«Hai visto la registrazione» si impuntò Bolbay, seduta a cavalcioni sulla sedia a forma di sella nella prima fila di spettatori. Sard le impose di tacere.
«Sì» rispose Jasmel. «Sì, l'ho vista. Sapevo che mio padre ha una mascella fuori posto. A volte, soprattutto quando fa freddo, gli duole. Non sapevo chi gli avesse procurato quel problema: non me l'ha mai confidato. Diceva solo che era una cosa accaduta tanto tempo fa, che la persona che lo aveva colpito si era pentita completamente e che lui l'aveva perdonata.» Fece di nuovo una pausa, poi riprese: «Mio padre sa valutare molto bene le persone; non avrebbe mai scelto Adikor come compagno se avesse ritenuto che ci fosse la benché minima possibilità di essere aggredito un'altra volta.» Guardò Adikor, quindi di nuovo il giudice. «Sì, mio padre è scomparso, ma non ritengo che sia stato ucciso. Se è morto, è stato a causa di un incidente. E se non lo è…»
«Credi che sia rimasto ferito?» le chiese Sard. Jasmel fu colta di sorpresa: non era usuale che un giudice ponesse delle domande dirette.
«Potrebbe essere, Vostro Onore.»
Ma Sard scosse il capo. «Ragazza, hai tutta la mia simpatia, credimi. So bene cosa voglia dire perdere un genitore, ma quello che affermi non ha senso. Abbiamo effettuato delle ricerche nella miniera, abbiamo impiegato uomini e donne, anche se eravamo nel periodo degli Ultimi Cinque, e persino i cani.»
«Se fosse morto,» ribatté Jasmel «il suo Companion almeno per un certo periodo avrebbe trasmesso dei segnali per poter essere localizzato. Hanno effettuato le ricerche con l'ausilio delle apposite strumentazioni, ma non hanno trovato nulla.»
«È vero» concesse Sard. «Ma il Companion potrebbe essere stato deliberatamente manomesso o distrutto.»
«Ma non c'è nessuna prova…»
«Ragazza,» la interruppe il giudice «non è la prima volta che qualcuno scompare. Alcuni, colpevoli di gravi reati, si sono strappati l'impianto dal polso dandosi alla macchia. Hanno abbandonato la civiltà e si sono uniti a una di quelle comunità che hanno scelto di vivere una vita primitiva, o si sono semplicemente dati al nomadismo. C'era qualcosa che poteva spingere tuo padre a una scelta del genere?»
«No» rispose Jasmel. «Ci siamo visti nel periodo in cui Due diventano Uno, e non ho avuto la sensazione che ci fosse qualche problema.»
«Solo per poco, però» insinuò il giudice.
«Scusi?»
«Lo hai visto per poco tempo» disse Sard che aveva notato lo stupore della ragazza. «No, non ho controllato il tuo archivio degli alibi; non ce n'è motivo visto che non hai commesso nessun reato. Ho solo preso qualche informazione: in un caso insolito come questo è il minimo che si possa fare. Per questo ti chiedo di nuovo: c'era forse qualche motivo per cui tuo padre avrebbe potuto decidere di scomparire? Laggiù nella miniera poteva nascondersi facilmente, eludere il controllo dei robot, prendere uno degli ascensori e far perdere le sue tracce.»
«No, Vostro Onore» insisté Jasmel. «Non ho avuto nessuna sensazione di una possibile instabilità mentale, né mio padre era particolarmente infelice… per lo meno, nella misura in cui può non esserlo chi ha perso una compagna.»
«Questo posso confermarlo» si intromise Adikor rivolgendosi direttamente al giudice. «Io e Ponter eravamo felici, insieme.»
«Date le circostanze, le sue affermazioni non sono attendibili» disse Sard. «Ma anche in questo caso ho raccolto delle informazioni, che confermano le vostre dichiarazioni. Ponter non aveva debiti, non aveva nemici, non aveva nadalp: in breve, non aveva alcuna ragione per rinunciare alla famiglia e al lavoro.»
«Proprio così» disse Adikor che non riusciva a controllarsi, pur sapendo che avrebbe fatto meglio a stare zitto.
«Ma se non aveva nessuna ragione per sparire, e non era mentalmente instabile, torniamo alla tesi di Bolbay. Se Ponter Boddit fosse solo rimasto ferito, o fosse deceduto per cause naturali, la squadra di ricerche lo avrebbe ritrovato.»
