Литмир - Электронная Библиотека
A
A

— Noi non vogliamo la comprensione di nessuno.

— Allora, ritiro l’offerta. — Il suo sorriso era contagioso, e presto Robin si trovò a sorridere con lui. — Anch’io ne ricevo fin troppa. Ma di solito lascio perdere, a meno che non abbia voglia di litigare.

Robin si chiese come potesse parlare con tanta indifferenza. I penisti erano molto diversi tra loro. Alcuni non capivano neppure cosa fosse l’onore. Altri erano molto suscettibili. Al suo arrivo, Robin aveva sopportato ingiurie che non avrebbe mai accettato da parte del suo popolo, e il motivo era che questa gente non sapeva cosa faceva. Dapprima lei aveva pensato che nessuno di loro avesse il minimo rispetto di sé, ma adesso era giunta a credere che Chris ne avesse un po’ (ma non molto); se era disposto ad accettare senza proteste la comprensione altrui, evidentemente non la considerava un pericolo per il suo senso di autonomia.

— A volte mi hanno accusato di essere litigiosa — ammise Robin. — Le sorelle, intendo. A volte possiamo accettare la comprensione altrui senza perdita di onore, allorché non implica superiorità da parte di chi la concede.

— Allora, hai la mia comprensione — disse Chris. — Da sofferente a sofferente.

— Accettata.

— Cosa intendi con "penista"?

— È il termine con cui definiamo la vostra società. È un termine delle prime sorelle.

— D’accordo. Perché vuoi uccidere quel tale in Georgia?

Senza volerlo, si trovò lanciata in una spiegazione di quello che le era stato fatto, nonché del motivo che aveva spinto a farlo, e questo portò a una descrizione della struttura di potere penista e del suo funzionamento.

Poi pensò che davanti a lei c’era un presunto membro di quella struttura. Stranamente, provò un certo imbarazzo. Gli aveva rivolto alcune accuse piuttosto gravi, e, dopotutto, lui non le aveva fatto niente, personalmente. La cosa aveva importanza? Robin non avrebbe più saputo dirlo.

— Almeno, adesso so cosa intendete con "penista" — commentò lui.

— Non intendevo accusarti personalmente — disse Robin. — Sono certa che vedi le cose in modo diverso, a causa dell’ambiente in cui sei cresciuto…

— Non esserne troppo sicura — disse lui. — Non posso certo condividere la tua idea di una enorme congiura, naturalmente. O, meglio, ammesso che ce ne sia una, nessuno mi ha mai invitato a partecipare alle riunioni. E credo che tu… che la tua Congrega… parta da un ritratto del mondo che è in gran parte superato. Se ho capito bene, su questo sei d’accordo anche tu, almeno in parte.

Lei alzò le spalle, tenendosi sulle sue. Aveva ragione; almeno in parte.

— Quando il vostro gruppo si è staccato dal resto dell’umanità, forse le cose erano brutte come dici. Io non c’ero, e anche se ci fossi stato, avrei fatto parte della classe degli oppressori e avrei pensato che fosse il giusto modo di vivere. Ma mi hanno detto che oggi le cose sono molto migliorate. Non dico che siano perfette. Le cose non sono mai perfette. Ma gran parte delle donne che conosco sono felici. Non pensano di dover ancora combattere molte battaglie.

— Meglio fermarsi a questo punto — lo avvertì Robin. — Gran parte delle donne sono sempre state contente del modo in cui andavano le cose, o almeno dicevano di esserlo. Questo risale al tempo in cui la società penista impediva ancora alle donne di votare. Solo perché noi della Congrega crediamo alcune cose che, come ho potuto vedere anch’io, sono esagerate o imprecise, non credere che siamo stupide. Sappiamo che la maggioranza è sempre disposta a lasciare che le cose rimangano come sono, ed è appunto per questo che bisogna trascinarla verso qualcosa di meglio. Il singolo schiavo può essere scontento della sua sorte, ma la maggioranza degli schiavi non farà mai niente per migliorarla. Anzi, la maggioranza non crede neppure che si possa fare qualcosa.

Chris allargò le mani e alzò le spalle. — Devo darti ragione. E io non potrei vedere l’oppressione, perché sono abituato a essa. Cosa pensi? Come ti sembra, la situazione, dato che tu sei una sorta di visitatore proveniente da un altro pianeta?

