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Alicia arricciò il naso. «Non lo so, Leon. Perché non mi abbandona la sensazione che tu mi stia spingendo in una trappola?»

«Leoni marini!» gridò Susan Stringer. «Là davanti.»

Anawak si riparò gli occhi con la mano. Si stavano avvicinando a un'isoletta coperta da una misera vegetazione. Su uno scoglio dormicchiava al sole un gruppo di leoni marini Stellar. Alcuni sollevarono stancamente la testa e osservarono l'imbarcazione.

«Non si tratta di Gallup o Povinelli, vero?» Anawak prese la macchina fotografica e scattò alcune foto. «Ti consiglio un'altra discussione. Siamo d'accordo sul fatto che una scala di valori assoluta non esiste e che esiste solo una rappresentazione umana. Faccenda chiusa. Entrambi siamo assolutamente contrari all'umanizzazione degli animali. Io sono convinto che, entro certi limiti, sarà possibile comprendere il loro mondo interiore… afferrarli intellettualmente, diciamo. Inoltre credo che con certi animali abbiamo più cose in comune che con altri e che quindi troveremo la strada per comunicare. Tu, invece, credi che tutti i non umani ci saranno eternamente estranei. Non abbiamo nessun accesso alla mente degli animali, quindi non ci sarà mai nessuna comunicazione. Saremo inesorabilmente divisi e l'unica cosa sensata da fare è lasciarli in pace.»

Alicia rimase in silenzio per un po'. Lo zodiac superò lentamente l'isola coi leoni marini. Susan spiegava le caratteristiche fondamentali di quegli animali ai passeggeri, che intanto, come Anawak, scattavano foto.

«Ci devo pensare», disse infine la ragazza.

E lo fece davvero. O se non altro non aprì quasi bocca finché non furono in mare aperto. Anawak era soddisfatto. Era una buona cosa che il tour fosse iniziato coi leoni marini. La popolazione delle balene non aveva ancora raggiunto la sua consistenza abituale. Una roccia coperta di leoni marini dava un taglio positivo alla spedizione e forse avrebbe aiutato in caso non ci fossero stati gli avvistamenti sperati.

Ma i suoi timori si dimostrarono privi di fondamento.

A poca distanza dalla costa incontrarono un branco di balene grigie. Erano un po' più piccole delle megattere, ma pur sempre di dimensioni impressionanti. Alcune arrivarono molto vicino e guardarono con circospezione fuori dall'acqua, suscitando l'entusiasmo dei passeggeri. Sembravano pietre vive, macchiettate, con le potenti mascelle ricoperte di crostacei balani e copepodi, parassiti infestanti. Molti dei passeggeri fotografavano e riprendevano freneticamente. Altri osservavano rapiti. Anawak aveva visto uomini adulti mettersi a piangere alla vista di una balena che si levava dall'acqua.

A una certa distanza c'erano altri tre zodiac e una nave più grassa con lo scafo rigido. Tutti avevano spento i motori. Susan trasmetteva per radio gli avvistamenti. Praticavano un whale watching rigidamente regolamentato, ma qualcuno come Jack Greywolf sarebbe sceso in campo anche contro quello.

Jack Greywolf era un idiota.

Un idiota pericoloso, per giunta. Anawak diffidava di quello che stava progettando. Tourist watching… Ridicolo! Ma se fossero arrivati a scontrarsi apertamente, Greywolf avrebbe avuto i media dalla sua parte. Avrebbe gettato il discredito sulla Davies Whaling Station, e il grande senso di responsabilità con cui conducevano le escursioni coi turisti sarebbe stato ignorato. Le manovre di disturbo degli ambientalisti — anche se si trattava di personaggi equivoci come i membri dell'associazione di Greywolf, la Seaguard — avrebbero reso la condanna inappellabile. Nessuno si sarebbe preso la briga di soppesare le affermazioni di organizzazioni serie e quelle di fanatici dello stampo di Jack Greywolf. In genere, le valutazioni serie arrivavano solo quando la stampa aveva già diffuso le notizie e il danno era fatto.

E Greywolf non era l'unica preoccupazione di Anawak.

Osservava l'oceano con attenzione, pronto a scattare fotografie. Si chiedeva se non soffrisse ancora della paranoia provocata dall'incontro con le due megattere. Vedeva fantasmi, oppure c'era stato davvero un cambiamento nel comportamento degli ammali?

