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«Perché proprio in quei punti?» chiese Anawak.

«Perché penso siano i punti in cui fatica meno a entrare.»

«Allora iniettala anche sotto le unghie, senza dimenticare quelle dei piedi. Ovunque. Più ce n'è, meglio è.»

Il ponte a pozzo era deserto; il personale tecnico era probabilmente fuggito. Karen aveva tolto in fretta a Rubin tutti i vestiti tranne le mutande, mentre Johanson e Anawak riempivano le siringhe con l'estratto di feromoni. Se n'era rotta una sola. Rubin era coricato sulla sponda artificiale. L'acqua era salita solo di qualche centimetro, ma continuava a crescere. Con grande cautela, avevano tolto i pezzi di gelatina sotto cui era sparita una parte della testa di Rubin e li avevano gettati in un luogo asciutto. Dalle orecchie gli usciva ancora qualche frammento. Anawak lo tirò via.

«Potete anche iniettargliela nel didietro», disse Johanson. «Ne abbiamo in abbondanza.»

«Credi che funzionerà?» chiese Karen dubbiosa.

«Quel poco di yrr che è rimasto nel suo corpo non può essere in grado di produrre tanto feromone quanto quello che gli iniettiamo noi. Se ci cascheranno, penseranno che l'ha prodotto lui.» Johanson si mise in ginocchio. Allungò verso di loro una mano con Le siringhe piene. «Chi si offre?»

Karen sentì salire il disgusto.

«Non accapigliatevi, eh?» esclamò Johanson. «Leon?»

Alla fine lo fecero insieme. Il più velocemente possibile, iniettarono a Rubin la soluzione di feromone, finché non arrivò a contenerne quasi due litri. Probabilmente una metà sarebbe uscita.

«L'acqua è salita», osservò Anawak.

Karen rimase in ascolto. Si sentivano gemiti e stridii in tutta la nave. «Fa anche più caldo.»

«Sì, perché sta bruciando il ponte di coperta.»

«Forza.» Karen prese Rubin sotto le ascelle e lo sollevò. «Portiamo a termine questo lavoro prima che arrivi Judith.»

«Judith? Pensavo che Peak l'avesse messa fuori gioco», esclamò Johanson.

Anawak gli lanciò uno sguardo mentre trascinavano il cadavere di Rubin nel ponte a pozzo. «Lo credi davvero? Eppure la conosci. Non è una che si fa mettere fuori gioco così facilmente.»

Livello 3

Judith era fuori di sé.

Continuava a correre nel corridoio e a guardare nelle porte aperte. Quel maledetto tubo doveva essere da qualche parte! Era lei, che non cercava bene. Di certo l'aveva proprio sotto il naso.

Cerca, stupida bestia, si diceva. Sei troppo stupida per trovare un tubo. Stupida bestia. Vecchia rimbambita!

D'un tratto le mancò il pavimento sotto i piedi. Barcollò e si aggrappò a qualcosa. Erano saltate altre paratie. Il corridoio s'inclinava sempre più. Probabilmente l'Independence era ormai così piegata che le prime onde stavano già lambendo il bordo del ponte di volo verso prua.

Non poteva durare ancora a lungo.

Di colpo vide il tubo.

Era rotolato dentro un passaggio aperto. Judith Li lanciò un grido di trionfo. Corse verso il tubo, lo afferrò e corse lungo il corridoio verso la scaletta di boccaporto. Il cadavere di Peak era proprio lì in mezzo. Spinse via il corpo pesante e scese la scala. Per gli ultimi due metri saltò e si tenne stretta alla ringhiera per non cadere lunga distesa. E là c'era il secondo tubo.

Adesso era davvero euforica. Il resto sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma, quando riprese a correre, si dovette ricredere: alcune delle scalette di boccaporto erano bloccate da diversi oggetti. Per liberarle ci sarebbe voluto troppo tempo.

Come si usciva da lì?

Doveva tornare indietro. Doveva risalire, arrivare al ponte dell'hangar e prendere la rampa.

Cominciò a salire velocemente coi due siluri, stretti a sé come se fossero il suo tesoro più prezioso.