«Ma…» disse Jasmel.
«Ragazza» disse Sard «se hai qualche prova, non delle semplici supposizioni ma delle prove autentiche, che Adikor non è colpevole, esibiscila.»
Jasmel e Adikor si scambiarono uno sguardo. Fatta eccezione per lo strano tipo che continuava a tossire e a cambiare posizione sulla sedia, la gigantesca aula era immersa nel silenzio.
«Ebbene?» chiese il giudice. «Sto aspettando.»
Adikor scrollò le spalle; temeva che parlare di quella cosa sarebbe stato controproducente. Jasmel si schiarì la voce. «Sì, Vostro Onore, esiste un'altra possibilità…»
27
Mary aveva trascorso una pessima notte.
Reuben Montego aveva dei sonagli appesi in giardino; per Mary tutti i possessori di quell'oggetto meritavano la fucilazione. In un'altra situazione, dato che Reuben possedeva un paio di acri di terra e viveva solo, quelle dannate cianfrusaglie non avrebbero infastidito nessuno. Ma quella notte il continuo tintinnio non le aveva fatto chiudere occhio.
Avevano discusso a lungo come organizzarsi per la notte. C'era un letto matrimoniale nella camera dove dormiva Reuben, un divano nello studio e uno nel soggiorno, nessuno dei due, però, trasformabile in letto. Alla fine avevano deciso di cedere il letto a Ponter, che sicuramente ne aveva più bisogno di loro. Reuben si sistemò sul divano dello studio, Louise su quello del soggiorno, e Mary dormì su una poltrona reclinabile, anche lei nel soggiorno.
Ponter stava molto male, ma Hak era in perfetta forma, e così Mary, Louise e Reuben si misero d'accordo per dargli a turno lezioni di inglese. Louise propose di essere la prima, dichiarandosi una inveterata nottambula, e rimase con Ponter dalle dieci alle due di notte, finché Mary, che non aveva chiuso occhio, le aveva dato il cambio.
Mary si sentiva a disagio; non perché trovasse deprimente parlare con un computer — la cosa, anzi, la affascinava — quanto piuttosto perché doveva rimanere da sola con un uomo e chiudere anche la porta, per non disturbare Reuben, che dormiva nella stanza accanto.
Fortunatamente Ponter dormì tutto il tempo, anche se Mary per un momento fu colta dal panico quando il Neandertal girò la testa verso di lei. Conversando con Hak, le parve che l'impianto diffondesse rumore bianco per facilitare il sonno di Ponter.
Rimase sorpresa dai progressi fatti da Hak dopo la lezione di Louise, ma dopo un'ora passata a spiegare nomi e categorie verbali, era esausta. Si scusò con Hak e scese dabbasso, dove trovò Louise stesa sul divano, seminuda, coperta solo in parte da un afgano. Si sdraiò sulla poltrona reclinabile, stanchissima, e si addormentò quasi subito.
La mattina seguente Ponter non aveva più febbre; pareva che le aspirine e gli antibiotici somministratigli da Reuben fossero efficaci. Il Neandertal si alzò dal letto e scese nel soggiorno. Mary fu letteralmente scioccata nel vederlo tutto nudo. Louise dormiva ancora, mentre lei, rannicchiata sulla poltrona, s'era appena svegliata. Per un attimo temette che Ponter fosse sceso per lei… ma a pensarci, se avesse desiderato una donna sarebbe certamente stata la giovane e bella francocanadese.
Invece si limitò a gettare loro una rapida occhiata, dirigendosi di filato in cucina. Sembrava non si fosse accorto che lei era sveglia. Era sul punto di fargli notare che non stava bene girare per casa completamente nudo, ma…
Mio Dio, pensò guardandolo attraversare il soggiorno. Mio Dio. Non avrebbe dovuto guardare, ma…
Voltò la testa e ne vide il fondoschiena mentre entrava in cucina, e guardò di nuovo quando riemerse con una lattina di coca cola in mano. Reuben aveva un intero reparto del frigorifero pieno di quella roba. Lo scienziato che era in lei era affascinato nel vedere un Neandertal tutto nudo, e…
E la sua parte femminile provava semplicemente piacere nel vedere quel corpo muscoloso in movimento.