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No, rifletté. L’ammiraglio Aldikacti aveva avuto una sentenza di scomunica e di esecuzione capitale per semplice incompetenza. Se Mustafa, Pelli Cognani, lui stesso e gli altri fossero stati accusati di una qualsiasi forma di tradimento, non se la sarebbero certo cavata con una rapida e semplice esecuzione. Le macchine di dolore di Castel Sant’Angelo avrebbero ronzato e cigolato per secoli.

Era evidente che il cardinale Du Noyer aveva scelto di rinascere come donna anziana. Come molte persone anziane, pareva in perfetta salute — tutti i denti, rughe al minimo, occhi chiari e lucidi — ma preferiva farsi vedere con i capelli bianchi, tagliati quasi a zero, e la pelle tesa sugli zigomi sporgenti. Iniziò senza preliminari.

«Santità, eccellenze, dignitari tutti, sono qui oggi come prefetto e presidente del Cor Unum e portavoce de facto dell’ente privato noto come Opus Dei. Per ragioni che diverranno chiare, gli amministratori dell’Opus Dei non potrebbero e non dovrebbero essere qui presenti oggi.»

«Continui, eccellenza» disse il cardinale Lourdusamy

«Sette anni fa, il cargo AMSS Saigon Maru fu acquistato dal Cor Unum per l’Opus Dei, sottratto alla demolizione e al riciclaggio e consegnato a quell’ente.»

«A quale scopo, eccellenza?» inquisì il cardinale Lourdusamy.

Nella piccola cappella il cardinale Du Noyer lasciò girare lo sguardo da viso a viso, terminando con Sua Santità e chinando gli occhi per rispetto. «Allo scopo di trasportare i corpi senza vita di milioni di persone come quelle trovate in quel viaggio interrotto, eccellenze, Santità.»

I quattro PFE della Pax Mercatoria emisero qualcosa che non era un vero ansito, ma più rumoroso di una semplice inspirazione di fiato.

«Corpi senza vita» ripeté il cardinale Lourdusamy, col tono calmo di un pubblico ministero che sappia in anticipo quale sarà la risposta a tutte le domande. «Corpi senza vita provenienti da dove, cardinale Du Noyer?»

«Da qualsiasi pianeta l’Opus Dei indichi, eccellenza» rispose Du Noyer. «Negli ultimi cinque anni, l’elenco dei pianeti di provenienza comprende Hebron, Qom-Riyadh, Fuji, Nevermore, Sol Draconis Septem, Parvati, Tsingtao-Hsishuang Panna, Nuova Mecca, Mao Quattro, Ixion, i Territori della Fascia di Lambert, Amarezza di Sibiatu, il litorale nord di Mare Infinitum, la luna terraformata di Rinascimento Minore, Nuova Armonia, Nuova Terra e Marte.»

"Tutti mondi che non appartengono alla Pax" pensò Kenzo Isozaki. "O mondi dove la Pax ha solo un piede."

«E quanti corpi hanno trasportato i cargo dell’Opus Dei e del Cor Unum, cardinale Du Noyer?» domandò Lourdusamy, con la sua voce bassa e tonante.

«All’inarca sette miliardi, eccellenza» rispose l’anziana donna.

Kenzo Isozaki si concentrò nel mantenere l’equilibrio. Sette miliardi di corpi. Un cargo come la Saigon Maru poteva trasportare forse centomila corpi, se fossero stati accatastati come legna. Sarebbero occorsi alla Saigon Maru circa settantamila viaggi per trasportare da sistema solare a sistema solare sette miliardi di persone. Assurdo! A meno che parecchie decine di navi da carico, comprendenti un’alta percentuale di cargo della recentissima classe Nova, non facessero la spola per centinaia o migliaia di viaggi. Ognuno dei pianeti elencati da Du Noyer era stato chiuso alla Pax Mercatoria nel corso degli ultimi quattro anni, messo in quarantena col pretesto di dispute commerciali o diplomatiche con la Pax.

«Sono tutti pianeti non cristiani.»

Isozaki si rese conto di avere espresso a voce il pensiero. Era la più grave mancanza di autocontrollo che avesse mai sperimentato. Tutti, nella cappella, girarono la testa nella sua direzione.

«Tutti pianeti non cristiani» ripeté Isozaki, omettendo addirittura i titoli onorifici nel rivolgersi agli altri. «Oppure mondi cristiani con grandi popolazioni non cristiane, come Marte, Fuji, Nevermore. Il Cor Unum e l’Opus Dei stanno sterminando i non cristiani. Ma perché ne trasportano i corpi? Perché non si limitano a lasciarli marcire sul loro pianeta natale e poi sostituirli con i coloni della Pax?»

