«Un asiatico? Come si chiama?»
«Ha un nome ridicolo… Wakawaka o qualcosa del genere.»
«Oh, Leon Anawak. Ha letto il suo curriculum?»
«No, gli ho dato solo una scorsa.»
«Non è asiatico.» Judith aumentò la velocità a dodici chilometri all'ora. «Io sono di gran lunga la più asiatica in tutto il gruppo del Whistler.»
Il presidente rise. «Ah, Jude. Potrebbe anche venire da Marte e io le concederei comunque i pieni poteri. È un vero peccato che non possa venire quaggiù a vedere la partita di baseball. Ci troviamo tutti al ranch, se non succede nulla. Mia moglie sta facendo marinare le costate.»
«La prossima volta, signore», disse Judith.
Si intrattennero ancora un po' sul baseball. Judith non ribadì la proposta di mettere gli Stati Uniti al vertice della commissione d'indagine mondiale. Al massimo entro un paio di giorni, il presidente si sarebbe convinto che era un'idea sua. Era sufficiente avergli inculcato l'idea.
Dopo la conversazione, corse ancora per qualche minuto, poi, sudata com'era, si mise al pianoforte e appoggiò le dita sulla tastiera. Si concentrò.
Qualche secondo dopo, la sonata per pianoforte in Sol maggiore di Mozart riempì la suite.
KH-12
Il suono del pianoforte di Judith Li si perdeva nei corridoi del nono piano, come un vapore che diventasse sempre meno denso, e usciva anche dalla finestra semiaperta delia suite. A cento metri di altezza dalla superficie terrestre, le onde sonore si diffondevano in cerchi. Un orecchio allenato avrebbe potuto sentirle, seppure debolmente, anche dal punto più alto dello Château che, come un castello delle fiabe, aveva una torre abitabile col tetto a spioventi. Al di sopra del tetto, il suono cominciava a disperdersi. Dopo un centinaio di metri si era già mescolato con moltissime altre onde sonore e più andava verso l'alto, più diventava debole. Un chilometro al di sopra della superficie terrestre, si sentivano ancora il rombo dei motori, lo scoppiettante rumore di piccoli aerei a elica e i rintocchi della campana della chiesa presbiteriana nel villaggio di Whistler, normalmente pieno di turisti, ma ormai entrato a far parte della zona vietata. Il crepitio degli elicotteri militari, che costituivano il collegamento principale col mondo esterno, s'indeboliva solo a duemila metri.
Da quell'altezza, si godeva di una vista mozzafiato sull'hotel, così bello che pareva una costruzione da sogno, maestoso in mezzo alla foresta. Sulle montagne, invece, si vedevano zone splendenti di neve e attraversate da solchi.
Là sparivano anche gli ultimi rumori provenienti dalla Terra.
Si sentivano solamente i jet in fase di decollo o atterraggio. A dieci chilometri di altezza, lo Château era completamente fuso col paesaggio. Gli aerei di linea percorrevano le loro rotte. L'orizzonte iniziava nettamente a curvarsi. I banchi di nuvole basse somigliavano a nevai, terreni ingannevoli di vapore acqueo. Tra i cinque e i dieci chilometri più in alto, l'atmosfera sempre più rarefatta era attraversata dal rumore degli aerei supersonici. La troposfera era soggetta ai capricci del tempo, la stratosfera all'ozono che assorbiva gran parte dei raggi ultravioletti. A quell'altezza, le nuvole non erano altro che formazioni eteree, con riflessi che le facevano sembrare di madreperla. Palloni aerostatici argentei riflettevano la luce del sole e si occupavano di avvistare gli UFO. Nel 1962, nel silenzio assoluto dei venti chilometri di altitudine, il leggendario U2 aveva intrapreso la propria rotta segreta verso Cuba, per dimostrare la presenza dei missili sovietici. Il pilota del velivolo spia, a causa dell'altitudine estrema, aveva dovuto indossare una tuta da astronauta. Era stato uno dei voli più audaci di tutti i tempi, sotto un cielo il cui blu scuro lasciava già intuire lo spazio.
