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«E che cosa ne è di batiscafi, robot e cose simili?» volle sapere il direttore della CIA.

«Nulla. Da qualche tempo, qualsiasi cosa caliamo in mare sparisce senza lasciare tracce. Là sotto non abbiamo la minima possibilità di controllo. I ROV sono collegati al mondo esterno solo attraverso cavi, che regolarmente tiriamo fuori dall'acqua in pezzi e subito dopo che le telecamere hanno ripreso una luce bluastra. Non sappiamo dove siano andati a finire gli AUV. Quattro coraggiosi scienziati russi, nelle scorse settimane, sono andati sott'acqua con un batiscafo MIR, ma a mille metri di profondità qualcosa li ha afferrati e inghiottiti.»

«Ciò significa che abbiamo ceduto il campo.»

«Al momento, cerchiamo di ripulire le zone infestate dai vermi con reti a strascico. Vengono tese delle reti anche davanti alle coste, una misura aggiuntiva per evitare invasioni della terraferma come quella di Long Island.»

«Mi sembra un metodo piuttosto antiquato.»

«Siamo stati attaccati in modo antiquato. Inoltre abbiamo messo alle strette coi sonar i cetacei di Vancouver Island. Qualcosa manovra gli animali, e allora noi li colpiamo finché il rumore non fa scoppiare loro la testa. Vedremo chi vincerà l'ultima mano.»

«Sembra una cosa orribile, Judith.»

«Se ha un'idea migliore, sarà la benvenuta.»

Per un momento rimasero tutti in silenzio.

«La sorveglianza satellitare ci aiuta?» chiese poi il presidente.

«Parzialmente.» Il vice direttore per le operazioni scosse la testa. «L'esercito è in grado di rilevare panzer mimetizzati sotto i rami, ma ci sono pochi sistemi che possano rilevare qualcosa delle dimensioni di un granchio. È vero, abbiamo KH-12 e i satelliti Keyhole di nuova generazione. Inoltre Lacrosse e gli europei ci permettono l'accesso a Topex/Poseidon e SAR-Lupe, che però lavorano col radar. Il problema è che cose di quel genere possiamo riconoscerle solo con lo zoom. Cioè ci dobbiamo concentrare su una piccola sezione. Finché non sappiamo che cosa esce dal mare e dove, osserviamo disperatamente in tutte le direzioni. Il generale Li ha proposto di mettere a disposizione i satelliti spia che pattugliano sopra le coste. Mi sembra una buona proposta, ma anch'essi non vedono tutto. Gli NRO e gli NSA fanno del loro meglio. Probabilmente riusciremo a fare qualche passo avanti con l'analisi delle informazioni che abbiamo ottenuto. Le stiamo tentando tutte con SIGINT.»

«Forse è proprio questo il nostro problema», disse pensieroso il presidente. «Forse dovremmo provare a usare un po' più di HUMINT.»

Judith trattenne un sorriso. HUMINT era una delle espressioni preferite dal presidente. Nel gergo della sicurezza degli Stati Uniti, SIGINT stava per Signals Intelligence, una definizione che comprendeva tutte le tecniche per ottenere informazioni a distanza. HUMINT, invece, indicava l'acquisizione d'informazioni attraverso il lavoro delle spie cioè Human Intelligence. Il presidente, un uomo a proprio agio in maniche di camicia e per nulla versato nelle questioni tecnologiche, era pervaso dallo spirito pionieristico dei padri fondatori. Gli piaceva guardare qualcuno negli occhi. Sebbene comandasse l'esercito più tecnologicamente avanzato del mondo, era molto più legato all'immagine dell'esploratore che si muove nel sottobosco che a quella dei satelliti.

«Mettete in movimento le rotelle», sbottò. «Alcuni amano nascondersi dietro le console di comando e i programmi dei computer. Voglio che si programmi meno e si pensi di più.»

Il direttore della CIA congiunse la punta delle dita. «Va bene», disse. «Forse non dovremmo attribuire troppa importanza all'ipotesi Medio Oriente.»

Judith guardò Vanderbilt. Il vice direttore della CIA fissava dritto davanti a sé.

«Si era lanciato un po' troppo in avanti, Jack?» gli mormorò, in modo che nessun altro potesse sentirla.

«Chiuda la bocca, dannazione.»

Lei si chinò in avanti e, ad alta voce, disse: «Vogliamo parlare di qualcosa di positivo, una volta tanto?»

Il presidente sorrise. «Tutto ciò che è positivo non può che farci piacere, Jude.»

