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Su Parvati, le sorelle Kuku Se e Kay Se, solitamente allegre, piansero e ci abbracciarono nel salutarci. Su Asquith lasciammo una famiglia intera, padre, madre e cinque biondissimi figli. In orbita intorno al pianeta dalle bianche nubi turbinanti e dall’oceano azzurro, Mare Infinitum, un mondo il cui semplice nome mi tormentava con ricordi di sofferenza e di amicizia, Aenea chiese al sergente Gregorius se era disposto a scendere con lei per unirsi ai ribelli e sostenere la loro causa.

«E lasciare il capitano?» disse il gigantesco sergente. La proposta, era chiaro, l’aveva sorpreso e sconvolto.

«Non esiste più il capitano, sergente, mio caro amico» intervenne de Soya. «Esiste solo questo prete senza Chiesa. E penso che d’ora in poi avremo più occasioni di fare del bene lontano l’uno dall’altro che insieme. Ho ragione, Aenea?»

La mia amica annuì. «Avrei voluto che il mio rappresentante su Mare Infinitum fosse Lhomo» disse. «Contando che i contrabbandieri e i ribelli e i cacciatori di Bocche di Lanterna avrebbero rispettato un uomo forte. Sarà un compito difficile e pericoloso… la rivolta infuria ancora sul pianeta e la Pax non prende prigionieri.»

«Il pericolo non c’entra!» esclamò Gregorius. «Sono disposto a morire mille volte della vera morte, per una buona causa.»

«Lo so, sergente» disse Aenea.

Il gigante guardò il suo ex capitano e poi di nuovo Aenea. «Ragazza, so che non ti piace rivelare il futuro, anche se sappiamo che lo scruti di tanto in tanto. Ma dimmi una cosa: c’è una possibilità che mi riunisca al capitano?»

«Sì» disse Aenea. «Ed è possibile che tu ritrovi anche una persona che ritieni morta: il caporale Kee.»

«Allora vado. Farò come vuoi. Ormai non appartengo più alle guardie svizzere, ma l’ubbidienza che mi hanno insegnato è ben radicata.»

«Non chiediamo ubbidienza, ora» disse padre de Soya «ma qualcosa di più difficile e di più profondo.»

Il sergente Gregorius rifletté un istante. «Sì» accettò infine e per un attimo voltò la schiena a tutti. «Andiamo, ragazza» disse, porgendo la mano a Aenea.

Lo lasciammo su una piattaforma abbandonata, da qualche parte nel litorale sud; ma Aenea gli disse che dei sommergibili sarebbero comparsi in giornata.

In orbita intorno al pianeta Madrededios, padre de Soya venne avanti, ma Aenea alzò la mano e lo fermò.

«Questo è sicuramente il mio pianeta» disse de Soya. «Ci sono nato. C’era la mia diocesi. Immagino che morirò qui.»

«Forse» disse Aenea «ma ho bisogno di te per un posto più difficile e per un compito più pericoloso, Federico.»

«Quale?»

«Pacem» rispose Aenea. «La nostra ultima fermata.»

Mi avvicinai. «Aspetta, ragazzina. Verrò con te su Pacem, se proprio insisti per andarci. Hai detto che potevo stare con te.» Perfino a me il tono parve lamentoso e disperato.

«Sì» disse Aenea. Sentii sul polso il freddo delle sue dita. «Ma vorrei che padre de Soya venisse con noi, quando sarà il momento.»

Il gesuita parve sconcertato e un po’ deluso, ma chinò la testa. Evidentemente nella Compagnia di Gesù l’ubbidienza era ancora più radicata che nelle guardie svizzere.

Alla fine, per fermarsi su Madrededios si offrirono volontari Voytek Majer, che aveva lavorato il bambù su T’ien Shan, e la sua nuova fidanzata, la mattonaia Viki Groselj.

Su Freeholm salutammo Janusz Kurtyka. Su Kastrop-Rauxel, terraformato di nuovo di recente e colonizzato dalla Pax, fu il soldato Jigme Paring a offrirsi volontario per trovare le popolazioni ribelli. In orbita intorno a Parsimony, mentre navi da guerra della Pax rendevano un torrente di fragore e di luce il nostro campo di contenimento, una certa Helen Dean O’Brien venne avanti a prendere la mano di Aenea. Su Esperance, Aenea e io salutammo l’ex sindaco di Jo-kung, Charles Chi-kyap Kempo. Su Grass, immersi fino alle spalle nelle giallastre praterie di quel pianeta, salutammo Isher Perpet, uno dei più coraggiosi ribelli liberati tempo prima da una galea prigione della Pax e accolti da padre de Soya. Su Qom-Riyadh, dove le moschee cadevano rapidamente sotto i bulldozer o erano convertite in cattedrali dai nuovi coloni della Pax, ci teleportammo nel cuore della notte e mormorammo un saluto a un ex profugo di quel pianeta, Merwin Muhammed Ali, e al nostro ex interprete su T’ien Shan, l’abile Perri Samdup.

