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Ma non in quel viaggio, con Valiha che perdeva le bave dietro di lui, con Cirocco tenuta a freno soltanto dai postumi delle sue mega-sbornie e, come Gaby cominciava a sospettare, con la stessa Robin che stava entrando nell’idea di fare qualche tentativo di esplorazione inter-culturale.

Il poveretto aveva già la sua dose di problemi, senza bisogno che Gaby Plauget cercasse di infilarlo tra i cocci della sua vita amorosa. Inoltre, lei sapeva che il più grosso problema di Chris era quello che finora pareva il minore. Il problema che aveva nome Cirocco. Chris non era ancora pronto per lei, e Gaby intendeva fare tutto quello che poteva per impedire che cadesse tra le sue grinfie.

Il segmento di Ofione in cui entravano adesso era assai diverso da quello che avevano percorso su Iperione. Richiedeva esperienza. Per le peggiori rapide, Gaby voleva che su ciascuna canoa ci fossero due esperti rematori, uno davanti e l’altro dietro. Tutti i titanidi erano esperti, e così lo erano Gaby e Cirocco. Chris era alle prime armi, ma poteva essere utile, Robin era una principiante assoluta, e inoltre non sapeva nuotare. Gaby la mise tra due titanidi, e fece salire gli altri due sulla seconda canoa; lei, Chris e Cirocco salirono sulla terza, e si portarono la quarta a rimorchio. Nei punti tranquilli lasciò che Robin passasse in testa e si unì a lei, mostrandole come condurre la barca. Come in tutto quello che faceva, Robin si dedicò completamente a quel compito, e presto mostrò dei miglioramenti.

Fu un viaggio entusiasmante. Chris era al settimo cielo, e Robin era eccitatissima quando giunsero alla fine di una serie di rapide. Una volta giunse addirittura a suggerire di ritornare indietro per rifare la discesa: mentre lo diceva, pareva una bambina di tre anni. Moriva dalla voglia di guidare da sola la sua canoa, e Gaby poteva capirla perfettamente: c’erano poche cose che Gaby apprezzasse più di una corsa in canoa sopra una rapida. Quando viaggiava con Salterio, Gaby amava sfidare il fiume, mettersi nel pericolo. Ora, anche se si divertiva, imparava una cosa che Cirocco aveva scoperto molto tempo prima. Quando si è a capo della spedizione, il divertimento non è più lo stesso. Essere responsabili degli altri porta le persone a essere conservatrici e anche un po’ pedanti. Era costretta a essere inflessibile con Robin, che non voleva mettersi il giubbotto salvagente.

Raggiunsero la zona crepuscolare a occidente di Crio, e solo allora montarono le tende. Tutti erano felicemente esausti. Consumarono una cena leggera e un’enorme colazione, e ripartirono in direzione di territori che si rischiaravano gradualmente. L’unica cosa che poteva far aumentare la gioia di stare sul fiume era quella di uscire dalla pioggia di Rea per entrare nel sole di Crio.

Ofione entrava in piena luce del giorno in un punto leggermente a nord del cavo inclinato occidentale, l’equivalente della Scala di Cirocco, ma inclinato nella direzione opposta. Il fiume poi si dirigeva a sud e proseguiva in questa direzione per più di cento chilometri. Le rapide divennero meno frequenti, anche se il fiume scorreva veloce. Procedettero senza sforzi, dando qualche raro colpo di pagaia in quelle acque tranquille, riposando e lasciandosi trasportare dalla corrente.

Gaby diede l’alt prima del tempo, quando giunsero in un punto che conosceva bene per essersi già accampata laggiù in precedenza. Secondo lei, era il più bel posto di tutta la catena dei Monti Nemesi e annunciò che si sarebbero fermati per otto rivoluzioni, avrebbero dormito, e poi avrebbero ripreso il viaggio. Il programma piacque a tutti, soprattutto ai titanidi, che per la prima volta, dopo vari giorni, poterono preparare un pasto decente.

Quando Chris suggerì di andare a pescare qualcosa che i titanidi potessero cucinare, Gaby gli mostrò quali vegetali tagliare per fare le canne da pesca. Anche Robin pareva interessata, e Gaby le insegnò a infilare l’esca sull’amo, a legare l’amo alla lenza, a girare i semplici verricelli portati dai titanidi. Si misero in un punto dove l’acqua era bassa, posarono bene i piedi su una pietra piatta, e cominciarono a pescare.

