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Alla fine era stato proprio Ponter a suggerire una prova adeguata. Il suo impianto, aveva detto, conteneva le mappe complete della miniera di nickel del suo mondo, che presumibilmente doveva trovarsi in quei paraggi. Naturalmente, la maggior parte delle masse minerali più estese erano già state localizzate sia dalla civiltà dei Neandertal sia dalla Inco. Ma le mappe della società mineraria, che avevano consultato sul sito web, non riportavano un ricco deposito di rame, come aveva notato Hak. Se il deposito fosse stato individuato, questo poteva essere il tipo di informazione in possesso solamente di qualcuno che venisse da un universo parallelo.

Così Ponter Boddit — di cui avevano appreso il nome completo -, Louise Benoìt, Bonnie Jean Mah, Reuben Montego e una donna che Louise non conosceva, una genetista di nome Mary Vaughan, si recarono nel mezzo di un folto bosco distante trecentosettantadue metri esatti dal luogo al di sotto del quale sorgeva l'Osservatorio di neutrini di Sudbury. Erano presenti anche due geologi della Inco, che stavano trivellando il terreno per prelevare dei campioni di roccia. Uno di loro insisteva sul fatto che Ponter si era sbagliato: in quel luogo non poteva esserci del rame.

Scesero fino a nove metri e trenta, come Hak aveva detto loro, ed estrassero il campione. Quando spensero la trivella con la punta di diamante, Louise si sentì sollevata; quel rumore stridente le aveva procurato un tremendo mal di testa.

Tutti diedero una mano a trasportare il pezzo di roccia avvolto in un contenitore fino al parcheggio, dove i geologi ne rimossero l'opaca membrana esterna. La superficie del campione di roccia era ricoperta di humus, sotto il quale trovarono un deposito glaciale di argilla, sabbia, ghiaia e sassi. Ancora più sotto, disse uno dei geologi, c'era una roccia di norite precambriana.

E al centro, esattamente alla profondità che aveva detto Hak, c'era…

Louise batté le mani tutta eccitata, e Reuben Montego sfoderò un sorriso smagliante. Il geologo dubbioso borbottò qualcosa tra sé, mentre la professoressa Mah annuiva, sinceramente sbigottita. La genetista, dottoressa Vaughan, fissava Ponter ad occhi spalancati.

Era lì, esattamente dove aveva detto che l'avrebbero trovato: rame allo stato puro, intrecciato e bulboso, opaco ma indubbiamente metallo.

Louise sorrideva a Ponter, pensando al mondo verdeggiante e incontaminato che le aveva descritto la sera prima. «Monetine dal paradiso» disse tutta trasognata.

La professoressa Mah si avvicinò a Ponter, prese la sua mano gigantesca tra le sue e la strinse energicamente. «Non l'avrei mai creduto,» gli disse «ma ad ogni modo benvenuto nella nostra Terra.»

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Il gruppo, esclusi i due geologi, si riunì nella sala conferenze della miniera di Creighton: Mary Vaughan. la genetista di Toronto; Reuben Montego, il medico della Inco; Louise Benoit, la ricercatrice che lavorava nell'Osservatorio di neutrini di Sudbury e che era presente quando l'impianto era saltato; Bonnie Jean Mah, direttrice dell'osservatorio; e, il più importante di tutti, Ponter Boddit, fisico proveniente da un mondo parallelo, l'unico esemplare di Neandertal apparso su questa Terra da almeno ventisettemila anni.

Mary si era seduta accanto a Bonnie Jean Mah, l'unica donna che aveva una sedia libera accanto. Al centro della stanza, Reuben Montego sproloquiava. «Domanda» stava dicendo con quell'accento giamaicano che Mary trovava così delizioso. «Perché in questo luogo sorge una miniera?»

Mary non lo sapeva, e nessuno di coloro che conoscevano la risposta sembrava propenso a giocare ai quiz, ma alla fine Bonnie Jean Mah rispose: «Perché un miliardo e ottocento milioni di anni or sono un asteroide ha impattato sulla terra proprio in questo posto, dando luogo a un immenso giacimento di nichel.»

