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Il taxista aggrottò la fronte, poi disse: «Sa qual è il problema? Che nessuno ci spiega queste cose».

«C'è su tutti i giornali», replicò Johanson.

«C'è sui giornali che legge lei, caro signore. Nessuno si sforza di spiegarlo a me.»

Johanson era tentato di rispondere. Invece si limitò ad annuire e chiuse la portiera. Il taxi voltò e sfrecciò via.

«Dottor Johanson!» gridò qualcuno. Da un edificio rotondo di vetro uscì un giovane abbronzato e venne verso di lui.

Johanson gli strinse la mano. «Gerhard Bohrmann?»

«No, Heiko Sahling, biologo. Il dottor Bohrmann arriverà con un quarto d'ora di ritardo, sta tenendo una lezione. Posso accompagnarla da lui, oppure magari andiamo a berci un caffè al bar.»

«Lei che cosa preferisce?»

«Per me è lo stesso. Molto interessanti i suoi vermi, sa?»

«Se ne è occupato lei?»

«Ce ne siamo occupati tutti. Venga, conserviamo il caffè per dopo. Gerhard finirà tra poco; intanto andiamo a sentire la sua lezione.»

Entrarono in un foyer molto elegante. Sahling lo condusse lungo una scalinata e sopra una passerella d'acciaio. Per essere un istituto scientifico, il Geomar somigliava fin troppo a un edificio che volesse vincere un premio architettonico, pensò Johanson.

«In genere le lezioni si tengono nell'auditorium», spiegò Sahling. «Ma oggi abbiamo in visita una scolaresca.»

«Lodevole.»

Sahling sorrise. «Per i quindicenni non c'è differenza tra un auditorium e un'aula. Allora abbiamo girato con loro per tutto l'istituto. Avevano il permesso di guardare ovunque e di toccare quasi tutto. Abbiamo tenuto il deposito delle rocce per ultimo. Lì Gerhard racconta loro la storia della buona notte.»

«Su che cosa?»

«Sugli idrati di metano», rispose Sahling. Aprì una porta a vetri. La passerella proseguiva anche oltre. Il deposito delle rocce era grande come la metà di un hangar. L'edificio era aperto verso il molo e Johanson fissò lo sguardo su una nave molto grande. Lungo le pareti erano accatastate casse e apparecchiature. «Qui vengono immagazzinati provvisoriamente i campioni», disse Sahling. «Prevalentemente sedimenti e campioni di acqua marina. Archiviamo la storia della Terra. Ne siamo particolarmente orgogliosi.» Sollevò una mano, facendo un cenno di saluto. Da sotto, un uomo molto alto rispose e tornò a dedicarsi al gruppo di adolescenti. Johanson si appoggiò al parapetto della passerella e lo ascoltò.

«… Uno dei momenti più eccitanti che abbiamo vissuto», stava dicendo il dottor Gerhard Bohrmann. «La benna, a circa ottocento metri di profondità, aveva scavato alcuni quintali di sedimenti infarciti di una sostanza bianca e aveva versato i frammenti sul piano di lavoro. Per essere precisi, solo quello che era arrivato in superficie.»

«Era nel Pacifico», mormorò Sahling. «Nel 1996, sulla Sonne, circa cinquanta miglia marine al largo dell'Oregon.»

«Dovevamo fare in fretta. L'idrato di metano è molto instabile e inaffidabile», proseguì Bohrmann. «Credo che non ne sappiate molto di queste cose, quindi cercherò di spiegarlo in modo che nessuno muoia di noia. Che succede negli abissi marini? Tra le altre cose, c'è del gas. Il metano biogeno, per esempio, si forma in milioni di anni, attraverso la decomposizione dei resti di animali e piante. Quando le alghe, il plancton e i pesci si decompongono, liberano una gran quantità di carbonio organico. Della decomposizione si occupano alcuni batteri. Negli abissi marini, ci sono temperature molto basse e una pressione straordinaria. Ogni dieci metri, la pressione dell'acqua aumenta di un bar. I sommozzatori in carne e ossa arrivano a cinquanta metri di profondità, massimo settanta. Ma è tutto lì. Il record d'immersione con aria compressa è di centoquaranta metri, ma è una cosa che sconsiglio vivamente. Simili tentativi in genere finiscono con la morte. E qui stiamo parlando di una profondità di cinquecento metri! Lì la fisica funziona a modo suo. Per esempio, se una grande concentrazione di metano sale dall'interno della Terra fino al fondale marino, laggiù succede una cosa straordinaria. Il gas si lega con l'acqua fredda degli abissi e diventa ghiaccio. Vi sarà capitato di leggere sul giornale il concetto di ghiaccio di metano. Non è del tutto corretto. Non è il metano a congelare, bensì l'acqua circostante. Le molecole dell'acqua si cristallizzano in minuscole strutture a gabbia, al cui interno si trova la molecola di metano. Comprimono il gas e lo costringono in uno spazio più ristretto.»