A ottanta chilometri, risplendevano ancora isolate nubi nottilucenti. La temperatura era di -113 °C. Lassù, nulla lasciava intuire presenze umane, se si escludevano gli occasionali passaggi di veicoli spaziali in partenza o in arrivo. Il blu scuro tendeva sempre più al nero. Oltre gli ottanta chilometri e fino ai cinquecento c'era la termosfera, regno di quegli dei pagani che erano poi stati smascherati dalla scienza moderna e riconosciuti come luci polari e fiammeggianti meteoriti. Era un luogo le cui particolarità fisiche erano ideali per suggerire la creazione di miti e leggende. In effetti, però, non poteva essere adatto come residenza né per le divinità né per nessun'altra forma di vita. Niente e nessuno poteva resistere lassù. Raggi gamma e raggi X cadevano senza trovare ostacoli. Non si trovavano quasi neppure molecole di gas.
In compenso, però, c'era altro.
A centocinquanta chilometri d'altezza, sfrecciavano a ventottomila chilometri all'ora i primi satelliti. Erano prevalentemente satelliti spia, che, per loro natura, cercavano di mantenersi il più vicino possibile alla superficie terrestre. Ottanta chilometri sopra di loro, la sonda Space Radar Topography Mission riprendeva il profilo altimetrico della superficie terrestre e lavorava alla carta del mondo del XXI secolo. A quell'altezza, l'atmosfera ancora relativamente compatta rallentava la velocità dei satelliti, che, per non precipitare, avevano bisogno della spinta del propellente. Trecento chilometri più in alto il propellente non serviva più. In quel punto la forza centrifuga e la gravità terrestre si equivalevano e ciò rendeva possibile mantenere rotte stabili. Così il cielo si riempiva. Era come una rete di autostrade stratificate e, più si andava in alto, più il traffico era intenso. Due piccoli ed eleganti oggetti volanti dal nome di Champ e Grace osservavano il campo magnetico e gravitazionale. Seicento chilometri sopra i poli, l'ICESat riceveva i riflessi della superficie terrestre e dava informazioni sui cambiamenti del manto di ghiaccio. Settanta chilometri più in alto incrociavano i satelliti Lacrosse dell'esercito americano, che esaminavano il terreno con radar ad alta risoluzione. A settecento chilometri d'altezza le sonde LANDSAT della NASA osservavano continenti e coste, misuravano l'espansione e il ritiro dei ghiacciai, l'estensione delle foreste e del pack e fornivano rappresentazioni dettagliate della distribuzione globale delle temperature. Il SeaWiFS, con strumenti fotografici a infrarossi, era sulle tracce delle concentrazioni di alghe negli oceani. I satelliti della NOAA erano stati sistemati in un'orbita a ottocentocinquanta chilometri di altezza e sincronizzati col sole. Da polo a polo si muovevano tutti i possibili satelliti meteorologici. C'era un gran traffico fin oltre la magnetosfera, che superato il confine dei novecento chilometri, attirava particelle cosmiche ed emissioni solari in due fasce di radiazioni, le cosiddette fasce di Van Allen, che si erano sviluppate fino a diventare un curioso fenomeno mediatico. Una gran parte della popolazione americana le considerò la prova decisiva che gli astronauti non erano stati sulla luna; persino noti scienziati dubitarono che gli uomini sulla navicella spaziale fossero sufficientemente protetti per poter attraversare quella regione di radiazioni mortali. Nella terminologia dei satelliti, quella regione è definita con l'acronimo LEO, Low Earth Orbit, ed è seguita dalla zona della Middle Low Orbit, ampiamente trafficata dai satelliti GPS che volano a un'altezza di ben ventimila chilometri, finché, a 35.888 chilometri, si trovavano fissati, come se fossero appesi, i satelliti geostazionari, primo tra tutti l'Intelsat per le comunicazioni mondiali.
La distanza tra Mozart e tutto ciò era incommensurabile.
Mentre il suono del pianoforte si perdeva, la conversazione di Judith Li col presidente era risalita fino allo spazio e poi era ridiscesa. Allo zenit della loro telefonata, i due si erano intrattenuti nella parte esterna dello spazio e si erano scambiati informazioni che appunto provenivano dallo spazio. Senza l'esercito dei satelliti, l'America non avrebbe potuto condurre la Guerra del Golfo, né quelle in Kossovo e in Afghanistan. Senza il supporto dallo spazio, l'Aeronautica non sarebbe riuscita a colpire con precisione. Senza l'obiettivo ad alta risoluzione di Crystal, detto anche KH-12, il comando generale sarebbe stato cieco rispetto ai movimenti del nemico nelle inaccessibili regioni montuose.