Sua Santità alzò la mano. Isozaki rimase in silenzio. Il papa rivolse un cenno al cardinale Lourdusamy.

«Cardinale Du Noyer» disse il segretario di Stato, come se Isozaki non avesse aperto bocca «qual è la destinazione di quelle navi?»

«Non so, eccellenza.»

Lourdusamy annuì. «E chi ha autorizzato il progetto, cardinale Du Noyer?»

«La Commissione per la giustizia e la pace, eccellenza.»

Isozaki girò di scatto la testa. Il cardinale Du Noyer aveva appena posto la colpa di quella atrocità, di quel massacro di massa senza precedenti, ai piedi di un uomo. La Commissione per la giustizia e la pace aveva un solo e unico prefetto: papa Urbano XVI, ex papa Giulio XIV. Isozaki abbassò lo sguardo sulle scarpe del Pescatore e contemplò la possibilità di scagliarsi contro quel demonio, di stringere le dita sulla magra gola del papa. Sapeva che le silenziose guardie nell’angolo l’avrebbero tagliato in due sul posto. Fu ancora tentato a provarci.

«E lei sa, cardinale Du Noyer» continuò il cardinale Lourdusamy, come se niente di terribile fosse stato rivelato, come se niente di indicibile fosse stato detto «in quale modo queste persone… questi non cristiani… sono resi… senza vita?»

"Resi senza vita!" pensò Isozaki, che odiava da sempre gli eufemismi. "Assassinati, maledetto figlio di puttana!"

«No» rispose il cardinale Du Noyer. «Il mio incarico come prefetto del Cor Unum è semplicemente quello di fornire all’Opus Dei i mezzi di trasporto necessari a eseguire il suo compito. La destinazione delle navi e ciò che accade prima che siano utilizzate non è cosa che mi riguardi… che mi abbia mai riguardato.»

Isozaki si inginocchiò sul pavimento di pietra, non per pregare, ma solo perché non riusciva più a stare in piedi. "Da quanti secoli, o divinità dei miei antenati, i complici di omicidio di massa hanno risposto in questo modo?" pensò. "Fin dai tempi di Horace Glennon-Height. Fin dai tempi del leggendario Hitler. Fin… da sempre."

«Grazie, cardinale Du Noyer» disse il cardinale Lourdusamy.

L’anziano prelato tornò al suo posto.

Incredibilmente, fu il papa ad alzarsi, ad avanzare: le sue bianche calzature non fecero rumore sul pavimento di pietra. Sua Santità camminò fra gli attoniti presenti, passò davanti al cardinale Mustafa e a padre Farrell, al cardinale Lourdusamy e a monsignor Oddi, al cardinale Du Noyer e all’imprecisato monsignore dietro di lei, davanti ai cuscini vuoti dove si erano inginocchiati gli ufficiali della Flotta della Pax, davanti al PFE Aron e al PFE Hay-Modhino e al PFE Anna Pelli Cognani… e si fermò davanti a Isozaki, che era sempre inginocchiato, in preda alla nausea, con la vista offuscata da un turbine di puntini neri.

Sua Santità posò la mano sulla testa dell’uomo che in quello stesso momento meditava di ucciderlo.

«Si alzi, figliolo» disse il massacratore di miliardi di persone. «Si alzi e ascolti. Siamo noi a ordinarlo.»

Isozaki si alzò, a gambe scostate, vacillando. Sentiva un formicolio nelle braccia e nelle mani, come se qualcuno l’avesse colpito con uno storditore neurale, ma sapeva che era il suo stesso corpo a tradirlo. Non sarebbe riuscito a serrare le dita intorno alla gola di nessuno, in quel momento. Trovava già difficile reggersi in piedi da solo.

Papa Urbano XVI girò la testa e inclinò in avanti la mitra.

Il consigliere Albedo avanzò fino al bordo della bassa pedana e prese la parola.

«Santità, eccellenze, onorevoli primi funzionari esecutivi» esordì l’uomo in grigio. Aveva voce liscia come i capelli, liscia come lo sguardo degli occhi grigi, liscia come la seta della cappa grigia.

Kenzo Isozaki tremò al suono di quella voce. Ricordò la sofferenza e l’imbarazzo patiti quando Albedo gli aveva mutato il crucimorfo in un crogiolo di dolore.

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