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Peak presentò una serie d'immagini al microscopio elettronico. Mostravano diverse forme di vita. Alcune sembravano amebe con escrescenze a forma di stella, altre parevano sfere squamose o pelose, altre ancora somigliavano ad hamburger, dalla cui parte centrale si dipartivano dei tentacoli. «Ecco la Pfiesteria», spiegò. «L'alga può cambiare il proprio aspetto nel giro di qualche minuto, può crescere di dieci volte, può inastarsi e poi balzare fuori dalla ciste, trasformandosi da innocuo essere unicellulare a zoospora estremamente tossica. La Pfiesteria può assumere venti forme diverse, e ogni volta cambia anche le proprie caratteristiche. La tossina è stata isolata. Il dottor Roche e la sua équipe lavorano a pieno ritmo su di essa, tuttavia hanno preoccupazioni ben più gravi rispetto ai ricercatori delle nostre parti. L'organismo finito nelle tubature pare non sia la Pfiesteria piscicida, ma una varietà molto più pericolosa. Pfiesteria piscicida significa 'Pfiesteria che uccide i pesci'. Il dottor Roche ha battezzato l'esemplare da lui scoperto Pfiesteria homicida, 'Pfiesteria che uccide gli uomini'.»

Peak sottolineò le difficoltà nel controllare l'alga. Il nuovo organismo sembrava riprodursi con cicli esplosivi e, una volta entrato nell'acqua, non c'era più nulla da fare. Finiva nel suolo e secerneva il suo veleno, che era quasi impossibile filtrare. Il problema era proprio quello. Molte delle vittime finivano letteralmente divorate dalla Pfiesteria, avevano ferite in tutto il corpo, ferite che, invece di guarire, s'infiammavano e suppuravano. Ma la cosa peggiore era il veleno. Le autorità s'impegnavano disperatamente per depurare canali e tubature, ma non riuscivano a impedire che l'organismo si diffondesse altrove. Il tentativo di liberarsene col calore e con sostanze chimiche non faceva altro che sostituire una piaga con un'altra.

La Pfiesteria homicida era praticamente incontenibile.

La Pfiesteria piscicida attaccava il sistema nervoso. La nuova specie lo attaccava con un'aggressività tale che, nel giro di poche ore, paralizzava un individuo, lo faceva cadere in coma e morire. Solo poche persone sembravano resistere a quell'aggressione. E, dato che Roche non era ancora riuscito a comprendere la struttura della tossina, si sperava almeno di capire il perché di quella resistenza, ma l'équipe del docente di Biologia molecolare stava lottando contro il tempo. La diffusione della malattia sembrava aver superato ogni tentativo di circoscriverla.

«L'alga è arrivata in un cavallo di Troia», disse Peak. «All'interno di crostacei. In un 'astice di Troia', se volete… O, per meglio dire, in qualcosa che somigliava a un astice. Evidentemente gli animali erano vivi al momento della cattura, solo che la loro carne era diventata una specie di sostanza gelatinosa, e incapsulate là dentro vivevano colonie di Pfiesteria. L'Unione Europea ha vietato la cattura e l'esportazione di crostacei. Al momento, i casi di malattia e di morte sono limitati alla Francia, alla Spagna, al Belgio, all'Olanda e alla Germania. L'ultimo conteggio provvisorio parla di quattordicimila vittime. Nel continente americano, sembra che i crostacei siano ancora… crostacei, ma anche noi stiamo pensando di proibirne la vendita.»

«Terribile», sussurrò Rubin. «Da dove arrivano queste alghe?»

Roche si girò verso di lui. «Le hanno create gli uomini», rispose. «L'ingrasso dei suini sulla costa occidentale americana scarica in acqua quantità impressionanti di liquami e la Pfiesteria vive benissimo nelle acque inquinate. Si nutre di fosfati e nitrati, che vengono sparsi sui campi con le feci degli animali e finiscono nei fiumi. O con gli scarichi delle industrie. Perché stupirsi che quelle bestie si trovino a proprio agio nelle fogne delle grandi città, così sature di sostanze organiche? Siamo noi a generare tutte le Pfiesterie di questo mondo. Non le abbiamo inventate noi, ma noi facciamo in modo che diventino dei mostri.» Roche fece una pausa e tornò a guardare Peak. «Se il Baltico perde ogni forma di vita e i pesci muoiono, come sta succedendo da alcuni anni, la causa è negli allevamenti di maiali in Danimarca. I liquami portano alghe, che si riproducono in maniera esponenziale. Le alghe assorbono l'ossigeno e i pesci muoiono. Le alghe tossiche fanno anche di peggio e nessuna zona può considerarsi al sicuro.»

«Ma perché non si è fatto qualcosa prima?» chiese Rubin.

«Prima?» Roche rise amaramente. «Certo che si è fatto qualcosa, amico mio. Perlomeno si è cercato di fare qualcosa. Ma dove vive lei? Però, anziché promuovere studi seri, si è lasciato che i ricercatori venissero derisi. Alcuni hanno addirittura ricevuto minacce di morte. Si dice che il North Carolina's Department of Health, Environment, and Natural Resources abbia insabbiato il caso della Pfiesteria per proteggere gli interessi di alcuni influenti rappresentanti politici che, guarda caso, erano gli stessi allevatori di maiali. Naturalmente dobbiamo chiederci quale folle ci abbia mandato gli astici infettati con la Pfiesteria. Ma questo non cambia il fatto che gli ostetrici della catastrofe siamo stati noi. In un certo senso, siamo sempre noi.»

