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— Ordina, Maga — cantò Cornamusa, in tono solenne.

— Devi ritornare alla tua terra natale. Laggiù devi implorare tutti affinché si rechino nel grande deserto, perché giungano su Teti per il bene della loro Maga, nella sua ora del bisogno. Convoca i grandi leviatani del cielo. Chiama Corazzata, Esploratore, l’Aristocratico, Inaffondabile, Finefischio, Bombasto, Sua Eccellenza, e anche il Vecchio Scout. Di’ loro che la Maga farà guerra ai razzi celesti, che spazzerà per sempre dalla grande ruota del mondo la loro genia. Di’ che, in cambio di questo giuramento, la Maga chiede loro di accogliere chi glielo chiederà, e di portarlo su Teti. Farai questo per me, Cornamusa?

— Lo farò, Maga. Ma temo che non saranno in molti, del mio popolo, a venire. Teti è lontana da noi, la strada è piena di pericoli, e la mia gente teme questi luoghi. Noi pensiamo che Gea non desideri vederci qui.

— Allora, riferisci questo. A chiunque verrà, sarà concesso un bambino in occasione del prossimo Festival. Di’ loro che, se mi aiuteranno, darò loro un Festival di cui si canterà per le prossime mille megarivoluzioni. — Ritornò all’inglese. — Credi che vengano?

Cornamusa alzò le spalle e rispose nella stessa lingua: — Non più di quelli che possono salire sugli aerostati.

Cirocco batté la mano sulla spalla del titanide, si alzò in piedi, e cercò di aiutarlo a rialzarsi. Cornamusa si rialzò a fatica. Lei lo fissò a lungo, poi salì in punta di piedi per baciarlo.

— Aspetterò qui — cantò. — Conosci il fischio del grande pericolo, per chiamare i leviatani del cielo?

— Lo conosco.

— Presto uno di loro ti raccoglierà. Fino a quel momento, cerca di essere molto cauto. Ritorna a casa senza correre rischi, e ritorna da me con molti lavoratori. Di’ loro di portare cavi, carrucole, argani, e i migliori palanchini, martelli e picconi.

— Farò come dici. — Abbassò gli occhi. — Rocky — disse poi — credi che siano ancora vivi?

— È perfettamente possibile. Se sono intrappolati qui sotto, Gaby sa cosa deve fare. Sa che niente mi impedirà di farla uscire, e dirà agli altri di rimanere in cima alle scale. È troppo pericoloso scendere fino a Teti senza la mia presenza a frenarlo.

— Se lo dici tu, Rocky.

— Lo dico io. Ora va, con tutto il mio amore, figlio.

33

Segnata dal fuoco

— È stato Gene — disse Gaby, con un mormorio roco. — Non riuscivo a crederlo, ma era Gene, quello che si è buttato col paracadute dalla bomba volante, prima che esplodesse.

— Gaby, cerca di calmarti — disse Chris.

— Sì. Adesso ho voglia di dormire. Ma prima volevo dirtelo.

Robin non era in grado di dire da quanto tempo erano sulla scala. Le pareva che fosse passato almeno un giorno intero. Aveva dormito una volta, ma era stata svegliata dalle urla di Gaby.

Robin non osava guardarla. Le avevano tolto quanto rimaneva dei vestiti e l’avevano messa su uno dei sacchi a pelo. Nel pronto soccorso di Valiha c’erano tubetti di pomata contro le scottature, ma li avevano finiti prima di riuscire a coprire tutta l’area bruciata. Non avevano neppure potuto toglierle di dosso la sabbia, perché avevano solo l’acqua delle borracce.

Era una fortuna che l’unica loro lanterna, ora tenuta bassa per risparmiare il combustibile, facesse così poca luce. Gaby era una massa di ustioni di secondo e di terzo grado. Il fianco destro e la schiena erano neri. La pelle faceva un suono secco quando lei si muoveva, e ne usciva un siero trasparente. Disse di non sentire alcun dolore; questo significava che i nervi stessi erano morti. Ma le aree rosse intorno alle ustioni più gravi le facevano molto male. Riusciva a sonnecchiare per pochi minuti, agitata, poi riprendeva conoscenza e gemeva. Chiedeva acqua, e gliene davano qualche piccolo sorso.

Ma ora sembrava più calma, e riconosceva le persone che aveva attorno. Era stesa sul fianco, con le gambe rannicchiate, la testa posata sulle gambe di Valiha, e descriveva i minuti prima del suo ferimento.

