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Sarai testimone di come la Terra crea se stessa.

La tua strada ti conduce lungo la dorsale medioatlantica, una di quelle alte dorsali che attraversano tutto l'oceano nel senso della lunghezza. Grande come tutti i continenti messi insieme, lunga sessantamila chilometri, coronata da file e file di vulcani attivi e spenti. I dorsi si sollevano di oltre tremila metri dal fondo marino, sopra hanno quasi altrettanta acqua e dividono la Terra. Dove il loro asse si divarica, il magma dei serbatoi sottomarini fuoriesce in superficie ma, anziché evaporare in esplosioni, la roccia fusa, sotto l'effetto della forte pressione dell'acqua fredda, sgorga in lente colate. Esse scivolano lungo i fianchi della dorsale oceanica e si sospingono a vicenda con la testardaggine di grassi bambini impertinenti: fondale marino appena nato, che deve ancora trovare la sua forma. Con una lentezza infinita, i pendii vanno alla deriva. Il terreno dove la lava rosa s'insinua nel nero degli abissi è caldissimo. Terremoti scuotono il cratere da cui essa cola. Più all'esterno, i pendii si raffreddano. La roccia vecchia forma la topografia, con una distanza sempre maggiore dalla dorsale, diventando sempre più antica, fredda e impenetrabile, finché il terreno antico, freddo e pesante non cade nell'infinità abissale che, punteggiata da montagne e coperta da strati di sedimenti, veri e propri nastri trasportatori delle epoche passate, si muove verso l'America occidentale e verso est in direzione dell'Europa e dell'Africa, finché un giorno scivolerà sotto le masse continentali, sprofonderà nel mantello e si scioglierà nel forno dell'astenosfera, che milioni di anni dopo la rispedirà nei crateri delle dorsali oceaniche sotto forma di magma rovente.

Che sistema circolatorio! Il fondale marino si muove intorno alla sfera terrestre, spaccato dalla pressione della Terra e trascinato dal peso delle placche terrestri che s'immergono. Un continuo schiacciare, tirare, trascinare: doglie neolitiche e cerimoniale funebre che formano il volto della Terra. L'Africa si unirà all'Europa. Di nuovo unite! I continenti si spostano. Ma non si muovono come rompighiaccio attraverso la dura crosta terrestre; sono trascinati passivamente su di essa, da quando Rodinia, il primo di tutti i continenti primordiali, si è spezzato, nel Precambriano. I frammenti dell'antico continente tendono sempre l'uno verso l'altro, si ritrovano in Gondwana e infine in Pangea e poi si dividono di nuovo, una famiglia dispersa, col ricordo vecchio di centosessantacinque milioni di anni di un'unica massa terrestre unita, circondata da un unico oceano, legata alla velocità di scorrimento del denso mantello roccioso, condannata a ricercarsi continuamente su una sfera.

Tu sei una particella.

Tu vivi solo un attimo di tutto ciò. Mentre il fondale atlantico scivola di cinque centimetri, per te è già passato un anno. In questo viaggio, tu vedi la vita senza sole. La lava si raffredda velocemente, formando faglie e fenditure. L'acqua marina penetra nel fondale poroso. Scende a chilometri di profondità fin nelle immediate vicinanze dei caldissimi serbatoi magmatici, nelle viscere della Terra, ritorna indietro, satura di calore che dona la vita e di minerali, colorata di nero dai solfuri, e schizza fuori in formazioni a camino alte come una casa, caldissima ma senza bollire. A simili profondità, l'acqua a trecentocinquanta gradi di temperatura non bolle, ma scorre fuori e diffonde la sua ricchezza di nutrimento nelle immediate vicinanze, un'offerta cento volte maggiore di quella delle acque circostanti. In questo viaggio nell'universo sconosciuto, hai raggiunto i primi avamposti di comunità aliene di esseri viventi che non hanno bisogno della luce del sole. Intorno alle fumarole nere s'insediano vermi lunghi vari metri e intrecciati tra loro, mitili della lunghezza di un braccio, eserciti di granchi bianchi e ciechi, di pesci, ma soprattutto di batteri. Esseri autosufficienti, come le piante verdi che si nutrono di luce solare e da cui si crede dipenda tutta la vita. Ma questi batteri non hanno bisogno del sole. Essi ossidano l'acido solfidrico. La loro fonte vitale è l'interno della Terra. In prati estesi, coprono il terreno della comunità di vita delle fumarole nere, vivendo in simbiosi coi vermi, coi mitili e con alcuni granchi mentre, a loro volta, altri granchi e pesci vivono di mitili e vermi, senza che ci sia a disposizione un solo raggio di sole.

