— Be’, sono qui che ascolto.
Gea si sporse verso di lui e gli diede una pacca sul ginocchio.
— Mi sei simpatico. Dunque, io non do niente per niente. Ma, nello stesso tempo, non metto niente in vendita. Le cure vengono date sulla base del merito. Dulcinea diceva che finora non ti pareva di avere fatto niente che ti meritasse la guarigione. Prova a pensarci ancora.
— Non credo di capire cosa desiderate.
— Be’ — spiegò Gea — per le cose fatte sulla Terra occorrerebbe portare la documentazione. Inventare un dispositivo salva-vita, formulare una nuova filosofia interessante. Sacrificarsi per gli altri. Non hai mai visto La vita è meravigliosa, di Frank Capra? No? È una vergogna che voialtri trascuriate i classici per seguire i capricci della moda e del gusto popolare. Il protagonista di quel film aveva compiuto delle azioni che lo avrebbero reso meritevole, ma non erano documentate, e lui non potrebbe portarmi fin qui un autobus pieno di testimoni, e di conseguenza non avrebbe fortuna. È un peccato, ma io posso agire solo in questo modo. Non ti è venuto in mente niente?
Chris scosse la testa.
— Qualcosa che hai fatto dopo avere parlato con Dulcinea?
— No, niente. Suppongo di avere dedicato tutte le energie al mio problema. Devo scusarmene.
— Non ce n’è bisogno, non ce n’è bisogno. Allora, veniamo al nostro accordo. La questione è che io mi occupo soltanto degli eroi. Puoi pensare che io mi comporto snobisticamente nei riguardi degli effimeri, ma il fatto è che, in un punto o nell’altro, devo pur tirare una linea di demarcazione. Come criterio di scelta, potevo adottare la ricchezza, e il tuo compito sarebbe più difficile. È più facile diventare un eroe, sai, che diventare un riccone.
«Una volta, non mi sarei neppure degnata di parlarti. Prima avresti dovuto dimostrarmi di essere un eroe. A quell’epoca, la prova era semplice. L’ascensore era chiuso agli esseri liberi. Se desideravano vedermi, dovevano arrampicarsi lungo un raggio, seicento chilometri. Chi riusciva a farcela era per definizione un eroe. Molti non ce la facevano, e diventavano degli eroi morti.
«Ma da quando sono diventata la guaritrice della razza umana, ho cambiato le condizioni. Alcuni di coloro che hanno bisogno di cure sono troppo deboli per lasciare il letto. Non possono uccidere draghi, ovviamente, ma ci sono altri modi per dimostrarsi degni, e adesso ne hanno la possibilità anche loro. Consideralo un omaggio al concetto umano di sportività. Comunque, tieni presente che non garantisco un trattamento equo a nessuno. Dovrai correre i tuoi rischi.»
— Questo mi è chiaro.
— Allora, sei a posto. A meno che tu non abbia qualche domanda, puoi partire. Ritorna quando sarai degno della mia attenzione. — Ma non fece alcun cenno di allontanarsi.
— Che cosa volete che faccia?
Gea raddrizzò la schiena, cominciò a contare sulla punta delle dita. Erano corti salsicciotti incrostati di gemme, e gli anelli erano sepolti in mezzo al grasso.
— Punto uno. Niente. Torni a casa e lasci perdere il tutto. Punto due. Il più semplice. Scendi alla circonferenza e risali fin qui. Hai una possibilità di riuscita su trenta. Tre. — Smise di contare, e con un gesto del braccio indicò la gente riunita attorno a lei. — Partecipa al ricevimento. Continua a divertirmi, e io ti terrò eternamente in buona salute. Tutta questa gente è arrivata qui come ci sei arrivato tu. Ha deciso di giocare sul sicuro. Ci sono molti film e, come dicevo, si mangia bene. Ma il numero dei suicidi è elevato.
Chris si guardò attorno, e per la prima volta li fissò con attenzione. Ne capiva perfettamente il motivo. Molte di quelle persone non sembravano neppure vive. Sedevano immobili a guardare l’immenso schermo: presenze opache che trasudavano depressione come un grigio miasma osservato in una foto Kirlian.
— Quattro. Scendi alla circonferenza, e fai qualcosa. Ritorna da me come eroe, e io non solo ti guarirò, ma darò ai medici della Terra le informazioni occorrenti per curare le altre settantatré persone che hanno la tua stessa malattia.
