«Hai scopato proprio davanti al faro?»
«Non dire idiozie! Più in basso. Là, dove stanno andando quei due. È un posto conosciuto per quello. Tutte le sere c'è in programma una bella sdraiata.»
«Forse riusciremo a vedere qualcosa.»
Cody spostò il telescopio in modo da precedere i due. Ma sugli scogli neri non c'era nessuno. Solo uccelli marini che roteavano in cielo o scendevano in picchiata tra le scogliere per prendere il cibo.
Poi nell'immagine entrò qualcos'altro. Qualcosa di piatto e disteso. Cody aggrottò la fronte. Mike si avvicinò. Attesero lo scatto successivo.
L'immagine era cambiata.
«Ma che cos'è?»
«Non ne ho idea. Puoi avvicinarti?»
«No.»
Il KH-12-4 mandò altri dati in forma d'immagine. E ancora una volta il paesaggio era cambiato.
«Oh, merda», sussurrò Cody.
«Che diavolo è?» Mike socchiuse le palpebre. «Si allarga. Si sta arrampicando sui fottuttissimi scogli.»
«Merda», ripeté Cody. In effetti non faceva che ripetere in ogni occasione «merda», anche se c'era qualcosa che gli piaceva. Mike non ci badava più, ma quella volta esprimeva un vero sgomento.
Montauk, USA
Linda e Darryl Hooper erano sposati da tre settimane e stavano trascorrendo la luna di miele a Long Island. Un tempo, sull'isola, vivevano più pescatori che star del cinema, ma, da quando il rapporto si era invertito, Long Island era diventata carissima. Centinaia di bei ristoranti — la cui specialità erano ovviamente i piatti a base di pesce — occhieggiavano sulla spiaggia lunga chilometri. Le persone in vista di New York avevano eletto quel luogo a palcoscenico della loro vita mondana e dividevano coi ricchissimi industriali la zona di East Hampton, uno splendido villaggio da cartolina, in cui il tenore di vita era a livelli proibitivi. Anche Southampton, più a sud-ovest, non era di certo economica. Ma Darryl Hooper era un giovane avvocato rampante e si era fatto un nome a New York. Era diventato una sorta di figlio adottivo del socio anziano del grande studio nel cuore di Manhattan in cui lavorava. Guadagnava ancora relativamente poco, ma sapeva di essere ormai a un passo dal fare davvero i soldi. E aveva sposato una ragazza dolcissima. Linda era stata l'oggetto del desiderio di tutti gli studenti della facoltà di Legge, però aveva scelto lui. Evidentemente non le importava che Darryl, benché giovane, cominciasse già a perdere i capelli e dovesse portare occhiali dalle lenti spesse, dato che non sopportava Le lenti a contatto.
Darryl era felice. In previsione della ricchezza in arrivo, aveva deciso di gustarne un anticipo con Linda. L'hotel a Southampton era molto costoso. Ogni sera spendevano quasi cento dollari in uno dei ristoranti di lusso della zona. Ma andava bene così. Lavoravano entrambi come muli e se lo meritavano. Tra non molto si sarebbero potuti permettere senza problemi i posti più esclusivi.
Darryl strinse ancora più forte il braccio intorno alla vita della moglie e guardò verso l'Atlantico. Il sole era appena tramontato e il cielo tendeva al violetto. Ad alta quota, banchi di nuvole rosa rilucevano all'orizzonte. Il mare spingeva sulla spiaggia deboli onde che, quasi per riguardo al bisogno di riposo della grande città, sciabordavano delicatamente e si frangevano senza fare rumore. Darryl pensò che forse sarebbe stato il caso di fermarsi ancora un po' in quel luogo e tornare più tardi a Southampton. Al momento, la strada principale era ancora molto trafficata, ma, nel giro di un'oretta, non ci sarebbero stati problemi. Se la Harley girava come doveva, avrebbero percorso i cinquanta chilometri in venti minuti. Partire subito sarebbe stato un vero peccato.
Inoltre lo sapevano tutti: dopo il tramonto, quel luogo era riservato all'amore. Passeggiarono lentamente sugli scogli bassi. Dopo qualche passo, davanti a loro comparve una piccola conca. Un posticino ideale, riservato. Darryl era innamoratissimo ed erano lontani da sguardi indiscreti. Oltre gli scogli si sentiva il mare. Sembrava che non ci fosse nessun altro. La maggior parte degli innamorati stava passeggiando sulla vicina spiaggia; quello tra gli scogli era un mondo solo loro.