Forse le prime forme di vita di questo pianeta non provengono dalla superficie, Karen, ma da qui, dagli abissi senza luce. Col tuo viaggio negli abissi atlantici, tu vedi il vero giardino dell'Eden. Certamente gli yrr sono la più antica delle due specie intelligenti, una delle quali ha ereditato la terraferma, perdendo così la sua culla.

Immagina che gli yrr siano la specie prediletta.

La specie divina.

Controllo del sistema.

Karen richiama i suoi pensieri ormai arrivati fino all'Africa e ridotti a particelle. Deve concentrarsi sul presente. Potrebbe essere in viaggio da cento anni. All'esterno, scorrono a una certa distanza luci spettrali, ma non sono gli yrr, bensì banchi di gamberetti luminosi. Non si riesce a riconoscerli con precisione. Forse sono piccole seppie o qualcosa di completamente diverso.

Duemilacinquecento metri.

Ancora circa mille metri al fondale. Intorno a lei non sembra esserci altro che acqua, ma d'un tratto il sonar comincia a suonare freneticamente. Le dice che si sta avvicinando qualcosa di massiccio. Deve essere di dimensioni enormi e si sta avvicinando proprio a lei. Una superficie impenetrabile che sprofonda sopra di lei. Karen sente la paura latente trasformarsi in panico. Mentre quella cosa gigantesca si avvicina, lei fa una virata di centottanta gradi. I microfoni esterni portano nel Deepflight un frastuono che non ha nulla di terrestre e diventa sempre più alto, qualcosa tra un ruggito e un gemito. Karen è tentata di scappare, ma poi la curiosità ha la meglio. È abbastanza distante da quel qualcosa sconosciuto e non sembra che l'essere la stia inseguendo.

Ammesso che sia un essere.

Con una seconda virata, scivola a velocità ridotta verso di lui. Ora è alla sua altezza, proprio davanti. Il Deepflight vibra nelle turbolenze.

Turbolenze?

Che può essere? È così grande! Una balena? Ma ha le dimensioni di dieci balene. O di cento. O più ancora.

Accende i proiettori.

Nello stesso istante, si rende conto di essersi avvicinata alla cosa più del previsto. La vede ai margini del cono di luce. Per un momento, Karen è troppo sbalordita per determinare genere e origine della piatta superficie che sta transitando davanti a lei finché nei proiettori non appare qualcosa di chiaro. Linee dritte e curve lunghe metri, che le risultano spaventosamente note, e formano un nome:

USS Inde…

Lo shock la fa gridare.

L'urlo risuona senza riverbero e la riporta alla consapevolezza di essere incapsulata nel suo tubo, sola. E ora che vede la nave affondare davanti ai suoi occhi è ancora più sola. I suoi pensieri corrono a Leon, a Sigur, a Samantha, a Murray, agli altri.

Leon!

Continua a fissare, sbalordita.

Per un attimo compare il bordo del ponte di volo, poi sparisce. Il resto rimane nascosto nel buio. Si vedono solo danzare le bolle dell'aria che esce.

Subito dopo, un vortice trascina con sé il Deepflight.

No!

Karen cerca febbrilmente di stabilizzare il batiscafo. Maledetta curiosità! Perché non ha saputo aspettare a distanza di sicurezza? I sistemi indicano che non c'è neppure una cosa in ordine. Karen cerca di risalire, spingendo il batiscafo alla massima velocità. Il Deepflight lotta e barcolla, seguendo l'Independence nella fossa, poi finalmente rivela la genialità del suo progetto, riesce a sfuggire al vortice e risale velocemente.

Da un secondo all'altro, tutto torna come se nulla fosse accaduto.

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