«E qui finisce. Adesso, tocca soltanto a te. Corri verso il binario, o aspetti che lo faccia qualcun altro? Quelle settantatré persone sperano che arrivi qualcuno più coraggioso di loro, qualcuno che soffra del loro stesso disturbo. C’è già qui un uomo, a dire il vero, che ha la tua stessa malattia. Eccolo là, quel giovane dagli occhi affamati. Se scenderai alla circonferenza, per vivere o per morire che sia, potresti salvarlo. Oppure potresti unirti a lui, e aspettare che arrivi un vero eroe.»
Chris guardò l’uomo e rimase sorpreso. «Occhi affamati» era la descrizione esatta. Per uno spaventoso istante, Chris si vide a fianco di quell’uomo.
— Ma cosa volete che faccia? — gemette Chris. — Non potete darmi un suggerimento?
Capì che Gea stava rapidamente perdendo l’interesse in lui. Si era voltata a guardare le immagini sullo schermo. Ma si girò verso di lui per l’ultima volta.
— Là sotto c’è un’area di un milione di metri quadri. Le caratteristiche geografiche sfiderebbero la tua immaginazione. C’è un diamante grosso come il Ritz, posto in cima a una montagna di vetro. Portami quel diamante. Certe tribù vivono sotto un’oppressione spietata, schiave di creature malvage con gli occhi rossi e ardenti come la brace. Liberale. Ci sono centocinquanta draghi, ciascuno diverso dall’altro, sparsi qua e là per la mia circonferenza. Uccidine uno. Ci sono migliaia di torti da raddrizzare, di ostacoli da superare, di innocenti da salvare. Il mio consiglio è di metterti in viaggio lungo la mia superficie. Prima che tu ritorni al punto di partenza, ti garantisco che il tuo coraggio sarà stato messo alla prova mille volte.
«Ma devi deciderti subito. Quell’uomo laggiù e altri settantadue sulla Terra aspettano te. Sono legati alle rotaie del treno. Tocca a te salvarli, e il tuo primo passo è quello di capire che forse non riuscirai neppure a salvare te stesso. Ma se morirai, almeno sarai morto nel tentativo.
«Che cosa decidi, allora? O ordini da bere, o ti togli dai piedi!»
8
L’aviatore
Robin aveva voglia di pestare i piedi per terra, ma si guardò bene dal farlo. Dodici anni di esilio nelle regioni a bassa gravità della Congrega le avevano insegnato a evitarlo. Ma emotivamente, nel suo cervello, li stava pestando con furore.
Una delle assistenti la accompagnava all’ascensore, ma Robin se la lasciò presto alle spalle. Rifece la strada tra i monumenti, come una formica in mezzo agli elefanti.
Ridicolo. Gea pensava di impressionarla? Se uno si lasciava impressionare dallo spreco, lei, allora, era addirittura sconvolta.
Cattedrali. Ballerini di tip-tap. Una «cosa» oscena e grassa che si spacciava per la Grande Madre, circondata da una manica di sicofanti. E a coronare il tutto?
Gli eroi.
Sbuffò con disprezzo, rivolta nella generica direzione di Notre Dame.
Per quale motivo, lei, Robin, doveva salvare ventisei estranei? Uno di loro era senza dubbio suo padre. Gea glielo aveva fatto notare espressamente, e lei l’aveva fissata a sua volta, senza capire. Parlare di paternità a Robin era come parlarle della risposta premi alla chiusura mensile della Borsa.
Non si dà niente per niente, aveva detto Gea. E, allora, quei ventisei in paziente attesa che Robin si incamminasse verso una morte orrenda, che cosa davano? Tutto il suo essere si ribellava contro quell’idea. Se anche uno solo dei malati fosse appartenuto alla Congrega, lei avrebbe mosso il Cielo e la Terra per salvarlo. Ma gli estranei?
Quel viaggio su Gea era stato una stupidaggine fin dall’inizio. Adesso non era il caso di sommare nuovi errori a quelli già fatti. Rimanere in quel penosissimo branco di leccastivali smidollati era assolutamente da escludere, e così pure accettare le condizioni di Gea. Se ne sarebbe ritornata a casa sua, per vivere come voleva la Grande Madre.