«Esattamente» disse Reuben. «Un evento accaduto molto prima della comparsa sulla Terra di forme di vita pluricellulari, un evento che condividiamo con il mondo di Ponter, quale parte del nostro comune passato.» Passò in rassegna i volti dei presenti, uno per uno, per finire con quello di Mary. «Non c'è molta scelta quando si deve scegliere il luogo dove costruire una miniera» continuò. «Devono esserci i minerali. Ma l'osservatorio di neutrini? Perché è stato costruito proprio qui?»

«Perché» rispose di nuovo Mah «i due chilometri di roccia della miniera sono un ottimo scudo contro i raggi cosmici, quindi il luogo ideale per costruire un rilevatore di neutrini.»

«Giusto, ma non si tratta solo di questo, vero, madam?» disse Reuben che, intuiva Mary, con l'aiuto di Louise era diventato un esperto. «Ci sono altre miniere altrettanto profonde in altri luoghi, ma la nostra si contraddistingue anche per un basso livello di radiazioni, dico bene? E in effetti questo sito è unico perché qui le strumentazioni non sono soggette alle interferenze dovute alle radiazioni naturali.»

A Mary la cosa parve ragionevole, infatti notò che la professoressa Mah annuiva. Ma poi la direttrice aveva subito chiesto: «E allora?»

«Allora,» replicò Reuben «nel mondo di Ponter è stata costruita una miniera nel punto esatto in cui l'abbiamo costruita noi, per raggiungere lo stesso giacimento di nichel. E infine lui stesso si è reso conto dell'importanza del sito e ha convinto le sue autorità a costruirvi sotto un laboratorio.»

«Insomma vuole farci credere che nell'altro universo, nello stesso posto, c'è un rilevatore di neutrini?» chiese Mah.

«No» disse Reuben scuotendo la testa. «No, non c'è. Bisogna ricordare che la scelta di costruire l'osservatorio proprio qui è dovuta anche a un accidente storico: i reattori nucleari canadesi, a differenza di quelli degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, del Giappone e della Russia, impiegano dei moderatori ad acqua pesante. Tutte queste circostanze non si sono verificate nel mondo di Ponter, dove infatti sembra che il nucleare non esista. Ma questo luogo sotterraneo è adatto anche per l'allocazione di un'altra strumentazione estremamente sensibile.» Fece una pausa, guardò nuovamente i presenti uno ad uno, quindi riprese: «Ponter, dov'è che lavori?»

«Drusble korbul to kalbtadu» rispose il Neandertal.

E l'impianto, con la voce maschile, tradusse: «In un laboratorio di calcolo quantistico.»

«Calcolo quantistico?» ripeté Mary sentendosi a disagio, non essendo abituata a essere la meno competente nelle discussioni scientifiche.

«Esattamente» disse Reuben con un gran sorriso. «Dottoressa Benoit?»

Louise annuì e si alzò in piedi. «Il calcolo quantistico è qualcosa con cui anche noi stiamo iniziando a giocare» esordì spostando una ciocca di capelli dal viso. «Un computer normale può determinare i fattori di un dato numero cercando un fattore possibile per vedere se funziona, quindi passando a quello successivo, e così via: si tratta della semplice forza bruta del calcolo. Ma se si impiega un computer tradizionale per fattorizzare un numero molto alto — per esempio un numero con 512 cifre, come quelli usati per criptare le transazioni fatte con la carta di credito in Internet — l'elaboratore impiegherebbe un numero incalcolabile di secoli per testare singolarmente tutti i possibili fattori.»

Anche Louise guardò a turno i volti dei presenti, per sincerarsi che tutti la stessero seguendo, quindi proseguì: «Un computer quantistico, invece, si serve di sovrapposizioni di stati quantici per verificare simultaneamente un alto numero di possibili fattori. Cioè, in sostanza, si costruiscono dei duplicati di nuovi universi fittizi per effettuare il calcolo quantistico e, una volta completata la fattorizzazione — il che virtualmente avviene in tempo reale — tutti quegli universi collassano e ritornano all'unità, poiché, eccetto il numero di prova che hanno testato per verificare che fosse il fattore ricercato, sono completamente identici. In questo modo, nel breve spazio di tempo che ci vuole per identificare un solo fattore, si provano simultaneamente tutti i fattori e si risolve un problema fino ad ora irrisolvibile.» A questo punto fece una pausa, prima di tirare le conclusioni del suo discorso: «O per lo meno, fino ad oggi, questo è quanto teorizzato sul calcolo quantistico: la momentanea sovrapposizione di stati quantici in effetti crea universi differenti.»

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