— Però, io non credo che lo siate, almeno adesso — disse. — Sono Gaby Plauget. Spero che le mie parole non vi abbiano offeso.
Chris rimase sorpreso dalla forza della sua stretta di mano.
— Mi chiamo…
— Chris Major. — La donna rise di nuovo. Era una risata innocente. Impossibile interpretarla nel modo sbagliato. — Non dovrei lasciarmi scappare queste cose. Probabilmente, adesso penserete che sappia un mucchio di cose su di voi. È la prima volta che ci vediamo, comunque.
— Avevo l’impressione che… lasciamo perdere. — Chris pensava di conoscere quel nome, ma la donna aveva detto che non si erano mai visti, e perciò lasciò cadere l’argomento. Se avesse passato il tempo a dare la caccia alle esperienze fantasma sepolte nella sua mente, non sarebbe mai riuscito a combinare niente nella vita.
La donna annuì. — Ne parleremo più tardi. Ci si vede. — Sempre sorridendo, agitò la mano e tornò a rivolgersi all’altra donna. — Ogni riga rappresenta un titanide — spiegò. — Il posteriore è a sinistra, la testa è a destra. La prima fila è una femmina: da sinistra a destra, vagina, pene, un’altra vagina tra le zampe anteriori. Anche la seconda riga è una femmina, e la terza riga è un maschio. Adesso ti è chiaro? Il titanide della riga più in alto è antemadre e retropadre, quello della fila di mezzo è retromadre, quello in basso…
— Che cosa ti ha detto?
Chris si voltò, e vide che Valiha era preoccupata.
— Perché, cosa ti hodetto, io?
— Che eri molto fortunato, e che tu… vuoi dire che non è vero? — Spalancò gli occhi e si portò la mano alla bocca.
— A quanto so, ci sono dei momenti in cui sono fortunato — disse lui. — Ma non è una cosa su cui si possa fare affidamento. E non ricordo dove ci siamo incontrati, di cosa abbiamo parlato, e cosa abbiamo fatto insieme. Ho perso la memoria da… ecco, l’ultima cosa che ricordo è che parlavo con Gea nella grande sala del mozzo. Mi spiace. Ho fatto delle promesse?
Ma Valiha si era già voltata verso i suoi due partner. Accostarono le teste e cominciarono a cantare un melodia dolce e struggente. A quanto capì Chris, stavano discutendo la cosa. Sospirò, e si guardò attorno, alla ricerca di Gaby e dell’altra ragazza, ma vide che erano già in fondo alla fila e che si dirigevano verso una grande tenda bianca, collocata ai limiti del campo di rivista.
Valiha gli chiese di tenersi vicino a loro, in attesa del momento dell’ispezione. Gli chiese se portava sfortuna, quando non era pazzo, e lui rispose che non gli pareva di portarne. Secondo Chris, la cosa migliore da farsi era quella di confondersi tra la folla, anziché rattristare i suoi compagni con la nube nera di disgrazie che portava con sé. Con questa intenzione si avviò lungo il campo, senza fretta, osservando i gruppi di titanidi.
Dopo ciò che aveva sentito, l’intero insieme acquistava più senso. In ogni riquadro c’era un gruppo che chiedeva l’autorizzazione alla riproduzione. A questo fine avevano preparato una proposta che seguiva certe loro regole arcane. Si univano a gruppi di due, tre o quattro titanidi, e ciascun gruppo spiegava quale modo di procreazione aveva scelto, tra i ventinove possibili; ciascun gruppo aveva già pronto un uovo semi-fecondato, primo stadio del minuetto sessuale dei titanidi.
Chris si chiese, mentre camminava lentamente tra i gruppi, quante di quelle proposte sarebbero state accettate, e chi prendesse la decisione. Non occorreva una grande intelligenza per capire che Gea era un sistema limitato. Anche con l’industrializzazione, Gea avrebbe potuto nutrire molti più esseri intelligenti che in quel momento, ma presto si sarebbe raggiunto il limite. Ne seguiva che solo un piccolo numero dei gruppi attorno a lui sarebbe stato prescelto. Provò a calcolare quante potessero essere le autorizzazioni, e si tenne basso. Più tardi venne a sapere che la cifra vera era un quinto della sua.