Anawak

Rubin era pesante. Dopo essersi infilati le tute di neoprene — Johanson ansimando e gemendo -, unirono le forze e lo trascinarono lungo il molo di destra. Dal ponte si vedeva una scena assurda. I moli si sollevavano da tutte e due le parti, come trampolini da sci. Il fondo era visibile nel punto in cui toccava la paratia di poppa. Una gran parte dell'acqua del bacino aveva sollevato i quattro zodiac ormeggiati ed era. rifluita nel corridoio del laboratorio. Anawak sentiva i gemiti dell'acciaio e si chiedeva per quanto tempo la struttura avrebbe retto quel carico.

I tre batiscafi erano appesi obliquamente sopra il bacino. Il Deepflight 2 era stato spostato al posto del Deepflight 1, andato perso. Gli altri due batiscafi erano stati aperti.

«Con quale vuole scendere Judith?» chiese Anawak.

«Col Deepflight 3», rispose Karen.

Osservarono le funzioni del quadro di controllo e provarono a schiacciare diversi pulsanti. Non accadde nulla.

«Deve funzionare.» Lo sguardo di Anawak si spostava sulla console. «Roscovitz ha detto che il ponte a pozzo dispone di un circuito elettrico autonomo.» Si chinò ancora di più sul quadro di controllo e lesse con attenzione le scritte. «Eccolo. Questo è il tasto per farlo scendere. Bene, voglio il Deepflight 3. Così Judith Li non potrà prenderlo in caso riesca ad arrivare qui.»

Karen mise in funzione l'impianto di sollevamento, ma, invece del batiscafo di mezzo, si abbassò quello davanti.

«Non puoi far calare il Deepflight 3…?»

«Probabilmente c'è un sistema, ma io non lo conosco. Per quello che ne so, scendono l'uno dopo l'altro.»

«Non importa», la interruppe Johanson nervosamente. «Non abbiamo tempo da perdere. Prendi il Deepflight 2

Attesero finché il batiscafo non scese all'altezza del molo. Karen ci saltò sopra e aprì le coperture delle due cabine a forma di tubo. Il corpo di Rubin sembrava incredibilmente pesante quando lo tirarono a bordo. In effetti era appesantito dall'umidità e dalla sostanza che gli avevano iniettato. La testa ciondolava da una parte all'altra e gli occhi acquosi fissavano il nulla. Tirarono e spinsero insieme, finché Rubin non finì nella cabina tubolare del copilota.

Era arrivato il momento.

Il suo sogno dell'iceberg. Sapeva che prima o poi sarebbe finito là sotto. L'iceberg si sarebbe sciolto e lui sarebbe sprofondato sul fondo dell'oceano sconosciuto…

Per incontrare chi?

Karen Weaver

«No, Leon, tu non vai.»

Anawak sollevò sorpreso la testa. «Che vorresti dire?»

«Quello che ho detto.» Uno dei piedi di Rubin era ancora fuori. Karen lo colpì con un calcio. Trovava terribile dover trattare un morto in quel modo, anche se Rubin era stato un traditore. Ma la pietà era un sentimento che non si poteva permettere. «Scenderò io.»

«Come? Perché questa decisione improvvisa?»

«Perché è giusto così.»

«No, per niente.» La afferrò per le spalle. «Karen, potrebbe andare malissimo. Questo…»

«So bene come può andare a finire», mormorò. «Nessuno di noi ha grandi possibilità di salvarsi, ma le vostre sono maggiori. Prendete gli altri batiscafi e auguratemi buona fortuna, okay?»

«Karen! Perché?»

«Vuoi assolutamente saperlo, vero?»

Anawak la fissò.

«Vorrei far gentilmente notare che stiamo perdendo tempo», sbuffò Johanson. «Perché non state qui voi due e vado io?»

«No.» Karen continuava a fissare Anawak. «Leon, lo sai che ho ragione. Un Deepflight lo guido con la mano sinistra, sono più brava di voi. Sono stata con l'Alvin sulla dorsale medioatlantica, a migliaia di metri di profondità. Sono quella che conosce meglio i batiscafi e…»

«È una follia», esclamò Anawak. «So guidare questa cosa bene quanto te.»

«… inoltre quello laggiù è il mio mondo. Il profondo mare blu, Leon. Fin da quand'ero piccola. Dal mio decimo anno di vita.»

Anawak aprì la bocca per ribattere. Karen gli posò l'indice sulle labbra e scosse la testa. «Vado io.»

«Vai tu», sussurrò lui.

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