«A destra!» gridò Susan.

Le teste delle persone sullo zodiac seguirono il suo braccio teso. Numerose balene si erano avvicinate all'imbarcazione e s'immergevano con movimenti suggestivi. Le loro code sembravano fare dei cenni ai passeggeri. Anawak scattava foto per l'archivio. Skoemaker sarebbe stato felicissimo. Era un viaggio esemplare, come se le balene volessero indennizzare per la lunga attesa i whale watcher offrendo loro uno spettacolo generoso. Più al largo tre grandi balene grigie tenevano la testa fuori dall'acqua.

«Queste non sono balene grigie, vero?» chiese Alicia. Masticava un chewing-gum e guardava Anawak come se si aspettasse una ricompensa.

«No. Sono megattere.»

«Mi pareva. Da dove viene questo stupido nome? Non vedo nessuna gobba.»

«Infatti non ce l'hanno. Ma la fanno quando s'immergono. Credo che il nome derivi dalla caratteristica curvatura del corpo», spiegò Anawak.

Alicia sollevò le sopracciglia. «Pensavo che derivasse da quella piccola gobba sulla bocca. Da quella escrescenza.»

Anawak sospirò. «Fai ancora il bastian contrario, eh?»

«Scusa.» Si mise ad agitare le braccia, eccitata. «Ehi, cosa fanno quelle laggiù? Che cosa fanno quelle?»

Le teste delle tre megattere avevano colpito contemporaneamente la superficie dell'acqua. Avevano spalancato le gigantesche bocche al punto che si poteva vedere il palato rosa. Si distinguevano chiaramente i fanoni e le imponenti gole sembravano gonfie. Tra le balene vorticava la schiuma e qualcos'altro che luccicava come lustrini. Come dal nulla erano comparsi stormi di gabbiani e gavie, che volteggiavano intorno alla scena e volevano prendere parte alla festa.

«Mangiano», chiarì Anawak, continuando a fotografare.

«Incredibile! Sembra quasi che vogliano mangiare noi.»

«Su, non renderti più stupida di quello che sei.»

Alicia spostava il chewing-gum da una guancia all'altra. «Non capisci le battute», disse annoiata. «So bene che si nutrono di plancton e di piccoli animaletti. Semplicemente non l'avevo mai visto fare. Pensavo che scivolassero con la bocca aperta.»

«La balena bianca australe fa così», disse Susan da sopra la spalla. «Le megattere hanno un loro metodo. Nuotano sotto un banco di piccoli pesci, o krill, e lo circondano con un cerchio di bolle d'aria. I piccoli animali non amano le acque turbolente, così cercano di tenersi lontano dalla cortina di bolle e stanno stretti l'uno all'altro. Le balene emergono, aprono la bocca e… gulp.»

«Non stare a spiegarglielo. Senza dubbio queste cose le sa meglio di te», disse Anawak.

«Gulp?» fece eco Alicia.

«Si dice così per le balenottere boreali. La 'procedura gulp'. Possono allargare la gola, che si trasforma in un gigantesco deposito per il cibo. Con un'enorme sorsata inghiottiscono plancton e pesci, che rimangono bloccati nei fanoni quando le balene risputano fuori l'acqua.»

Anawak si accostò a Susan. Alicia ebbe l'impressione che volesse parlarle a quattr'occhi. Susan si sporse dalla cabina di guida e iniziò a spiegare ai passeggeri la «procedura gulp».

Quando ebbe finito, Anawak le chiese a bassa voce: «Come ti sembrano?»

Susan voltò la testa. «Le balene?» chiese.

«Sì.»

«Che domanda ridicola…» esclamò Susan. Poi rifletté. «Come al solito, credo. E a te, come sembrano?»

«Le trovi normali?» domandò Anawak.

«Certo. Sono in piena febbre dello show, se è questo che vuoi dire. Sì, e sono anche maledettamente brave.»

«Non noti qualcosa… di diverso?»

Lei socchiuse le palpebre. Il sole splendeva abbagliante sull'acqua. Vicino all'imbarcazione emerse un dorso grigio chiazzato e poi sparì. Le megattere si erano di nuovo ritirate sotto la superficie. «Di diverso?» ripeté Susan, allungandosi. «Che intendi?»

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