— È stato lui a organizzare tutto. Si è messo in contatto con le bombe volanti: tra l’altro, sono molto intelligenti. Si è anche messo in contatto con i fantasmi; ma quelli non fanno alleanze con gli estranei. Io lo sapevo, e lo sapeva anche lui, e non voleva dirmi come ha fatto a ottenere la loro collaborazione. L’ho poi convinto io. — Sorrise, anche se aveva mezza faccia bruciata.

Riprese: — Devo però ammettere che ha avuto una buona idea. Quello che ha fatto ai fantasmi mi ha sorpresa del tutto. Li ha immersi nella plastica. Li ha fatti passare sotto una sorta di doccia che li ha coperti di una colla trasparente, e poi li ha schierati in battaglia.

"Ma ha creduto che ci comportassimo in modo molto più intelligente, ed è stato questo a rovinare i suoi piani. Ricordate, quando eravamo in mezzo al deserto, Rocky ha detto che se avessimo preso la strada Circum-Gea e poi fossimo tornati indietro fino al cavo, avremmo dovuto percorrere un tratto di deserto più breve. Ebbene, se avessimo fatto così, saremmo finiti in pieno nella sua imboscata. Aveva schierato la sua armata a prova d’acqua nella zona compresa tra la strada e il cavo, e aveva nascosto fra le montagne del nord una squadriglia di bombe volanti che dovevano bombardarci dopo essere stati bloccati dai fantasmi. Nel punto dove siamo passati aveva solo una piccola forza, e priva di protezione dall’acqua. Mi ha detto che la copertura durava poco, che si consumava a causa della sabbia, e che lui aveva un solo spruzzatore, e che doveva tenerlo con la sua forza principale."

Tossì, e Robin le porse la borraccia, ma Gaby scosse la testa.

— Dobbiamo farla durare — disse. Pareva che il lungo discorso l’avesse indebolita, e Chris le suggerì di riposare.

— Prima, devo raccontare tutto — disse. — A che punto sono arrivata? Ah. Avevi ragione, Chris. Ci siamo fatti fermare dal piccolo gruppo di fantasmi; poi ci siamo nascosti quando è comparsa la prima bomba volante. Era Gene, che ci stava cercando. Quando ci ha visto, ha detto per radio alla sua forza principale di raggiungerlo. Se fossimo partiti in quel momento, saremmo giunti al cavo prima dell’arrivo dell’aviazione e della fanteria. Non credo che Gene avrebbe corso il rischio di cercare di colpirci dall’aria, ma posso anche sbagliarmi. Aveva i suoi buoni motivi.

S’interruppe, e poi riprese: — Voleva uccidermi. — Ricominciò a tossire. Quando ebbe terminato, riprese la sua storia. — Tutto questo attacco, e tutti gli altri guai da noi incontrati nel corso del viaggio, sono stati opera di Gene che intendeva uccidermi. I fantasmi e le bombe volanti avevano l’ordine di cercare di colpire me, innanzitutto, e poi gli altri se c’era tempo. Cirocco non doveva essere toccata, ma credo che Gene avesse altre idee su di lei.

— Cosa intendi dire? — chiese Robin. — Gene eseguiva gli ordini di qualcun altro?

— Sì — disse Gaby. — Proprio così. E non voleva dirmelo, assolutamente. Io l’ho avvertito che se non me lo avesse detto, avrei cercato di farlo sopravvivere almeno un giorno, e l’avrei tagliato a fette, un pezzo alla volta. Perché mi credesse, ho perfino dovuto cominciare a tagliare qualche pezzetto.

Robin trangugiò a vuoto. Aveva pensato di conoscere che cos’era la violenza, ma la scala dei recenti avvenimenti l’aveva sconvolta. Sapeva cos’era un naso rotto, un osso spezzato, e perfino un omicidio, ma la guerra era una cosa che riguardava l’odiata Terra. Non sapeva se sarebbe stata in grado di fare ciò che aveva fatto Gaby. Avrebbe potuto tagliare la gola a Gene, o pugnalarlo al cuore. Il concetto di tortura le era estraneo, ma capiva la profonda corrente di odio che fluiva in Gaby, una corrente messa in movimento da quel Gene. Ancora una volta avvertì la grande differenza tra i suoi diciannove anni nella Congrega e i settantacinque passati da Gaby sulla grande ruota.

— Chi era? — chiese Chris. — Oceano? Teti?

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