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Ponter scosse il capo, ma era chiaro che non intendeva insistere oltre. Però era molto curioso. «Quell'uomo» disse indicando lo schermo «parlava di 'vita eterna/ La tua specie ha forse scoperto il segreto dell'immortalità? Da noi ci sono degli specialisti che studiano le possibilità di prolungare la vita, ma…»

«No» disse Mary. «No, no. Parlava del Paradiso.» Alzò le mani, i palmi in alto, prevenendo così il bip di Hak. «Il Paradiso è un luogo dove crediamo si continui a vivere dopo la morte.»

«Questo è un ossimoro.» Mary rimase stupita dalla competenza di Hak. Ponter aveva pronunciato una dozzina di parole nella sua lingua, probabilmente dicendo qualcosa del tipo 'ma questa è una contraddizione in termini,' e il Companion si era accorto che esisteva un modo più sintetico per esprimere quel concetto in inglese, anche se non nella lingua Neandertal.

«Be'» disse Mary «non tutti sulla Terra — su questa, voglio dire — credono in una vita dopo la morte.»

«E la maggioranza ci crede?»

«Be'… sì, credo di sì.»

«E tu?»

Mary aggrottò la fronte, pensierosa. «Sì, ci credo.»

«Su quali basi?» le chiese Ponter in tono assolutamente neutrale, senza la minima traccia di scherno.

«Be', si dice che…» e qui si fermò. Perché era credente? Era una scienziata, una persona che basava la sua vita e il suo modo di essere sulla razionalità e sulla logica, ma l'indottrinamento religioso a cui era stata sottoposta aveva preceduto la sua formazione scientifica. Dopo qualche attimo di silenzio, scrollò impercettibilmente le spalle, consapevole dell'inadeguatezza della risposta: «C'è scritto nella Bibbia.»

Bip.

«La Bibbia» ripeté Mary. «Le Scritture.» Bip. «Il Libro Sacro.» Bip. «Si tratta di un libro venerato dai fedeli in cui sono riportati dei precetti morali. Le cose scritte nella prima parte sono condivise dalla mia gente — si chiamano cristiani — e dagli appartenenti a un'altra delle grandi religioni, gli ebrei. In quello che c'è scritto nella seconda parte crediamo solo noi cristiani.»

«Perché? Che cosa c'è scritto nella seconda parte?»

«Si racconta la storia di Gesù, il figlio di Dio.»

«Ah, sì. Quell'uomo parlava di lui. Quindi… quindi questo… questo creatore dell'universo in qualche modo aveva un figlio umano? Allora Dio è un essere umano?»

«No, no, è un essere incorporeo, non ha corpo.»

«Allora come ha potuto…?»

«La madre di Gesù era un essere umano, la Vergine Maria.» Si fermò un attimo, quindi aggiunse: «Io ne porto il nome.»

Ponter scosse lievemente il capo. «Scusami, Hak sta facendo un lavoro notevole, ma è chiaro che ha sbagliato qualcosa. Ha interpretato una parola che hai detto, come se si riferisse a qualcuno che non ha mai avuto rapporti sessuali.»

«Vergine, sì.»

«E come può essere che una vergine sia madre?»

«Questo è un altro…» e Mary sentì Ponter ripetere la stessa frase che Hak aveva tradotto poco prima con la parola 'ossimoro.'

«Gesù è stato concepito senza rapporto sessuale. Dio ha posto il seme nel ventre di Maria.»

«E l'altro gruppo — gli ebrei, vero? — non credono a questa storia?»

«No.»

«Quindi sembrano… diciamo, meno creduloni. E tu ci credi? Credi a questa storia di Gesù?» le chiese guardandola negli occhi.

«Io sono una cristiana» rispose Mary. «Una seguace di Gesù.»

«Capisco. Quindi credi anche nella vita dopo la morte.»

«Be', noi crediamo che la vera essenza di una persona sia l'anima,» bip «una versione incorporea dell'essere, e che l'anima continui a vivere in uno dei due luoghi dove risiedono le anime di noi tutti. Se la persona è stata buona, l'anima vola in cielo, cioè nel paradiso, al cospetto di Dio. Se è stata cattiva, l'anima va all'inferno,» bip «dove viene torturata,» bip «tormentata per l'eternità.»

Ponter rimase a lungo in silenzio, mentre Mary cercava di decifrarne l'espressione. Alla fine disse semplicemente: «Noi — la mia gente — non crediamo in una vita dopo la morte.»