«Bene, c'è sempre il tempo del dopo, ma ci arriva soltanto chi vince. Quando questa storia sarà finita, il mondo sarà diverso. Finora sono stati destabilizzati molti Paesi e, tra di essi, ce ne sono alcuni il cui crollo può essere sfruttato a nostro vantaggio. Il pianeta si trova in una situazione terribile, ma 'crisi' è un sinonimo di 'possibilità'. Se lo sviluppo della situazione attuale portasse alla caduta di un regime a noi sgradito, la colpa non sarebbe nostra… Tuttavia noi potremmo orientare gli eventi e sostituire gli esponenti di quel regime con gente di nostra fiducia.»

«Ehm…» fece il presidente.

Il segretario di Stato rifletté per un attimo, poi disse: «Di conseguenza, la questione non è chi fa questa guerra, ma chi la vince».

«Penso che il mondo civilizzato debba combattere fianco a fianco contro il nemico invisibile», confermò Judith Li. «Insieme. Se si va avanti in questo modo, senza dubbio tutte le alleanze convergeranno verso l'ONU. E per il momento va bene così, tutto il resto sarebbe sbagliato. Non dobbiamo imporci, ma essere disponibili. Offrire collaborazione. E dobbiamo vincere, condannando alla sconfitta tutti quelli che, in passato, ci hanno minacciato o sono stati contro di noi. Indichiamo in modo chiaro la strada da prendere per uscire da questa situazione e, una volta passata la crisi, la divisione dei ruoli sarà obbligata.»

«Un punto di vista chiarissimo, Jude», commentò il presidente.

Gli uomini intorno al tavolo fecero vari cenni di approvazione. Ma si percepiva anche un vago fastidio. Judith Li si appoggiò allo schienale. Aveva detto abbastanza — forse più di quanto le fosse concesso dalla sua posizione -, ma aveva ottenuto l'effetto sperato. Sì, aveva infastidito alcune persone il cui compito sarebbe stato proprio quello di dire quelle cose. Non aveva importanza. Era riuscita ad arrivare a Offutt.

«Bene», disse il presidente. «Credo che, allo stato attuale delle cose, possiamo mettere questa proposta nel cassetto, ma il cassetto deve restare un po' aperto. In nessun caso dobbiamo risvegliare nell'opinione pubblica mondiale l'impressione di essere interessati a prendere la guida della crisi. Come procedono i suoi scienziati, Jude?»

«Credo che siano il nostro capitale più grande.»

«Quando vedremo dei risultati?»

«Domani ci riuniremo. Ho ordinato al maggiore Peak di tornare, in modo che possa essere presente. Potrà coordinare anche da qui lo stato di emergenza a New York e Washington.»

«Signore, dovrebbe tenere un discorso alla nazione», disse il vice presidente al presidente.

«Sì, è vero.» Il presidente batté una mano sul tavolo. «Bisogna allertare tutti gli scribacchini. Voglio qualcosa di schietto. Non le solite chiacchiere per rabbonire, ma qualcosa che dia speranza.»

«Dobbiamo accennare a un eventuale nemico?»

«No, la situazione verrà trattata come una catastrofe naturale. Non è ancora il momento, la gente è già abbastanza inquieta. Dobbiamo rassicurarla, sostenendo che faremo tutto ciò che è umanamente possibile per proteggerla — che possiamo farlo, che abbiamo i mezzi e le possibilità per farlo — e che. siamo pronti a tutto. Gli Stati Uniti non sono solo il Paese più libero del mondo, ma anche il più sicuro, qualunque cosa esca dal mare. Non importa quello che succede. E do a tutti voi ancora un consiglio. Pregate, pregate il Signore. Questa è la sua Terra e Lui sarà con noi. Ci darà la forza per sistemare tutto secondo la nostra volontà».

New York, USA

Non ce la facciamo.

Ecco cosa pensava Salomon Peak mentre saliva sull'elicottero. Non siamo preparati. Non abbiamo nulla con cui combattere questo orrore.

Non ce la facciamo.

L'elicottero decollò dall'eliporto di Wall Street e si diresse verso nord, sorvolando Soho, Greenwich Village e Chelsea. La città era illuminata, ma c'era qualcosa che non andava. Molte strade erano rischiarate dai riflettori e il traffico era assente. Da lassù si rivelavano le reali dimensioni del caos. New York era controllata dalle forze di sicurezza dell'esercito e dall'Office of Emergency Management. Elicotteri atterravano e decollavano in continuazione. Anche il porto era stato chiuso. Sull'East River incrociavano solo navi militari.

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