra gli scienziati del Nordamerica e del Canada, meglio di tutti sapeva che cosa passava nella testa di una balena. Perché solo là poteva trovarsi la risposta: posto che le balene fossero animali intelligenti, si doveva pensare che fossero impazzite? E, in caso contrario, cos'era successo?

Ma neppure Anawak, in cui venivano riposte grandi speranze, conosceva la risposta. Aveva richiesto tutto il materiale telemetrico raccolto dall'inizio dell'anno sulla costa del Pacifico e, da ventiquattr'ore, lui e Alicia analizzavano le sequenze video, con l'aiuto dei collaboratori dell'acquario. Studiavano i dati relativi alle posizioni, ascoltavano i rumori registrati dagli idrofoni, ma senza arrivare a risultati utili. All'inizio della migrazione dalle Hawaii e dalla Bassa California fino all'Artico, nessuna delle balene portava strumenti telemetrici a parte due esemplari, i cui cronotachigrafi erano però caduti poco tempo dopo che essi avevano lasciato la California. Di fatto, le uniche conoscenze provenivano dal video della donna sul Blue Shark. L'avevano studiato più volte nella Davies Whaling Station insieme con gli altri skipper che sapevano riconoscere le pinne caudali delle balene. Dopo diverse proiezioni e ingrandimenti erano finalmente riusciti a riconoscere due megattere, una balena grigia e alcune orche.

Alicia aveva ragione. Il video era una traccia.

La rabbia di Anawak nei confronti della studentessa era svanita. Non stava mai zitta e parlava prima di pensare, ma, dietro i modi risoluti, c'era una mente brillante, con notevoli capacità analitiche. Inoltre Alicia aveva tempo. I suoi genitori vivevano nelle British Properties, il quartiere bene di Vancouver, avevano assicurato ad Alicia un'esistenza agiata, ma non si facevano mai vedere. Anawak si era convinto che cercassero di compensare l'eclatante mancanza d'interesse e di tempo per la figlia rifornendola di soldi, che peraltro sembravano non interessarle; tuttavia la mettevano in condizione di spendere senza problemi e di seguire la propria strada. In fondo, la situazione era perfetta: Alicia vedeva quell'insperata collaborazione come una possibilità di nutrire con la pratica i suoi studi di biologìa e Anawak, dopo la morte di Susan Stringer, aveva bisogno di un'assistente.

Susan…

Ogni volta che pensava alla skipper era preso dalla vergogna e dal senso di colpa per non essere riuscito a salvarla. Continuava a ripetersi che niente al mondo avrebbe potuto salvarla dopo che era stata afferrata dall'orca, ma era costantemente roso dal dubbio. Cosa sapeva davvero dei pensieri di un cetaceo, lui che aveva pubblicato saggi e trattati sull'autocoscienza delle focene? Come si convinceva un'orca a lasciare la sua vittima? Quali argomenti erano accessibili a una mente intelligente che funzionava diversamente da quella umana?

C'era davvero una possibilità?

Poi tornava a ripetersi che le orche erano animali. Molto intelligenti, certo, ma animali. E, per loro, una preda era una preda.

D'altra parte, gli esseri umani normalmente non rientravano tra le prede delle orche. Ma le orche avevano davvero mangiato i passeggeri finiti in acqua? O li avevano semplicemente uccisi?

Assassinati…

Si poteva accusare un'orca di omicidio?

Anawak sospirò. Girava a vuoto, gli occhi gli bruciavano sempre di più. Prese svogliatamente un altro CD, lo rigirò indeciso tra le mani e lo mise via. La sua concentrazione era esaurita. Aveva trascorso tutto il giorno all'acquario, aveva parlato ininterrottamente con diverse persone oppure telefonato senza riuscire a fare passi avanti. Si sentiva sfinito e vuoto. Spense il monitor e guardò l'orologio: le sette passate. Si alzò e andò a cercare John Ford. Il direttore era impegnato in una riunione, quindi cercò Alicia. La trovò seduta in una sala riunioni fuori uso, impegnata coi dati della telescrivente.

«Hai voglia di una bistecca di capodoglio?» chiese Anawak con un sorrisetto tirato.

Alicia sollevò la testa e ammiccò. Aveva sostituito gli occhiali blu con le lenti a contatto, che mantenevano comunque un sospetto colore blu. Se si riusciva a ignorare i denti da coniglio, non era brutta.

«Certo. Dove?»

«C'è un chiosco decente qui all'angolo.»

«Sciocchezze, un chiosco!» esclamò divertita. «T'invito io.»

«Non è necessario.»

«Da Cardero's.»

«Ah, santo cielo.»

«È un bel posto.»

«Lo so che è un bel posto. Ma, primo non mi devi invitare, e secondo trovo che il Cardero's sia… ma sì, come dire…»

«Io trovo che sia di classe.»

Il ristorante bar Cardero's si trovava nel mezzo del porto degli yacht, Coal Harbour. Era grande, arioso, col tetto alto e con ampie finestre. Un luogo alla moda. Si poteva godere di uno splendido panorama e di una cucina West Coast di notevole qualità. Nel bar limitrofo scorrevano generosamente drink che venivano trangugiati da giovani con abiti dal taglio perfetto. Anawak sapeva che i suoi jeans lisi e il pullover non sarebbero stati adatti… Inoltre nei locali alla moda lui si sentiva a disagio. Alicia invece era come… predestinata al Cardero's.

E Cardero's sia.

Andarono al porto con la vecchia Ford di Anawak ed ebbero fortuna. In genere, per trovare posto da Cardero's bisognava prenotare molto tempo prima, ma in un angolo c'era un tavolo libero, un po' in disparte, proprio come piaceva ad Anawak. Presero la specialità della casa: salmone con soia, zucchero e limone, grigliato su legno di cedro.

«Okay», disse Anawak non appena il cameriere si fu allontanato. «Che cosa abbiamo?»

«Per quanto mi riguarda, ho fame», esclamò Alicia. «Tutto il resto rimane un mistero.»

Anawak si massaggiò la fronte. «Forse ho trovato qualcosa. Mi ha aiutato il video di quella donna.»

«Il mio video.»

«Ma certo», borbottò Anawak con fare ironico. «Ti dobbiamo tutto.»

«Quantomeno mi dovete un'idea. Che cos'hai trovato?»

«Qualcosa da mettere in relazione coi cetacei non identificati. Mi sono accorto che all'attacco hanno partecipato solo le orche transienti. Nessuna delle stanziali.»

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