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Johanson fissò prima Skaugen, poi Tina. «Un momento…» ansimò.

«È un vero lavoro di ricerca», intervenne Tina. «La Statoil ti mette a disposizione un budget e ogni possibile supporto.»

«Avrei preferito…»

«Lei è arrabbiato», lo interruppe Skaugen. «E io la capisco. Ma ha visto come sia precaria la situazione sulla scarpata continentale, e nessuno ha più informazioni di lei e degli uomini del Geomar. Ovviamente può rifiutare, ma… Per favore, non lo faccia. Lo consideri un lavoro nell'interesse della collettività.»

Johanson si sentiva quasi male per la rabbia. Gli salì alle labbra una risposta tagliente, ma la ricacciò indietro. «Capisco», disse, gelido.

«E quale sarebbe la sua decisione?»

«Naturalmente non assumerò questo ruolo.» Lanciò a Tina uno sguardo che forse non sarebbe riuscito a sgretolarla, ma sicuramente l'avrebbe trapassata. La fissò per un po', poi distolse gli occhi.

Skaugen annuì. «Ascolti, dottor Johanson: la Statoil le è oltremodo riconoscente. Tutto quello che ha fatto per noi le assicura la nostra più completa gratitudine. Ma deve sapere una cosa: per quello che mi riguarda, lei ha guadagnato un amico. Noi l'abbiamo scavalcata per la faccenda dell'NTNU, ma, in compenso, io mi lascerò scavalcare da lei, se dovesse essere necessario. Per lei mi lascerò crocifiggere, va bene?»

Johanson osservò quell'uomo massiccio e lo fissò nei piccoli occhi azzurri. «Okay», disse. «Ci penserò ancora.»

«Sigur! Vuoi fermarti una buona volta?» Tina gli correva dietro, ma lui camminava imperterrito lungo il vialetto lastricato che conduceva al parcheggio. Il centro di ricerca era in mezzo al verde, in una posizione idilliaca, su una collina vicina al fiordo, ma lui non si curava della bellezza del paesaggio. Voleva tornare nel suo ufficio.

«Sigur!» Lei lo raggiunse, ma lui continuò a camminare. «Perché fai tutte queste scene, testone?» gli gridò. «Vuoi che continui a correrti dietro?»

Johanson si fermò di colpo e si girò. Tina quasi gli finì addosso. «Perché no? Sei così veloce…» sibilò.

«Idiota», sbottò lei.

«Ah, sì? Sei veloce a parlare, veloce a pensare, sei addirittura sufficientemente veloce da pianificare tutto per i tuoi amici prima ancora che possano dire cosa ne pensano. Una corsetta non dovrebbe ucciderti.»

«Bastardo presuntuoso!» replicò Tina, furente. «Credi davvero che volessi decidere io in quale direzione mandare la tua maledetta vita da misantropo?»

«No? Ah, questo mi tranquillizza.» E riprese a camminare.

Tina esitò, poi lo rincorse di nuovo. «Okay, avrei dovuto dirtelo. Mi dispiace, davvero.»

«Avreste dovuto chiedermelo

«Volevamo farlo, maledizione. Skaugen è stato poco diplomatico, hai capito male.»

«Ho capito che avete mercanteggiato per me con l'università, come se fossi un cavallo.»

«No.» Gli prese la manica della giacca e lo costrinse a fermarsi. «Abbiamo sondato il terreno, nient'altro. Volevamo sapere se ti avrebbero concesso un congedo, in caso avessi accettato.»

Johanson sbuffò. «Ah, be', allora è tutto diverso.»

«Te l'abbiamo detto con le parole sbagliate, tutto lì. Santo cielo, te lo giuro. Che devo fare? Dimmi: che cosa devo fare?»

Johanson rimase in silenzio. Il suo sguardo e quello di lei si spostarono contemporaneamente sulle dita di Tina, ancora aggrappate alla stoffa della giacca. Lei lasciò la presa e lo guardò. «Nessuno ti vuole scavalcare. Se ci ripensi, bene, altrimenti non se ne fa nulla.»

Da qualche parte, un uccello cantava. Il vento che arrivava dal fiordo portava il rumore di motori lontani.

«In caso non accettassi, ti troveresti in una situazione non particolarmente facile, o sbaglio?» disse infine Johanson.

«In un certo senso», mormorò lei, passandogli una mano sulla manica per togliere le pieghe.

«Vale a dire?»

«Non preoccuparti per me. Riuscirò a cavarmela. Non chiedere prima il tuo parere è stata una mia decisione e… Ma sì, mi conosci: ho precorso un po' i tempi con Skaugen.»