Darryl non avrebbe mai immaginato che due osservatori in una sala sotterranea a Buckley Field lo stessero guardando con un satellite a quasi duecento chilometri di altezza. Quindi baciò la moglie, mettendole le mani sotto la T-shirt e sfilandogliela, mentre lei gli slacciava la cintura. Si spogliarono a vicenda e si sdraiarono sul mucchio di vestiti. Lui la baciava e la accarezzava. Linda si girò sulla schiena e Darryl staccò le labbra dalla bocca della donna e si chinò lentamente verso il suo ventre, muovendo freneticamente le mani e cercando di toccare ogni millimetro di quel corpo.
Lei ridacchiò. «No. Mi fai il solletico.»
Lui spostò la mano destra che aveva portato all'interno delle cosce e continuò a baciarla con impeto.
«Ehi… Ma cosa stai facendo?»
Darryl sollevò lo sguardo. Cosa stava facendo? Stava facendo quello che faceva sempre e che le era sempre piaciuto.
La baciò sulla bocca e vide il suo sguardo confuso. Guardava alle sue spalle. Hooper girò la testa.
Sullo stinco di Linda c'era un granchio.
Lei lanciò un gridolino e lo scosse via. Il granchio cadde sulla schiena, divaricò le chele e poi si rimise in piedi.
«Mio Dio. Mi ha spaventata.»
«Tesoro, voleva partecipare anche lui», rise Darryl. «Hai avuto sfortuna, ragazzo. Cercati un'altra femminuccia.»
Linda sorrise e si appoggiò ai gomiti. «Che tipo strano», disse. «Non ne ho mai visti così.»
«Cos'ha di strano?»
«Non trovi che sia strano?»
Darryl lo guardò meglio. Il granchio era immobile sul fondo ghiaioso. Non era particolarmente grande — più o meno dieci centimetri — ed era completamente bianco. La corazza riluceva sul terreno scuro. Il colore era indubbiamente insolito, ma c'era qualcos'altro che disorientava Darryl. Linda aveva ragione. Era strano.
Poi si rese conto del perché. «Non ha gli occhi», esclamò.
«È vero.» Linda si rialzò e gattonò verso l'animale, che era sempre immobile. «Che roba! Che sia malato?»
«Sembrerebbe che non li abbia mai avuti» disse lui, e intanto le faceva scorrere le dita sulla colonna vertebrale. «Non importa. Lascialo perdere, tanto non fa niente.»
Linda continuava a osservare il granchio. Poi prese un sassolino e glielo lanciò contro. L'animale indietreggiò, ma non reagì. Gli toccò le chele con un dito, ritirandolo poi immediatamente, però il granchio non attaccò.
«Forse è uno stoico.»
«Vieni, lascia perdere quello stupido granchio.»
«Non si difende.»
Darryl sospirò. S'inginocchiò di fianco a lei e, per farle piacere, diede un colpetto al granchio. «È vero», affermò. «È imperturbabile.»
Lei rise, gli girò la testa e lo baciò. La punta della lingua di Linda giocherellava con la sua. Chiuse gli occhi e si gustò il piacere…
Linda si ritrasse. «Darryl…»
Il granchio era improvvisamente salito sulla mano con cui lei si stava sostenendo. Dietro ce n'era un altro. E poi un altro ancora. Darryl spostò lo sguardo sulle rocce che dividevano la conca dalla spiaggia e pensò di avere un incubo.
Dovevano essere milioni.
Linda fissava gli animali immobili. «Mio Dio», sussurrò.
Nello stesso istante, la fiumana si mise in movimento. Darryl aveva visto dei piccoli granchi correre sulla spiaggia, e sapeva che non erano né lenti né flemmatici. Ma quelli erano ancora più veloci. La loro velocità era spaventosa, come se un'onda si stesse riversando su di loro. Le zampe dure sulle rocce producevano un leggero tamburellio.
Nuda com'era, Linda balzò in piedi e scappò. Darryl cercò di afferrare i vestiti. Aveva le vertigini. I vestiti gli caddero di mano. L'esercito dei granchi in corsa si avvicinava e lui fece un balzo indietro.
Gli animali lo seguirono.