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Rubin si morse le labbra.

«Lei è stato semplicemente troppo pigro per prendere la strada dall'interno della nave, il punto è questo.»

«Come può dire una cosa simile?»

«È la verità.» Judith Li superò il tavolo e si sedette sul bordo. Lo guardava con aria indulgente, quasi amichevole. «Lei ha detto agli altri che andava a prendere un po' d'aria.»

Rubin si afflosciò sulla sedia. Ovvio che l'aveva detto. E ovviamente i sistemi di sorveglianza l'avevano registrato.

«E più tardi è tornato a prendere un po' d'aria.»

«Sembrava che sul ponte non ci fosse nessuno», si difese lui. «E la vostra gente non ha comunicato nulla in contrario.»

«Ma come, Mick? La sorveglianza non ha detto nulla perché lei non ha fatto nessuna richiesta. Lei ha l'obbligo di chiedere il permesso ogni volta che vuole aprire la paratia. Quelli non potevano comunicarle nulla.»

«Mi dispiace», disse Rubin.

«Per essere onesti, ammetterò che pure qui non tutto ha funzionato secondo i piani. Ci è sfuggita la seconda passeggiata di Johanson sul ponte dell'hangar. Inoltre, preparando la missione, abbiamo commesso l'errore di non installare un sistema di ascolto senza buchi. Per esempio, non sappiamo che cosa si siano detti Sue Oliviera e Sigur Johanson quando hanno fatto il loro piccolo party sul ponte dell'hangar, e purtroppo non abbiamo potuto sentire neppure la conversazione sulla rampa. Ma questo non cambia il fatto che lei si sia comportato da stupido.»

«Prometto che non succederà più…»

«Lei è un rischio per la sicurezza, Mick. Un imbecille senza cervello. E anche se non sempre la penso come Jack, stia sicuro che lo aiuterò a gettarla in mare, se si dovesse ripetere una cosa del genere. Mi procurerò un paio di squali e me ne starò a guardare con soddisfazione mentre le strappano il cuore. Ha capito? Io la ucciderò.» Gli occhi acquamarina splendevano nel volto di Judith Li e avevano un'aria amichevole, ma Rubin sospettava che quella donna non avrebbe esitato un attimo a tradurre in realtà le sue minacce.

Aveva paura di lei.

«Vedo che ha capito.» Judith Li gli diede una pacca sulle spalle e tornò dagli altri. «Bene. Contenimento dei danni. La droga fa effetto?»

«A Johanson ne abbiamo iniettati dieci millilitri», rispose Peak. «Una dose maggiore l'avrebbe messo fuori combattimento e non ce lo possiamo permettere. Quella sostanza nel cervello funziona come una gomma per cancellare, ma non c'è garanzia che non ricordi nulla.»

«Quant'è elevato il rischio?»

«Difficile dirlo. Una parola, un colore, un odore… Se il cervello trova un punto di collegamento è in grado di ricostruire tutto.»

«Il rischio è molto elevato», ringhiò Vanderbilt. «Fino a oggi non siamo riusciti a trovare una droga che possa eliminare completamente i ricordi. Sappiamo troppo poco del sistema di funzionamento del cervello.»

«Quindi dovremo tenerlo sotto sorveglianza», disse Judith Li. «Che ne pensa, Mick? Per quanto crede che dipenderemo ancora da Johanson?»

«Oh, siamo molto avanti», esclamò Rubin in tono concitato. Lì poteva recuperare terreno. «Karen Weaver e Leon Anawak hanno avuto l'idea di una fusione feromonica. Anche Sue Oliviera e Sigur Johanson sono arrivati alla conclusione che possa dipendere dall'odore. Oggi pomeriggio faremo dei test di fase per ottenere la conferma. Se è vero che la fusione avviene in seguito a un odore, allora avremo un punto di partenza che ci dovrebbe portare velocemente alla meta desiderata.»

«Nel caso, se, forse, potrebbe…» sbuffò Vanderbilt. «Quando avrà quel maledetto strumento?»

«Questo è lavoro di ricerca, Jack», disse Rubin. «Nessuno si è seduto in grembo ad Alexander Fleming per chiedergli di quanto tempo aveva ancora bisogno per scoprire la penicillina.»

Vanderbilt stava per ribattere, quando una donna si alzò dalla console e venne verso di loro. «Al CIC hanno decifrato il segnale», disse.

«Scratch?»

