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«È un classico pure che siano milioni?» domandò Tina.

Johanson scosse la testa.

Tina si appoggiò allo schienale. «Va bene», disse all'uomo che controllava il braccio prensile. «Mettiamo Victor all'opera. Deve prendere un bel mucchio di quegli animaletti e poi dare un'occhiata al terreno, ammesso che con quella massa di vermi si possa parlare ancora di terreno.»

Erano già le dieci passate quando qualcuno bussò alla cabina di Johanson. Lui aprì la porta e Tina entrò, lasciandosi cadere sulla piccola sedia che, insieme con un tavolo minuscolo e col letto, costituiva l'unico mobilio della stanza. «Ho gli occhi che mi bruciano», disse. «Alban mi sostituisce per un po'.» Poi scorse il piatto di formaggi e la bottiglia aperta di Bordeaux. «Avrei dovuto immaginarlo.» Rise. «È per questo che te la sei svignata, eh?»

Johanson aveva lasciato la sala di controllo mezz'ora prima per prepararsi lo spuntino. «Brie des Meaux, taleggio, munster, formaggio di capra stagionato e un po' di fontina piemontese», presentò i formaggi seguendone l'ordine sul piatto. «Inoltre ho una baguette e del burro.»

«Sei matto.»

«Ne vuoi un bicchiere?»

«Certo che ne voglio un bicchiere. Cos'è?»

«Un Pauillac. Devi perdonarmi se non posso decantarlo, ma la Thorvaldson è caratterizzata dalla sgradevole mancanza di bicchieri di cristallo. Avete visto qualcos'altro d'interessante?»

Tina prese il bicchiere e lo vuotò per metà. «Quegli animaletti di merda sono adagiati sugli idrati. Ovunque.»

Johanson si accomodò di fronte a lei sul bordo del letto e prese a spalmare il burro sulla baguette. «Davvero singolare.»

Tina prese il formaggio. «Ormai anche gli altri sono convinti che ci sia da preoccuparsi. Soprattutto Alban.»

«Durante la vostra ultima ricognizione non erano così tanti?»

«No… Be', sì, erano fin troppi per i miei gusti, però in quella occasione erano troppi solo per i miei gusti, non per quelli degli altri.»

Johanson le sorrise. «Lo sai, chi ha gusto si trova sempre in minoranza.»

«Va bene, comunque domattina riportiamo su Victor con una bella scorta di vermi. Così, se ne avrai voglia, potrai giocare con loro.» Si alzò, masticando il formaggio, e guardò fuori dall'oblò. Il cielo si era rasserenato. La luce della luna scivolava sulle onde e si rifrangeva. «Ho già guardato il video centinaia di volte. Quella cosa chiara… Alban pensa che sia un pesce, ma, se fosse così, allora dovrebbe avere le dimensione di una manta o di qualcosa di ancora più grande. Inoltre non aveva una forma riconoscibile.»

«Forse era un riflesso di luce», ipotizzò Johanson.

Tina si girò verso di lui. «No. Era distante alcuni metri, proprio al confine della zona illuminata. Era enorme e piatto e si è ritirato come un fulmine, come se non potesse sopportare la luce, oppure avesse paura di essere scoperto.»

«Potrebbe essere qualsiasi cosa.»

«No, non qualsiasi cosa.»

«Anche un banco di pesci può tirarsi indietro fulmineamente. Se poi nuota tenendosi molto serrato può dare l'impressione di un….», insistette lui.

«Non era un banco di pesci, Sigur! Era piatto. Una superficie che si muove, in un certo senso… vitrea. Come una grande medusa», esclamò Tina.

«Una grande medusa. Allora hai scoperto cos'era.»

«No, no!» La donna fece una pausa e tornò a sedersi. «Va' a guardarti le riprese. Non era una medusa.»

Proseguirono a mangiare per un po' in silenzio.

«Hai mentito a Jörensen», disse improvvisamente Johanson. «Non ci sarà nessuna SWOP. Perlomeno nessuna che possa occupare operai petroliferi.»

Tina sollevò lo sguardo, si portò il bicchiere alle labbra, sorseggiando il vino, e poi lo posò con cautela. «È vero.»

«Perché? Temevi di spezzargli il cuore?»

«Forse.»

Johanson scosse la testa. «Il cuore glielo spezzerete comunque. Non c'è più lavoro per gli operai petroliferi, vero?»