In orbita intorno a Rinascimento Minore, mentre un’orda di navi da guerra planetarie accelerava con intenti omicidi verso di noi, fu il pallido e silenzioso ex prigioniero, Hoagan Liebler, a farsi avanti.

«Ero una spia» disse. Parlava a Aenea, ma guardava in viso padre de Soya. «Ho venduto per denaro la mia lealtà, per tornare sul mio pianeta e ricuperare le terre perdute e le ricchezze della mia famiglia. Ho tradito il mio capitano e la mia anima.»

«Figlio mio, da tempo quei peccati, se peccati erano, ti sono stati rimessi dal tuo capitano e, cosa più importante, da Dio» disse padre de Soya. «Nessun male è stato commesso.»

Liebler annuì lentamente. «Le voci che continuo ad ascoltare da quando ho bevuto il vino della comunione con la signora Aenea…» Lasciò morire la frase. «Su questo pianeta conosco molte persone» riprese, con voce più forte. «Vorrei tornare a casa per iniziare questa nuova vita.»

«Sì» disse Aenea e gli offrì la mano.

Dall’orbita intorno a Vitus-Gray-Balianus B, Aenea, la Dorje Phamo e io ci teleportammo in una zona desertica, lontano dal fiume con i suoi campi coltivati e le casette dai colori vivaci che fiancheggiavano la via dove il gentile popolo Spettroelica di Amoiete mi aveva curato e aiutato a sfuggire alla Pax. In quella zona c’erano solo distese di massi e crepe disseccate, labirinti di ingressi di cunicoli nella roccia e tempeste di sabbia che soffiavano dall’insanguinato tramonto all’orizzonte nero di nuvolaglia. Quel deserto mi ricordò Marte con aria più calda e ricca e inquinata da un non trascurabile puzzo di morte e di cordite.

Figure ammantate ci circondarono quasi subito, tenendoci sotto tiro di pistole a fléchettes e di frustalaser. Cercai di nuovo di frappormi tra Aenea e il pericolo, ma le figure si avvicinarono, pronte a sparare.

«Fermi!» gridò una voce che conoscevo. Una donna avvolta nel mantello si lasciò scivolare da una duna e si fermò davanti a noi. «Fermi!» gridò ancora ai compagni ansiosi di aprire il fuoco. Si tolse il cappuccio.

«Dem Loa!» esclamai e abbracciai la donna nell’ingombrante tenuta da battaglia. Vidi le lacrime lasciare striature fangose sulle guance.

«Sei tornato qui con la tua amata» disse la donna che mi aveva salvato. «Come avevi promesso.»

La presentai a Aenea e alla Dorje Phamo, sentendomi sciocco e felice nello stesso tempo. Dem Loa ed Aenea si guardarono per un istante, poi si abbracciarono.

Guardai le altre figure che ancora si tenevano discoste nel sanguigno crepuscolo. «Dov’è Dem Ria?» domandai. «Alem Mikail Dem Alem? E i tuoi figli, Bin e Ces Ambre?»

«Morti» disse Dem Loa. «Tutti morti, tranne Ces Ambre, che è fra i dispersi, dopo l’ultimo attacco della Pax di Bombasino.»

Rimasi stordito, senza parole.

«Bin Ria Dem Loa Alem è morto di malattia» continuò Dem Loa «ma gli altri sono morti nella nostra guerra contro la Pax.»

«Guerra contro la Pax» ripetei. «Spero davanti a Dio di non essere stato io a iniziarla…»

Dem Loa alzò la mano. «No, Raul Endymion. Non l’hai iniziata tu. Quelli fra noi nella Spettroelica di Amoiete che tenevano in conto le tradizioni hanno rifiutato la croce, e questo rifiuto ha provocato la guerra. La rivolta era già cominciata, mentre ti trovavi con noi. Dopo la tua partenza, pensavamo di avere vinto. I vigliacchi della base militare di Bombasino hanno sollecitato la pace, ignorato gli ordini dei loro comandanti nello spazio e stretto patti con noi. Ma sono giunte altre navi della Pax. Hanno bombardato la loro stessa base, poi si sono scagliate contro i nostri villaggi. Da allora è guerra. Gli uomini della Pax atterrano e cercano di occupare il territorio. Ne uccidiamo parecchi. E la Pax ne manda altri.»

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