«Cosa gli hai detto?»

«Che lo farai.» Sorrise. «Ho giurato sul mio onore. Ma, come ho già detto, non è un problema tuo.»

Johanson sentì la rabbia dissolversi. Avrebbe voluto tener duro ancora un po', solo per principio, per non permettere a Tina di cavarsela così facilmente. Ma la rabbia era sparita.

Lei se la cavava sempre.

«Skaugen si fida di me», riprese lei. «Non potevo incontrarti nella caffetteria. Abbiamo avuto una conversazione a quattr'occhi e lui mi ha spiegato che, a Stavanger, aveva scoperto le perizie occultate da quello stronzo di Stone. È tutta colpa sua. Se avesse giocato a carte scoperte, non ci troveremmo in questa situazione.»

«No, Tina.» Lui scosse la testa. «Lui credeva davvero che quei vermi non rappresentassero un pericolo.» Stone non gli piaceva, ma Johanson sentiva la necessità di difendere il capo progetto. «Voleva solo andare avanti.»

«Se davvero li considerava innocui, perché ha nascosto le perizie?»

«Avrebbero ritardato il suo progetto. Neanche voi vi sareste preoccupati troppo di quei vermi, ma avreste fatto comunque il vostro dovere e rinviato il tutto.»

«Come vedi ci stiamo preoccupando di quei vermi.»

«Adesso sì, ma solo perché sono troppi. Avete avuto paura. Quando Stone li ha trovati, erano diffusi in una zona limitata, vero?»

«Hmm.»

«Una superficie densamente popolata ma ristretta. Cose del genere succedono tutti i giorni. Gli animali piccoli compaiono spesso in grandi masse. E viene da dire: 'Che potranno mai fare un po' di vermi?' Nel golfo del Messico, quando sono stati trovati i vermi del ghiaccio, nessuno si è sognato di dichiarare lo stato d'allarme, eppure erano proprio sugli idrati.»

«Non nascondere niente è una questione di principio. Lui aveva la responsabilità del progetto.»

«Certo.» Johanson guardò verso il fiordo. «E ora la responsabilità ce l'ho io.»

«Abbiamo bisogno di un dirigente scientifico», disse Tina. «Io mi fido solo di te.»

«Santo cielo», esclamò Johanson. «Ce l'hai fatta.»

«Davvero?»

«Sì, accetto.»

«Pensa un po'…» Tina era raggiante. «Potremo lavorare insieme.»

«Ora non cercare di farmi cambiare idea. Cosa succederà adesso?»

Lei esitò. «Ma sì, hai sentito, Skaugen mi vuole mettere al posto di Stone. Può farlo come soluzione provvisoria, ma non può prendere una decisione definitiva. Per quella ha bisogno dell'approvazione da Stavanger.»

«Skaugen…» borbottò Johanson. «Perché ha messo in croce Stone in quel modo? E io che ci facevo lì? Dovevo fornirgli le munizioni?»

«Skaugen è un uomo integerrimo, anche se, secondo alcuni, esagera», spiegò Tina. «Vede dove normalmente gli altri chiudono gli occhi, e questo lo rende furioso.»

«Se è così, si rivela soprattutto umano.»

«In fondo ha il cuore tenero. Se gli dovessi proporre di dare un'altra possibilità a Stone, probabilmente sarebbe d'accordo.»

«Capisco», disse Johanson lentamente. «Ed è proprio quello cui stai pensando.»

Lei non rispose.

«Mah, sei proprio l'incarnazione dell'assistenza sociale, Tina.»

«Skaugen mi ha lasciato la scelta», replicò lei, senza dar seguito alla battuta. «Questa stazione sottomarina… Stone ne sa tantissimo. Più di me. Ora Skaugen vuole uscire con la Thorvaldson per vedere che cos'è successo là sotto e perché non riceviamo più segnali. In realtà, l'operazione dovrebbe essere guidata da Stone. Ma se Skaugen l'ha sospeso, dovrò occuparmene io.»

«Quale sarebbe l'alternativa?»

«Dare a Stone un'altra possibilità.»

«Per salvare la stazione.»

«Ammesso che ci sia ancora qualcosa da salvare. Oppure per rimetterla in attività. Skaugen ha già deciso di promuovermi, ma, se chiude un occhio, Stone rimarrebbe in gioco e potrebbe seguire la missione della Thorvaldson.»

«E tu, nel frattempo, cosa faresti?»

«Andrei a Stavanger a fare rapporto al presidente. Così Skaugen avrebbe l'occasione d'inserirmi in quell'ambiente.»

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