— Un po’. Ma non sono un esperto.
— Non importa. Valiha può controllarti. Robin?
— Non ne so niente. Preferirei…
— Allora, va’ con Oboe. Possiamo cambiare le coppie in seguito, allo scopo di conoscerci meglio. Chris, dammi una mano per sistemare Rocky.
— Suggerirei una cosa — disse Robin. — Adesso è fuori combattimento. Perché non la lasciamo qui? Metà del suo bagaglio sono liquori, li ho visti io. È un’alcolizzata, e ci sarà solo…
Non fece in tempo a terminare, perché Gaby la inchiodò all’argine prima che Chris riuscisse a capire cosa stava succedendo. Gaby stringeva Robin per il collo, costringendola a spostare la testa all’indietro.
Lentamente, con un leggero tremito, Gaby allentò la pressione e si tirò indietro. Robin tossì una sola volta, e non si mosse.
— Non devi mai più parlare di lei in questo modo — bisbigliò Gaby. — Tu non sai quello che dici.
Nessuno si era mosso. Chris spostò un piede e sentì il cigolio delle assi.
Gaby si alzò in piedi. Quando si allontanò, abbassò le spalle e parve improvvisamente divenuta molto vecchia e stanca. Robin si alzò in piedi a sua volta, si spolverò il vestito con dignità glaciale, e si schiarì la gola. Posò una mano sul calcio della pistola.
— Ferma — disse. — Ferma dove sei. — Gaby si fermò. Si voltò su se stessa, come se la situazione non avesse molto interesse per lei.
— Non ti ucciderò — disse Robin, parlando lentamente. — Quello che hai fatto richiede una compensazione, ma tu sei penista, e probabilmente non lo sapevi. Ma ora ascolta, e ritieniti avvisata. L’ignoranza non ti salverà una seconda volta. Se alzerai di nuovo le mani su di me, una di noi morirà.
Gaby guardò la pistola che Robin teneva nella fondina, annuì aggrottando la fronte, e si allontanò.
Chris la aiutò a infilare Cirocco nella parte anteriore di una delle canoe. L’intera situazione lo aveva lasciato stupefatto, ma sapeva riconoscere i momenti in cui era meglio tenere la bocca chiusa. Vide che Gaby saliva sulla barca e che copriva con una coperta il corpo inerte della Maga. Posò la testa della Maga su un cuscino, in modo da dare l’impressione che dormisse pacificamente, finché Cirocco non si mosse, sbuffò, e si tolse di dosso la coperta, con un calcio. Gaby uscì dalla barca.
— È meglio che tu ti metta davanti — gli disse Valiha, quando Chris si avvicinò alla barca destinata a loro. Si sedette sul fondo, trovò una pagaia, e provò a infilarla nell’acqua. Gli pareva perfetta. Come tutti gli oggetti costruiti dai titanidi, era artisticamente lavorata, con immagini di animali selvatici scolpite nel legno. Sentì che la barca sobbalzava quando Valiha salì a bordo.
— Dove trovate il tempo di abbellire tutti gli oggetti? — le chiese Chris, indicandole la pagaia.
— Se non vale la pena di abbellirlo — disse Valiha — non vale la pena di farlo. Non fabbrichiamo tanti oggetti quanti ne fabbricano gli umani. E non facciamo le cose per poi buttarle via. Facciamo le cose una alla volta, e non ne cominciamo una seconda finché non abbiamo finito la prima. Tra i titanidi non troverai mai la catena di montaggio.
Chris si voltò verso di lei. — Davvero, non c’è altro? È solo dovuto a un modo diverso di vedere le cose?
Valiha sorrise. — Solo in parte. È anche dovuto al fatto che non dormiamo mai. Voi umani passate un terzo della vita in stato di incoscienza. Noi no.
— Deve essere molto strano. — Sapeva che i titanidi non dormivano, ma non aveva mai pensato veramente alle implicazioni del fenomeno.
— Non certo per noi. Ma ho l’impressione che abbiamo un senso diverso del passare del tempo. Il nostro tempo non si interrompe mai. Noi lo misuriamo, ovviamente, ma come un flusso continuo, invece che come una successione di giorni.
— Sì… ma cosa c’entra con l’artigianato?
— Abbiamo più tempo. Non dormiamo, ma passiamo circa un quarto della vita riposando. Stiamo seduti, cantiamo e facciamo piccoli lavoretti. A lungo andare, il lavoro che si riesce a compiere è molto.