Uno studente alzò la mano, esitante.

«Hai una domanda?»

Il ragazzino nicchiò. «Cinquecento metri non è proprio profondo, vero?» disse infine.

Bohrmann lo osservò per alcuni secondi in silenzio, poi disse: «Non sei particolarmente impressionato, vero?»

«Sì, certo. Pensavo solo che… Jacques Picard è stato con un batiscafo nella fossa delle Marianne, ed è profonda undicimila metri. Voglio dire, quella sì, che è profonda. Perché quel ghiaccio non si trova anche laggiù?»

«Tanto di cappello… Hai studiato la storia dei viaggi umani negli abissi. E tu, cosa pensi?»

Il ragazzo rifletté un po', poi scrollò le spalle.

«Ma è chiaro», rispose una ragazza al suo posto. «Laggiù c'è pochissima vita. Dai mille metri di profondità viene decomposta poca materia, quindi c'è poco metano.»

«Lo sapevo», mormorò Johanson sul ponte. «Le donne sono più intelligenti.»

Bohrmann sorrise compiaciuto alla ragazza. «Giusto. Naturalmente ci sono delle eccezioni. E in effetti si trovano idrati di metano anche a grandi profondità, anche a tre chilometri… basta che si depositino sedimenti con un alto contenuto di materiale organico. Per esempio, in alcuni mari dello zoccolo continentale. Abbiamo cartografato concentrazioni di idrati anche in acque molto basse, dove la pressione non dovrebbe essere sufficiente. Ma se la temperatura è molto fredda, si arriva comunque alla formazione di idrati, per esempio sullo zoccolo continentale polare.» Tornò a rivolgersi a tutta la scolaresca. «Tuttavia i giacimenti principali si trovano sulle scarpate continentali, tra i cinquecento e i mille metri. Metano compresso. Poco tempo fa, abbiamo esaminato, al largo della costa nordamericana, una montagna sottomarina alta mezzo chilometro e lunga venticinque chilometri. È costituita per lo più di idrati di metano. Una parte è sotto, nella roccia, l'altra è sul fondale marino. Abbiamo scoperto che l'oceano ne è pieno. Ma sappiamo anche altro: le scarpate continentali sottomarine sono tenute insieme prevalentemente dagli idrati di metano! È come la malta. Se si togliessero di colpo tutti gli idrati, la scarpata continentale sarebbe bucherellata come un formaggio svizzero. Con la differenza che il formaggio mantiene la propria forma anche coi buchi. Le scarpate, invece, crollerebbero!»

Bohrmann aspettò qualche secondo perché le sue parole facessero effetto, quindi riprese: «Ma non è tutto. Come vi ho detto, gli idrati di metano sono stabili solo con un'elevata pressione associata a temperature basse. Ciò non vuol dire che tutto il metano è congelato: lo sono solo gli strati superiori. Perché, nell'interno della Terra, le temperature tornano a salire e in profondità, nei sedimenti, ci sono bolle di metano non congelato. Rimangono gassose. Ma, visto che gli strati superiori congelati sono come un coperchio, il gas non può uscire».

«Ho letto qualcosa su questo argomento», disse una ragazza. «I giapponesi stanno cercando di estrarlo, vero?»

Johanson era divertito. Ricordava i suoi anni di scuola. In ogni classe c'era sempre uno studente eccezionalmente preparato che sapeva già la metà di quello che avrebbe dovuto imparare. Pensò che quella ragazza non fosse particolarmente benvoluta dai compagni.

«Non solo i giapponesi», rispose Bohrmann. «Tutto il mondo vorrebbe estrarlo. Ma è molto difficile. Quando portiamo in superficie i frammenti di idrati anche solo da ottocento metri di profondità, le bolle di gas si staccano dai detriti già a metà strada. Quello che riusciamo a portare in superficie non è poco, tuttavia è solo una parte di quello che abbiamo estratto. Ho detto che gli idrati di metano diventano subito instabili. Se a cinquecento metri di profondità la temperatura dell'acqua si alzasse di un solo grado, gli idrati potrebbero diventare instabili di colpo, così li potremmo prendere e infilarli subito in una cisterna con l'azoto liquido, dove rimarrebbero stabili. Ma venite un po' qua.»

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