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Pareva il luogo dove ogni cosa finiva. Robin, pur non giudicandosi superstiziosa, era tutta presa da cupi presentimenti. In precedenza non aveva mai dato peso all’esiguità della luce diurna di Gea. Tutti parlavano dell’«eterno pomeriggio» che regnava nella ruota; invece Robin l’aveva sempre visto come un mattino. Ma laggiù non era capace di farlo. Le sponde del Lago Triana parevano cristallizzate nell’istante che precede la fine del tempo. Le ossa accumulate erano il profilo dei grattacieli della metropoli della morte, l’anticipo dell’immenso deserto di Teti.

Le ritornò in mente un’osservazione di Gaby, allorché aveva paragonato Ofione a una toilette. Visto da Tiana, il fiume lo era davvero. Tutti i morti della grande ruota andavano a finire sulle rive di quel lago. Stava per dire qualcosa a Gaby, ma si fermò in tempo. Anche Salterio sarebbe probabilmente finito laggiù.

— Ti senti triste, Robin?

Sollevò lo sguardo e vide che la Maga la osservava. Cercò di liberarsi della malinconia, ma non ci riuscì. Cirocco le posò la mano sulla spalla e la condusse lungo la riva. Poche settimane prima, a Robin quel gesto avrebbe dato fastidio, ma adesso le dava sicurezza. La sabbia era fine come zucchero, ed era piacevolmente calda sotto le dita dei piedi.

— Non lasciarti abbattere — disse Cirocco. — Questo posto non è quello che sembra.

— Non saprei dire a cosa sembra.

— Non è il sacchetto della spazzatura di Gea. È un cimitero, questo è vero. Ma Ofione non finisce qui. Il fiume scorre sottoterra, per poi risalire all’altro estremo di Teti. Le ossa sono portate qui dagli animali che si nutrono di cadaveri. Sono lunghi mezzo metro, e una delle loro forme vive nell’acqua, mentre l’altra vive nel lago. È una storia complicata, ma si riduce a questo: nessuno dei due tipi può sopravvivere senza l’altro. Si incontrano qui sulla riva per scambiarsi doni, per accoppiarsi, e per mettere al mondo i piccoli. È un tipo di situazione che si incontra spesso su Gea.

— È deprimente — disse Robin.

— I titanidi amano questo posto. Non sono molti, i titanidi che si spingono fin qui, ma, quando lo fanno, scattano molte fotografie da mostrare agli amici, al loro ritorno. Ha una sua bellezza, se uno si abitua.

— Non credo che mi ci abituerò mai. — Robin,si asciugò la fronte, poi si tolse la camicia e si recò sulla riva. La immerse nell’acqua, la strizzò, e poi tornò a indossarla. — Perché fa così caldo? Il sole non arriva neppure a riscaldare la pelle, ma la sabbia è rovente.

— Viene dal di sotto. Tutte le regioni sono riscaldate o raffreddate da liquidi che scorrono nel sottosuolo. I liquidi raggiungono le grandi pinne poste nello spazio per essere riscaldati, e vanno nella parte in ombra per raffreddarsi.

Robin fissò la faccia di Cirocco dal colorito scuro, la pelle abbronzata delle braccia e delle gambe. Ricordò che sotto quella coperta, che era, a quanto pareva, l’unico abito da lei posseduto, anche il resto della pelle di Cirocco era altrettanto scuro. Però sembrava un’abbronzatura, e la cosa destava già da varie settimane le sue perplessità. Maledizione, la pelle di Robin era bianca come il giorno in cui era arrivata.

— Tu e Gaby siete di pelle scura? Direi di no, ma non capisco come ci si possa abbronzare quaggiù.

— Io sono un po’ più scura di Gaby, ma lei è chiara come te. E hai ragione, non è colpa del sole. Un giorno o l’altro te ne spiegherò il motivo. — Smise di camminare e guardò verso est. C’era un varco tra gli alti mucchi di ossa, ed era possibile vedere una catena di collinette, a qualche chilometro dalla loro posizione. Si voltò e chiamò il gruppo; Robin notò con sorpresa che lei e Cirocco si erano allontanate più di duecento metri.

— Quando avrete smontato le barche — gridò Cirocco — venite a raggiungerci qui.

Qualche minuto più tardi, erano tutti attorno a Cirocco, che si sedette sulla sabbia e tracciò con il dito una lunga mappa.