«Ascolta, Sigur, non volevo mentirgli, ma… Maledizione, tutto questo settore industriale si sta trasformando e la forza lavoro rimane tagliata fuori. Che ci posso fare? Jörensen sa che è così. Sa anche che il personale della Gullfaks C sarà ridotto a un decimo di quello attuale. Costa meno convertire tutta la piattaforma che continuare a impiegare duecentottanta persone. La Statoil sta pensando di eliminare completamente il personale della Gullfaks B. Possiamo farla funzionare guidandola da un'altra piattaforma, ma anche così i margini di guadagno sarebbero risicati.»

«Mi stai dicendo che il vostro business non rende più?» disse lui.

«L'affare offshore ha reso soltanto finché l'OPEC non ha fatto una politica di rialzo dei prezzi, cioè fino all'inizio degli anni '70. Dalla metà degli anni '80, i prezzi sono crollati. E quando i giacimenti saranno esauriti, crollerà anche l'Europa settentrionale, se non sfrutteremo i giacimenti più al largo… Però essi si trovano a grande profondità, dove si può lavorare solo con l'aiuto dei ROV e degli AUV.»

AUV era un'altra sigla del vocabolario delle esplorazioni negli abissi marini e, da qualche tempo, era sulla bocca di tutti. Gli Autonomous Underwater Vehicles funzionavano di fatto come Victor, ma non erano più legati alla nave madre dal cordone ombelicale artificiale. Le industrie offshore guardavano con grande interesse allo sviluppo di quel robot da immersione. Era come un esploratore planetario in grado di spingersi nelle zone più inospitali, era estremamente flessibile e manovrabile e, entro certi limiti, si rivelava persino in grado di prendere decisioni autonome. Con l'aiuto degli AUV si concretizzava la possibilità d'installare stazioni di estrazione del petrolio a cinque o seimila metri di profondità e di sorvegliarle.

«Non ti devi giustificare», disse Johanson, mentre si versava del vino. «Non puoi farci nulla.»

«Io non mi giustifico», ribatté Tina, in tono seccato. «Inoltre tutti potremmo fare qualcosa. Se l'umanità non consumasse tanto combustibile, il problema non esisterebbe.»

«Be', non subito, ma in futuro sì. Comunque la tua sensibilità ecologica ti fa onore.»

«E allora?» replicò lei, acida. Non le era sfuggito il tono ironico della voce di Sigur. «Forse ti sembrerà impossibile, ma le industrie del petrolio sanno anche imparare.»

«Sì, ma che cosa?»

«Nei prossimi decenni dovremo occuparci dello smantellamento di oltre seicento piattaforme perché non sono più economicamente convenienti e ormai si sono rivelate inadatte alle nuove tecnologie! Lo sai che cosa costa? Miliardi! Nel frattempo lo zoccolo continentale sarà completamente esaurito! Quindi non trattarci come se fossimo gentaglia.»

«Va bene.»

«Naturalmente adesso tutti si scagliano contro le stazioni sottomarine senza personale. Ma, se non le costruiamo, domani l'Europa dipenderà completamente dagli oleodotti del Medio Oriente e del Sudamerica e a noi rimarrà solo un cimitero in mare», continuò Tina.

«Non ho nulla in contrario. Mi chiedo solo se siete perfettamente consapevoli di quello che fate.»

«Che vuoi dire?»

«I problemi tecnici per mettere in funzione stazioni automatizzate sono enormi», disse Johanson.

«Sì, certo.»

«Voi progettate l'estrazione di enormi quantità di petrolio in zone caratterizzate da una pressione estrema, utilizzando miscele altamente corrosive e, oltretutto, con strutture prive di manutenzione.» Johanson esitò. «Fate grandi progetti, ma in realtà non avete la più pallida idea di come sia realmente laggiù.»

«Lo stiamo scoprendo.»

«Come oggi? Ne dubito. È un po' come la nonna che va in vacanza e scatta un po' d'istantanee, convinta che le permettano di conoscere il Paese in cui è stata. Avete la tendenza a individuare una zona e a esaminarla solo finché non vi sembra che possa essere quella giusta. Ma non cercate di comprendere il complesso sistema di relazioni in cui v'inserite.»

«Rieccoci», si lamentò Tina.

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