Una competizione come quella produceva tensioni, e le tensioni conducevano al comportamento irrazionale. Se al posto dei titanidi ci fossero stati degli esseri umani, il Festival sarebbe stato una rissa continua, ma i titanidi non facevano a pugni tra loro. Gli sconfitti si ritiravano a piangere in privato. Poi, dopo un periodo di tristezza, ritornavano a unirsi agli altri per darsi a una serie scatenata di danze, di sbornie e di chiacchiere su come sarebbero riusciti a vincere la prossima volta. Ma, quando provavano, si attaccavano a tutto, riempiendo di talismani, amuleti e portafortuna i riquadri loro assegnati, divenendo per qualche periodo profondamente superstiziosi, come gli scommettitori alle corse o i primitivi che, consapevoli della loro infima condizione, facevano del loro meglio per richiamare l’attenzione della divinità.
Le esposizioni create per dare risalto alle loro proposte di riproduzione andavano dal minimalista al barocco. Chris scorse una coppia che aveva costruito una pagoda dall’aspetto assai precario, decorata di pezzi di vetro, fiori, scatole vuote, e bellissime tazze di ceramica. Un altro riquadro era ricoperto di un tappeto di piume bianche, sporche di sangue. Alcuni componevano diorami o recitavano scenette; altri giocavano con i coltelli stando ritti sulle zampe posteriori.
C’era anche una semplicissima esposizione che Chris giudicò affascinante, costituita di una pietra grigia e consumata, che reggeva solo un uovo e un rametto da cui spuntavano due minuscoli fiori.
Uno dei riquadri aveva un solo occupante. Chris dapprima pensò che il resto del gruppo dovesse ancora arrivare, ma quando esaminò la targhetta rimase ancora più stupito:
Secondo la spiegazione di Gaby, una fila rappresentava un titanide. Inoltre, la targhetta pareva indicare che quella femmina intendeva essere antepadre, antemadre, retropadre e retromadre del nascituro. La osservò. Era una creatura incantevole, coperta di pelo candido come la neve, e sedeva a terra, con un singolo uovo, color verde chiaro, posato davanti alle zampe ossute. Non riuscì a resistere.
— Scusate. Ma non credo di capire come…
Lei gli sorrideva, ma dallo sguardo si capiva che non aveva compreso la domanda. Gli cantò alcune note, sollevò eloquentemente le spalle e scosse la testa.
Chris la lasciò, senza essere riuscito a soddisfare la propria curiosità di sapere come intendesse fare.
Aveva pensato di andarsene, ma si trovava ancora nei pressi quando la Maga uscì dalla tenda e cominciò la rivista. Chris non era molto lontano, e decise di rimanere per qualche tempo a osservare.
La Maga era quel che si definisce un "donnone", e non faceva niente per nasconderlo: camminava a schiena dritta, mento in fuori, spalle indietro. Aveva la pelle leggermente abbronzata, capelli color mogano con la scriminatura nel mezzo. Aveva la fronte un po’ troppo sporgente, il naso un po’ troppo lungo e la mascella un po’ troppo maschile per poter fare la diva in un film, ma dal suo modo di muoversi e da tutto il suo essere emanava una forza che andava al di là dei convenzionali canoni della bellezza. Camminava in punta di piedi, a piedi scalzi: l’andatura adatta a un quarto della gravità terrestre; Chris aveva già visto quel modo di camminare, e sapeva che occorreva piegare leggermente le ginocchia a ogni passo, e muovere soprattutto i fianchi. Era un’andatura felina, e risultava molto sexy anche se non voleva esserlo; era semplicemente il modo più efficace per camminare su Gea.
Chris seguì per qualche tempo la Maga che esaminava le file dei postulanti. Era accompagnata da una coppia di titanidi maschi del clan della Cantata: avevano la pelle di colore chiaro, erano privi di pelo, salvo che sulla testa, sulla coda, sugli avambracci e sulla parte bassa delle gambe, ed erano di grande taglia perfino per i titanidi. Uno reggeva un registro, l’altro una scatola dorata. A quanto pareva, dovevano essere gemelli identici. Portavano soltanto braccialetti e cerchi d’oro attorno alle braccia e alle gambe. Invece la Maga aveva un aspetto tutt’altro che regale. Indossava una specie di coperta color mattone, con un buco in cima per infilarci la testa, e quel poncho improvvisato le scendeva fino alle ginocchia. Le sue braccia si perdevano fra le pieghe, ma quando ne tirò fuori uno, Chris vide che non indossava altro.