— Cosa si prende, da queste parti? — domandò Chris.

— Che cosa pescheresti, al tuo paese, in un fiume come questo?

— Delle trote, probabilmente.

— E allora vorrà dire che pescherai delle trote. Penso che una dozzina sarà sufficiente.

— Dici sul serio? Sono davvero trote?

— Certo, e non si tratta semplicemente di una imitazione di Gea. Molto tempo fa, a Gea è venuto in testa di richiamare un po’ di turisti. Adesso gliene importa poco, ma a quell’epoca ha fatto immettere i pesci in molti fiumi, e questi pesci si sono moltiplicati. Diventano molto grossi. Come questo. — La sua canna si piegò a semicerchio. Pochi minuti più tardi infilò nella rete la più grossa trota che Chris avesse mai visto, per non dire pescato.

Al primo pesce che abboccò, Robin ruppe la lenza, però in seguito riuscì a prendere un pesce altrettanto grande. In una mezz’ora catturarono la dozzina di pesci occorrenti per la cena, ma proprio a quel punto abboccò all’amo di Chris una bestia che pareva più una balena che un pesce normale. Eppure, quando uscì dall’acqua, videro che aveva la forma e il colore della trota, nonché lo spirito battagliero. Dopo venti minuti di lotta, Chris riuscì a infilare nel suo retino un pesce talmente grosso da far dire alla stessa Gaby di non averne mai visto uno simile. Chris lo fissò con grande orgoglio, poi lo sollevò verso il cielo.

— Cosa te ne pare, Gea? — gridò. — È abbastanza grosso?

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La grotta

Una volta, Chris riuscì a vederlo. Era una minuscola macchietta, molto a nord e molto in alto, ma doveva essere l’origine del ruggito continuo che aveva già udito un paio di volte in precedenza. Vide che svaniva dietro una montagna, ma riuscì a udirlo ancora per un minuto.

— Valiha — disse — vado a sinistra.

— Ti vengo dietro.

Chris si accostò a Gaby e Salterio. Afferrò il bordo dell’altra canoa, posò sul fondo la pagaia, poi saltò agilmente da una all’altra. Gaby aggrottò la fronte.

— Non credi che sia ora di dirci tutto? Avevi promesso di insegnarci le cose che dovevamo sapere.

— L’ho detto, vero? — Si rabbuiò ancora di più, poi si arrese. — Non volevo tenervi nascosto niente, a dire il vero. Solo, si tratta di cose di cui non amo parlare. Io… — Alzò lo sguardo, e vide che Robin si univa a loro.

— Va bene. Le chiamiamo bombe volanti. Sono creature nuove. Recentissime. Ho visto la prima non più di sei o sette anni fa. Gea deve avere lavorato a lungo su di esse, perché sono talmente improbabili che non dovrebbero neppure essere vive. Sono la cosa più orrenda che abbia mai visto.

"Sono degli aeroplani vivi, spinti da motori a reazione. Ne ho esaminato uno solo, ma era bruciato dopo essere esploso. Qualche anno dopo la loro comparsa, ho ordinato sulla Terra un vecchio missile terra-aria guidato dal calore, e ne ho abbattuto uno. Era lungo trenta metri, e chiaramente organico, anche se aveva nel corpo un mucchio di metallo. Non so come funzioni; la sua biochimica deve essere qualcosa di fantastico, specialmente durante la gestazione.

"Comunque, mi sono chiesta come volasse. Aveva delle ali fisse, e due gambe che, quando volava, restavano ripiegate. Non credo che possa fare molta strada su quelle gambe. E aveva due vesciche-serbatoio che contenevano un liquido che forse era gasolio, o etanolo, o una loro miscela.

"Poi mi sono chiesta cosa potesse mangiare, per produrre il suo carburante nelle quantità occorrenti per il volo. Intendo dire che deve essere estremamente goffo, quando è sulla terra. Inoltre, se vola con un motore a reazione, non può atterrare che in cima a uno strapiombo o sulla punta di un albero molto alto. Il compressore non entra in moto se l’animale è fermo. Perciò, per partire, gli occorre una catapulta di lancio o una lunga caduta, e poi accende il motore quando arriva a una velocità limite. Per trovare la risposta a queste domande, dovevo mettermi al lavoro.

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