— Francamente, mi è parsa assai migliore di quanto non mi aspettassi. Almeno superficialmente. Ho dovuto rinunciare a vari preconcetti.

— Ottimo! — disse lui. — Molti preferirebbero morire, piuttosto di rinunciare ai loro preconcetti. Quando Gaby mi ha detto da dove venivi, l’ultima cosa che mi aspettavo era di scoprire che avevi una mentalità aperta. Ma cosa pensano le… ehm, donne peniste?

Robin provava una strana somma di emozioni. La più fastidiosa di tutte era il fatto di provare soddisfazione perché lui le aveva detto che aveva la mente aperta. E di provarla nonostante il modo in cui lui lo aveva detto, che poteva sembrare un insulto alla Congrega. Il gruppo chiuso, isolato, che probabilmente Robin gli aveva descritto, si sarebbe sempre tenuto fanaticamente stretto alle proprie idee. La Congrega non era affatto così, ma sarebbe stato difficile spiegarlo. Tutto l’insegnamento ricevuto da Robin tendeva a farle accettare l’universo così come era, come lei lo osservava, senza introdurre fattori arbitrari per renderlo uguale alle equazioni o alle ideologie.

Era stato facile rinunciare al concetto che i maschi avessero il pene lungo un metro e che passassero il loro tempo a stuprare le donne, o a farne mercato. (Ragionando rigorosamente, di quest’ultimo particolare, a dire il vero, non era stata ancora dimostrata la falsità; ma, se era una pratica che si verificava veramente, si trattava di un’attività sociale talmente ben nascosta che lei non era ancora riuscita a vederla). Si stava delineando davanti a lei un concetto alquanto inquietante: il maschio come persona. Non un essere umano che dipendeva unicamente dal proprio testosterone, poco più che un pene aggressivo, bensì una persona con cui si poteva parlare, e che riusciva addirittura a capire il punto di vista altrui. Questo filo di ragionamento, spinto fino alla sua logica conclusione, la conduceva a una possibilità quasi inconcepibile: il maschio come sorella.

Si accorse di essere stata in silenzio per troppo tempo.

— Le donne peniste? Oh, a dire il vero, non lo so ancora. Ho conosciuto una donna che vende il corpo, anche se dice che le cose non stanno proprio così. Io non capisco bene il concetto del denaro, e quindi non saprei dire. Sotto questo aspetto, le informazioni di Gaby e Cirocco sono peggio che inutili. Con la società umana che tu conosci, hanno poco a che vedere; addirittura meno di me. Devo dire che non conosco abbastanza la vostra cultura per comprendere il ruolo che in essa svolgono le donne.

Chris annuì nuovamente.

— Cos’hai nella borsa? — chiese.

— Il mio demone.

— Me lo fai vedere?

— Forse è meglio… — Ma lui aveva già aperto la borsa. Be’, che si arrangi, pensò lei. I morsi di Nasu facevano male, ma non erano pericolosi.

— Un serpente! — esclamò lui. Pareva felice della scoperta; infilò la mano nella borsa. — Un pito… no, un anaconda. E uno dei più belli che ho visto. Una femmina, vero? Come si chiama?

— Nasu. — Le spiaceva di non averlo avvertito, e si augurò che Nasu si decidesse a morderlo e a farla finita. Poi Robin si sarebbe scusata, perché era un brutto scherzo. Chris non poteva sapere che Nasu non si lasciava toccare da nessuno, salvo che da lei.

Ma lui aveva afferrato correttamente il serpente, mostrando il dovuto rispetto, e Nasu, maledizione a lei, gli si arrotolava allegramente sul braccio.

— Conosci i serpenti.

— Ne ho avuti diversi — disse Chris. — Ho lavorato in uno zoo per un anno, quando riuscivo ancora a lavorare. Io e i serpenti andiamo d’accordo.

Quando furono passati ben cinque minuti senza che Chris fosse stato morsicato, Robin dovette convincersi che le aveva detto la verità. E la cosa non fece che innervosirla ancora di più: Chris che sedeva con il suo demone avvolto attorno alla spalla. Cosa fare? La principale funzione di un demone era quella di avvertire della presenza di nemici. Una parte di lei sapeva che la cosa non aveva senso, così come non ne aveva l’infallibilità del terzo Occhio. Era una tradizione, niente di più. Non si era più nell’età della pietra.

37
{"b":"119660","o":1}