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Per un momento regnò un silenzio sbigottito. Si vedeva chiaramente che la maggior parte dei presenti stava ripensando agli avvenimenti avvenuti nel ponte a pozzo. Infine Judith Li disse: «Ci faccia un esempio dei problemi risolti».

Anawak annuì. «Allora, io sono un insieme yrr, chiaro? Un'intera scarpata continentale è attaccata da vermi che io ho allevato, ho riempito di batteri e ho portato là in modo che gli idrati di metano si destabilizzino su tutto il fronte. Il mio problema è che i vermi e i batteri possono fare una gran quantità di lavoro, ma, per ottenere il grande smottamento, ho bisogno di un colpo decisivo.»

«Vero», disse Johanson. «È una bella gatta da pelare. Vermi e batteri fanno il lavoro preliminare, però manca ancora qualcosa per trasformarlo in una catastrofe.»

«Manca un leggero abbassamento del livello del mare che diminuirebbe la pressione sugli idrati, oppure un riscaldamento dell'acqua, giusto?»

«Sì.»

«Di un grado?»

«Dovrebbe bastare. Ma diciamo due.»

«Bene. Ci siamo fatti furbi. Davanti alla scarpata continentale norvegese c'è il vulcano di fango Håkon-Mosby. I vulcani di fango non eruttano lava, ma trasportano gas, acqua e sedimenti dall'interno della Terra fino al fondale marino. L'acqua al di sopra dei vulcani di fango non è bollente, ma è comunque più calda che negli altri punti. Quindi mi riunisco a formare un grande insieme. Un insieme molto grande. Mi do la forma di un tubo con le estremità aperte e, dato che voglio diventare un tubo grande, limito lo spessore delle mie pareti esterne a poche cellule. Per riuscirci, ho pur sempre bisogno di una notevole quantità di me stesso, di molti miliardi di cellule, però io sono talmente sottile che riesco a stendermi per molti chilometri. La mia circonferenza corrisponde a quella del cratere centrale, circa cinquecento metri. Prendo l'acqua calda del vulcano di fango al mio interno e la porto, come se fossi una gigantesca tubatura, là dove vermi e batteri hanno fatto il lavoro preliminare. E così ho la mia soliflussione. Nello stesso modo, potrei riscaldare anche l'acqua della Groenlandia o le calotte polari, cosa che porterebbe allo scioglimento dei ghiacciai e al blocco della Corrente del Golfo.»

«Se questo è ciò che possono fare gli yrr del suo computer, cosa possono fare gli yrr reali?» mormorò Peak, sbalordito.

Karen fece una smorfia e lo guardò. «Credo qualcosa in più.»

Nuotare

Karen sentiva una tensione interiore, ma anche il suo corpo era rigido. Non appena ebbero lasciato la sala riunioni, chiese ad Anawak se aveva voglia di fare qualche vasca in piscina. Le sue spalle erano un unico blocco dolente. E capitava proprio a lei, che era abituata a fare ogni tipo di sport, anche i più estremi.

Forse è proprio questo il tuo problema, pensò. Forse dovresti praticare uno sport che non sia estremo.

Anawak la accompagnò. Andarono a prendere i costumi da bagno nelle rispettive cabine, indossarono l'accappatoio e si ritrovarono lungo la strada per la piscina. Karen avrebbe voluto prenderlo per mano — anzi, in quel momento, avrebbe fatto volentieri ben altro con lui -, ma non sapeva come s'iniziava una cosa del genere senza fare la figura dell'idiota. Prima della trasformazione radicale della sua vita, non si era mai fatta simili problemi, ma quello che era successo allora non aveva niente a che fare con l'amore. Si sentiva timida, bloccata. Come si flirtava? Com'era possibile andare a letto insieme quando il giorno precedente erano morte delle persone e il mondo stava precipitando nel baratro?

Si poteva essere così sciocchi?

Sull'Independence, l'area riservata alla piscina era enorme e sorprendentemente confortevole per una nave da guerra; la piscina stessa aveva le dimensioni di un laghetto. Quando si tolse l'accappatoio, Karen sentì sulla schiena lo sguardo di Anawak e comprese che era la prima volta che lui la vedeva così. Il costume da bagno era molto ridotto e profondamente scollato sulla schiena. Inoltre di certo lui aveva notato il tatuaggio.