— Febe, Teti, Tea — disse. — Triana. — Fece un piccolo cerchio, poi disegnò alcune alture, leggermente a est. — I Monti Eufonici. A nord, i Monti della Tramontana. E qui, isolata, la Oreja de Oro. — Guardò Chris. — Significa l’Orecchio d’Oro, e lassù c’è la possibilità di compiere un’impresa, se vuoi. Se invece non ti interessa, non passeremo di là.

— Non mi interessa — disse Chris, sorridendo divertito.

— Bene. A est, invece…

— Non ce ne parli? — chiese Robin, anche se pensava che avrebbe fatto meglio a stare zitta.

— Non ce n’è bisogno — disse Cirocco. — Nell’Orecchio d’Oro non c’è niente che ci interessi, a meno che non ci rechiamo laggiù. Non è un pericolo mobile, come Kong. — Mentre Robin si chiedeva se la prendeva in giro, Cirocco era intenta a disegnare una fila di montagne, da nord a sud, che attraversano l’intera larghezza di Teti.

— Il Nastro Azzurro Reale. Qualcuno deve essere stato colto dall’estro poetico. Quando ci sono le giuste condizioni atmosferiche hanno effettivamente un colore azzurrino, ma in gran parte sono montagne brulle. Ci sono delle rocce a precipizio, ma, se ci si reca nella regione a sud, si può passare da un picco all’altro senza eccessive difficoltà.

"Dal lago, la strada si dirige a nordest, attraverso lo spazio che c’è tra i Tramontana e gli Eufonici, che ha nome Valle di Teti. — Alzò gli occhi, con la faccia seria. — Ovvero, come talvolta è chiamata, Passo dell’Ortodonzia."

— Avevamo giurato di non ripetere mai più questa orrenda battuta — disse Gaby.

Cirocco rise. — Scusa. Comunque, dal passo la strada procede a est e incontra una serie di salite e di discese molto leggere, giunge al cavo centrale, attraversa il Nastro Azzurro Reale, e poi arriva a questo lago, in cui c’è, proprio nel mezzo, il cavo inclinato: Lago Ciliegia. Ah, ovviamente, ha un colore rosso scuro.

— E un gambo molto lungo — disse Gaby.

— Giusto. Comunque, il nome non glielo ho dato io. — Si rialzò, togliendosi la sabbia dalle mani.

Proseguì: — Francamente, non saprei dire quale sia la strada migliore, da qui. All’inizio si pensava di seguire la Circum-Gea per non doversi preoccupare dei fantasmi della sabbia, ma adesso che…

— Fantasmi della sabbia? — domandò Chris.

— Ne parliamo dopo. Come dicevo, adesso mi preoccupo soprattutto delle bombe volanti. Non avevamo mai sentito parlare di attacchi in formazione come quello contro di noi in Febe. Finora hanno sempre agito da sole. Può darsi che abbiamo disturbato un loro nido, ma c’è anche la possibilità che abbiano imparato un nuovo modo di comportarsi. Sono cose che accadono, su Gea.

Gaby aveva incrociato le braccia. Fissava Cirocco, che evitava il suo sguardo.

— È anche possibile che l’attacco sia stato preparato da qualcuno — disse Gaby.

Robin guardò prima l’una e poi l’altra. — Cosa intendi dire, con questo?

— Lasciamo perdere — si affrettò a dire Cirocco. — Secondo me, non lo è stato, e in qualsiasi caso, anche se lo fosse, il bersaglio non eravate voi.

A quanto credeva di capire Robin, Gaby e Cirocco si chiedevano se l’attacco fosse legato alla visita di Cirocco a Febe. Forse Febe aveva qualche legame con le bombe volanti, e le aveva indotte a cercare di uccidere la Maga. Ancora una volta, Robin pensò che quelle due donne conducevano una vita assai strana.

— L’altra possibilità è quella di passare per le montagne — riassunse Cirocco. — Ci offrirebbero protezione dalle bombe volanti, anche se non completa. Secondo me, dovremmo passare per gli Eufonici, qui. — Si inginocchiò e fece vedere la strada da lei suggerita. — È una breve corsa, non più di venti chilometri, da qui alle montagne. Poi ce ne sono altri trenta dagli Eufonici ai Nastri Azzurri. Quanto tempo occorrerà, Cornamusa?

Il titanide rifletté per qualche istante. — Con in più il peso di Gaby, uno di noi sarà più lento degli altri. Dovremo farle cambiare cavalcatura due volte nel corso del viaggio. Direi che possiamo fare la prima parte del tragitto in una rivoluzione, procedendo al passo. Per la seconda parte, almeno due rivoluzioni, perché saremo più stanchi.

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