Coloro che navigano sull’Ofione spesso notano che il fiume dà un senso di assenza di tempo. Ofione è l’inizio e la fine di tutte le cose su Gea, il cerchio di acqua che lega insieme tutte le cose. Come tale, dava il senso di essere un fiume molto antico, perché la stessa Gea cominciava a invecchiare.
Ofione era vecchio, ma questo è relativo. Pur essendo vecchio come Gea, era ancora un bambino, rispetto ai grandi fiumi della Terra. Inoltre, occorre ricordare che molti degli umani vedevano il fiume soltanto nel tratto che scorreva in Iperione, dove era largo e placido. In altre zone del suo corso di quattromila chilometri, Ofione era tumultuoso come il Colorado.
Chris aveva pensato che il viaggio fosse molto veloce. Del resto, era quello che si faceva quando si viaggiava in canoa: si sceglieva un fiume molto rapido, e ci si lasciava trasportare dall’acqua coperta di schiuma.
— Faresti bene a rilassarti — disse Valiha, dietro di lui. — Ti stancherai troppo presto, e poi avrai bisogno di dormire. Gli umani sono noiosissimi, quando dormono. Io conosco bene questa parte del fiume. Tra qui e Aglaia non c’è nessun pericolo. Qui, Ofione è misericordioso.
Chris posò la pagaia sul fondo della canoa e si voltò a guardarla. Valiha sedeva placidamente, dietro il cumulo delle provviste avvolte nella tela cerata. La pagaia della titanide era il doppio della sua. Valiha pareva tranquillissima, con tutt’e quattro le zampe ripiegate sotto il corpo, e la cosa parve alquanto strana a Chris, che non avrebbe mai creduto che una creatura tanto simile a un cavallo amasse stare seduta a quel modo.
— Voialtri non mancate mai di sorprendermi — le disse. — Pensavo di avere le allucinazioni, la prima volta che ho visto un titanide arrampicarsi sugli alberi. Adesso scopro che siete anche marinai.
— No, siete voi a stupirmi — ribatté Valiha. — Come facciate, per mantenere l’equilibrio, è un vero mistero. Quando vi mettete a correre, cominciate il movimento con una caduta in avanti, e poi le gambe si mettono alla pari del corpo. Vivete sempre sull’orlo del disastro.
Chris rise. — Hai ragione. Almeno, è quello che capita a me. — Osservò il suo ritmo di remata, e per qualche tempo si udì soltanto il leggero gorgoglio del remo.
— Dovrei darti una mano. Potremmo fare dei turni.
— Certo. Io remo per i primi tre quarti di riv, e tu per l’altro quarto.
— Non mi sembra giusto.
— So quello che dico. Non faccio nessuna fatica.
— Eppure, la barca va in fretta.
Valiha gli strizzò l’occhio, e cominciò a pagaiare con forza. La canoa parve volare sull’acqua, saltando sulle onde come una pietra piatta. La titanide remò in quel modo per una decina di colpi, poi riprese il ritmo di prima.
— Potrei mantenere quel ritmo per un’intera rivoluzione — disse. — Accetta il fatto che sono molto più robusta di te, anche se tu fossi in piena forma. E adesso non lo sei. Abituati gradualmente.
— Certo. Ma penso che dovrei fare qualcosa anch’io.
— Sono d’accordo. Riposati, e lascia a me i lavori servili.
Fece come lei gli diceva, ma le parole di Valiha non fecero che risvegliare una delle sue vecchie riserve mentali.
— Mi sento alquanto a disagio — disse. — E il motivo fondamentale è questo: che noi umani ci serviamo di voi titanidi come… ecco, come animali da soma.
— Noi possiamo portare un carico più grosso del vostro.
— Certo, lo so. Ma io non ho neppure uno zaino. E… ecco, mi sento sempre un po’ in colpa quando…
— Quando ti porto sulla schiena, vero? — Lei gli sorrise e roteò gli occhi verso l’alto. — Tra poco proporrai di fare la strada a piedi, per permettermi di riposare, vero?
— In un certo senso.
— Chris, non c’è niente di più noioso che camminare con un essere umano.
— Neppure guardarlo mentre dorme?
— Mi hai battuto. Sì, è più noioso ancora.
— A quanto sento, ci trovi noiosi.