Imbarazzata, si avvicinò al bordo della piscina, si diede una spinta e fece un tuffo elegante. Si muoveva appena sotto la superficie, con le braccia tese in avanti, e sentì Anawak che la seguiva. Forse succederà qui, pensò. Sentì lo stomaco serrarsi. Sospesa tra la speranza e il timore, iniziò a battere i piedi e a nuotare più velocemente.

Fifona! Perché no?

Immergersi e fare l'amore. Sott'acqua.

Fondersi…

Improvvisamente le venne un idea.

Era ridicolmente semplice e purtroppo anche piuttosto crudele. Se avesse funzionato, però, sarebbe stata davvero brillante. Poteva portare al ritiro pacifico degli yrr o quantomeno spingerli a ripensare alle loro azioni.

Ma era davvero un'idea brillante?

Toccò con le dita le mattonelle delle pareti. Riemerse e si tolse l'acqua dagli occhi. Un attimo dopo, quel pensiero le sembrò soltanto volgare. Poi dispiegò nuovamente il suo fascino ammaliante. A ogni metro che Anawak percorreva, nuotando verso di lei, diventava sempre più indecisa. E quando lui fu quasi vicino a lei, l'idea le sembrò ripugnante.

Doveva dormirci sopra.

Improvvisamente Anawak le fu molto vicino.

Karen si schiacciò contro il bordo della piscina. La sua cassa toracica si alzava e abbassava. Il suo cuore batteva come allora, quand'era rimasta sospesa nell'acqua del canale… Quella sensazione di vertigine e il martellio violento del cuore che sembrava dire: «Ora… ora… ora».

Si sentì sfiorare all'altezza della vita e aprì le labbra.

Paura!

Di' qualcosa, pensò. Bisogna parlare di qualcosa, di qualsiasi argomento.

«Sembra che Sigur stia meglio.» Le parole le uscirono come se lei stesse sputando un rospo.

Negli occhi di Anawak comparve un'ombra di delusione. Si allontano un po' da lei, si strizzò i capelli bagnati e sorrise. «Sì, uno strano incidente.»

Maledetta stupida, sei completamente idiota! «Ma ha un problema.» Appoggiò i gomiti al bordo e si sollevò. «Tienilo per te. Non deve assolutamente sapere che ne parlo. Voglio solo sentire il tuo parere.»

Sigur avrebbe un problema? Sei tu ad avere un problema! Idiota! Idiota!!!

«Quale problema?» chiese Anawak.

«Ha visto qualcosa. O, meglio, dice di aver visto qualcosa. Per come la racconta, io gli credo, ma allora la questione sarebbe di tale importanza che… Ascoltami.»

Sala di controllo

Seduta davanti al monitor, Judith Li stava ascoltando Karen Weaver che raccontava ad Anawak i dubbi di Johanson. Che bella coppia, pensò, divertita.

Il contenuto della conversazione la divertiva meno. Quell'idiota di Rubin aveva messo a rischio l'intera missione. Potevano soltanto sperare che Johanson non ricordasse quello che la droga avrebbe dovuto eliminare dalle sue circonvoluzioni cerebrali. Ora della questione si occupavano anche Karen Weaver e Leon Anawak!

Perché vi occupate di questa faccenda, bambini miei? pensò. Le stupide favolette dello zio Johanson! Perché non andate a letto insieme? Lo vedrebbe pure un cieco che non aspettate altro. Però non sapete come agire. Judith sospirò. Da quando la Marina aveva ammesso le donne, aveva osservato innumerevoli volte quel tipo di approccio impacciato. Ogni volta era così evidente! Monotono e banale. A un certo punto, tutti volevano andare a letto insieme. A quei due nella piscina non veniva in mente niente di meglio da fare che rompersi la testa su Johanson?

«Dobbiamo abituarci all'idea che Rubin dovrà saltare», disse a Vanderbilt.

L'uomo della CIA se ne stava in piedi alle sue spalle, con in mano una tazza di caffè. Erano soli. Peak si trovava nel ponte a pozzo per portare a termine le operazioni di sgombero e per controllare le condizioni dell'equipaggiamento per le immersioni.

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