«Così pare. Samantha Crowe ha detto a Shankar che lo ha decifrato.»

Judith Li guardò la console su cui arrivavano le immagini e le conversazioni del CIC. Dalla prospettiva di una telecamera nascosta, si vedevano Shankar, Samantha e Anawak intenti in una conversazione.

«Quindi tra poco riceveremo la notizia», disse. «Va bene. Allora, signori, mostriamo la dovuta sorpresa.»

Combat Information Center

Tutti si accalcavano intorno a Samantha e a Shankar per vedere la risposta. Non più in forma di spettrogramma, ma come rielaborazione visiva del segnale ricevuto il giorno precedente.

«È una risposta?» chiese Judith Li.

«Bella domanda», disse Samantha.

«Che cos'è scratch?» chiese Greywolf, appena arrivato con Alicia al seguito. «Una lingua?»

«Scratch forse sì, ma non di certo la forma in cui è codificato in questo caso», spiegò Shankar. «All'incirca è come il messaggio di Arecibo. Gli uomini sulla Terra non conversano col sistema binario. In fondo, non siamo stati noi a mandare un messaggio nello spazio, ma i nostri computer.»

«Quello che siamo riusciti a scoprire è la struttura di scratch e perché ha lo stesso suono di una puntina trascinata su un disco», intervenne Samantha. «Si tratta di uno staccato nella zona delle basse frequenze, adatto per attraversare tutto l'oceano. Le onde a bassa frequenza possono raggiungere le distanze maggiori. Uno staccato velocissimo. Il problema con gli infrasuoni è che per rendere udibili i rumori al di sotto dei cento hertz dobbiamo accelerarli di molte volte e così aumentiamo ancora di più la velocità dello staccato. La chiave per la comprensione consiste tuttavia nel rallentamento.»

«Abbiamo dovuto dilatarlo per poter dividere le singole unità», disse Shankar. «Così lo abbiamo rallentato finché è diventato una serie di singoli impulsi di diversa intensità e lunghezza.»

«Quasi come un alfabeto Morse», disse Karen.

«Pare che funzioni in maniera analoga.»

«E come viene rappresentato?» chiese Judith Li. «Con uno spettrogramma?»

«In parte. Ma non è sufficiente. Visto che si tratta di sentire, allora la cosa migliore è ascoltare realmente qualcosa. Così siamo ricorsi a un trucco simile a quello usato nella rappresentazione delle immagini dei satelliti, quando le riprese radar vengono rese visibili colorandole artificialmente. In questo caso, trasportiamo ogni segnale in base alla sua lunghezza e alla sua intensità su una frequenza che possiamo udire. Teniamo conto anche delle originali altezze delle frequenze. Così abbiamo fatto con scratch.» Samantha diede alcuni comandi con la tastiera. «Quello che abbiamo ottenuto suona così.»

Il suono sembrava quello di un tamburo picchiato sott'acqua. Una sequenza veloce, quasi troppo per poterla seguire completamente, ma indubbiamente composta da impulsi di differente lunghezza e intensità.

«In effetti, sembra un codice», borbottò Anawak. «Che vuol dire?»

«Non lo sappiamo.»

«Non lo sapete?» le fece eco Vanderbilt. «Pensavo che l'aveste decifrato.»

«Non sappiamo che lingua sia», spiegò Samantha in tono paziente. «Non sappiamo se è parlata normalmente. Non abbiamo la minima idea di cosa significhi il segnale scratch ricevuto negli ultimi anni. Ma questo non ha importanza.» Soffiò il fumo dalle narici. «Abbiamo di meglio: un contatto. Murray, mostri loro la prima parte.»

Shankar cliccò su un'icona del computer. Lo schermo si riempì di serie infinite di numeri. Intere colonne erano identiche. «Se ricordate, abbiamo spedito laggiù alcune 'verifiche di matematica'», disse. «Come un test d'intelligenza. Si trattava di completare serie di decimali, di risolvere logaritmi e di aggiungere elementi mancanti. Nella migliore delle ipotesi, ci siamo immaginati che quelli laggiù l'avrebbero trovato divertente e ci avrebbero spedito la risposta, in modo da segnalarci: 'Vi abbiamo sentito, siamo qui, conosciamo la matematica e siamo in grado di maneggiarla'.» Mostrò una serie di numeri. «Questi sono i risultati. Voto: dieci e lode. Hanno risolto perfettamente gli esercizi.»

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