«Questi mitili hanno tutte le caratteristiche tipiche delle cozze zebrate. Però sanno fare una cosa che le normali cozze zebrate non fanno: navigare.»

Peak era arrivato agli incidenti navali. Dopo aver infierito nella sala riunioni col bilancio della Pfiesteria, ora presentava statistiche non meno allarmanti. Su un planisfero s'intrecciavano linee colorate.

«Ecco le principali vie di transito del traffico marittimo commerciale», disse, indicando l'immagine. «Per comprendere il loro corso è fondamentale analizzare la distribuzione dei beni trasportati. In genere, le materie prime vengono trasportate verso nord. L'Australia esporta la bauxite, il Kuwait il petrolio e il Sudamerica i minerali di ferro. Tutto si sposta a distanze che raggiungono le undicimila miglia marine verso l'Europa e il Giappone, in modo che a Stoccarda, Detroit, Parigi e Tokyo si possano produrre automobili, apparecchi elettrici e macchinari. Che a loro volta ritornano in Australia, nel Kuwait e in Sudamerica dentro navi portacontainer. Quasi un quarto del commercio mondiale si svolge nella zona asiatica del Pacifico, per un valore di cinquecento miliardi di dollari. Poco meno nell'Atlantico. I principali centri ad alta concentrazione industriale sono segnati in scuro. La costa orientale americana, con centro New York, l'Europa settentrionale col canale della Manica, il mare del Nord, il Baltico fino alle Repubbliche baltiche, il Mediterraneo e in particolare la riviera. I mari europei hanno un'importanza fondamentale nel commercio mondiale, il Mediterraneo serve anche come via marittima dalla costa orientale nordamericana fino al canale di Suez. E non dimentichiamo il Giappone e il golfo Persico! Gli scambi sono in crescita nel mar Cinese, che insieme col mare del Nord, è il più trafficato della Terra. Per capire il corso del commercio mondiale via mare, bisogna tener presente questa rete, cioè capire cosa significa per una parte del globo se nell'altra i cargo affondano, quali produzioni vengono interrotte, quanti posti di lavoro vengono minacciati, a chi può costare la vita e chi potrebbe approfittare della disgrazia. Il traffico aereo ha eliminato le navi passeggeri, ma il commercio mondiale dipende dal mare. Nulla può sostituire le rotte marittime.» Peak fece una pausa, quindi riprese: «Spiegato il background, diamo qualche cifra. Ogni giorno duemila navi attraversano lo stretto di Malacca e quasi ventimila imbarcazioni ogni anno passano attraverso il canale di Suez. Questo rappresenta circa il quindici per cento del commercio mondiale. Tremila navi al giorno incrociano nella Manica per raggiungere il mare più trafficato del mondo, il mare del Nord. Circa quarantaquattromila navi all'anno collegano Hong Kong col resto del mondo. Migliaia e migliaia di cargo, petroliere, traghetti si muovono ogni anno in tutto il globo, per non parlare delle flotte di pescherecci, cutter, yacht a vela e barche sportive. Oceani, mari, canali e stretti registrano milioni di movimenti navali. Di fronte a questo traffico, l'occasionale affondamento di una superpetroliera o di un cargo non può di certo comportare una grave crisi nel traffico marittimo. Nessuno si lascia spaventare e non si rinuncia a riempire di petrolio le ultime bagnarole arrugginite e a spedirle in mare. La maggior parte delle circa settemila petroliere presenti nel mondo si trova in pessime condizioni. Oltre la metà è in attività da più di vent'anni… E molte delle superpetroliere possono essere tranquillamente definite dei rottami. A questo punto, si fanno dei calcoli: sì, la catastrofe è sempre in agguato, ma si rischia comunque. Tutto diventa un gioco d'azzardo. Se una petroliera finisce nell'incavo di un'onda, può piegarsi al centro anche di un metro, e una cosa del genere sfibrerebbe qualsiasi struttura. Tuttavia la petroliera continua a viaggiare, perché l'esito del viaggio rientra nel calcolo delle probabilità.» Peak sorrise tristemente. «Tuttavia se gli incidenti sono causati da fenomeni inspiegabili, allora ogni calcolo diventa inutile e i margini di rischio diventano imprevedibili. Entra in gioco una singolare psicologia. Noi la chiamiamo 'psicosi da squalo'. Nessuno sa dove sia uno squalo e chi sbranerà, eppure ciò basta per impedire a migliaia di turisti di andare in acqua. Statisticamente, suona impossibile che un'unica vittima possa danneggiare sensibilmente il turismo. Nella pratica, però, lo distrugge. Ora, pensate che, nel giro di poche settimane, sulle rotte commerciali marittime si sono verificate quattro volte più avarie che in passato, e tutte non riconducibili a cause note. Fenomeni terrorizzanti, per cui non ci sono spiegazioni, fanno affondare anche navi in perfette condizioni. Non si sa chi sarà colpito e dove, e nemmeno come difendersi. Non si parla più di navi completamente arrugginite, di danni provocati dalle tempeste o di errori di navigazione, ormai non si parla neppure più di uscire in mare.»

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