«Cosa pensate che avvenga dopo la morte?»

«A chi è morto assolutamente niente. Cessa completamente di esistere. Tutti quelli che sono stati non sono più.»

«È una cosa molto triste» commentò Mary.

«Triste? Perché?»

«Perché devi continuare a vivere senza di loro.»

«Voi potete entrare in contatto con quelli che abitano in quel vostro altro mondo?»

«Be', no. Io no. Alcuni dicono di sì, ma le loro affermazioni non sono mai state dimostrate.»

«Mi coloro di sorpresa» se ne uscì Ponter, e Mary si chiese dove Hak poteva aver preso quell'espressione. «Ma se non avete modo di entrare in contatto con questo aldilà, il regno dei morti, perché ci credete?»

«Non ho mai visto il mondo parallelo da cui provieni,» gli rispose Mary «eppure ci credo. E anche tu, che non lo vedi più, continui a crederci.»

Ancora una volta, Hak la sbalordì: «Touché» disse, sintetizzando brillantemente la mezza dozzina di parole pronunciate da Ponter.

Ma le cose che le aveva detto il Neandertal la incuriosivano moltissimo. «Per noi la moralità deriva dalla religione, precisamente dalla credenza in un bene assoluto, e. be', dalla paura, immagino, della dannazione: di finire all'inferno.»

«In altre parole gli umani della tua specie si comportano bene solo sotto una minaccia.»

Mary assentì, ammettendo come fondata l'osservazione di Ponter. «È la scommessa di Pascal. Vedi, se credi in Dio, e lui non esiste, hai poco da perdere. Ma se non ci credi, e lui esiste davvero, rischi la dannazione eterna. Quindi, conviene credere.»

«Ah» disse Ponter. e poiché l'interiezione era comune ai due linguaggi, Hak non la tradusse.

«Comunque, non hai ancora risposto alla mia domanda sulla morale. Senza un Dio — senza credere che alla fine della tua vita sarai punito o ricompensato per quello che hai fatto — su cosa si basa la vostra morale? Ormai ho trascorso un po' di tempo con te, e so che sei una brava persona. Da dove viene questa bontà?»

«Io mi comporto così perché ritengo sia giusto.»

«Secondo quali precetti?»

«Quelli della mia gente.»

«Ma da dove provengono questi precetti?» insisté Mary.

«Da…» e a quel punto Ponter spalancò gli occhi, grandi globi incavati in un'ondulata sporgenza ossea, come se avesse avuto un'epifania… nel significato laico della parola, naturalmente. «Dal nostro convincimento che non c'è vita dopo la morte!» concluse trionfante. «Per questo la vostra fede mi turba, solo adesso me ne rendo conto. La nostra asserzione è lineare e congruente con l'osservazione dei fatti: la vita di una persona finisce completamente con la morte; non c'è possibilità di incontrare di nuovo chi non è più o di scusarsi con lui per qualche torto che gli abbiamo fatto, né di dimostrare che, poiché in questa vita sono stati buoni, i defunti continuino a vivere nel paradiso, dimentichi dei loro affanni su questa terra.» Indugiò un attimo, fissando lo sguardo sul volto di Mary, come per accertarsi che lei lo stesse seguendo.

«Non capisci?» continuò. «Se faccio del male a qualcuno — se lo offendo, o se, mettiamo, mi approprio di qualcosa che gli appartiene — dal vostro punto di vista mi posso consolare con il fatto che anche dopo morto posso venire in contatto con lui, e fare ammenda delle mie colpe. Ma nella mia visione del mondo, una volta che una persona muore — il che può accadere per tutti noi in qualsiasi momento, per un incidente, un attacco di cuore e così via — chi ha fatto qualcosa di male vivrà tutta la vita con la consapevolezza che non potrà mai rappacificarsi con la persona a cui ha fatto del male.»

Mary ci rifletté su. Sì, la maggior parte degli schiavisti non aveva mai considerato la faccenda in questi termini, ma senza dubbio le persone con una certa coscienza, immerse in una società fondata sulla compravendita di esseri umani, dovevano essersi fatte degli scrupoli… e comunque si erano consolate con la convinzione che tutte le persone a cui facevano del male nell'altra vita sarebbero state ripagate per le loro sofferenze terrene? Certo, i gerarchi nazisti erano il male allo stato puro, ma quanti di coloro che eseguivano gli ordini per sterminare gli ebrei riuscivano a dormire la notte credendo che quelli che avevano appena ucciso adesso vivevano felici in paradiso?

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