«Andiamo, scienziato Huld, solo un attimo fa ci stavi intrattenendo con storie di mioni e di pioni, e adesso vorresti farci credere che non sei in grado di capire il funzionamento di semplici trasmissioni radio?»
«Non ho detto che non le capisco» disse Adikor sulla difensiva. «Ho detto solo che non ci ho mai fatto caso.»
Bolbay gli si piazzò di nuovo alle spalle. «Non hai mai pensato al fatto che, mentre eravate laggiù, per la prima volta nella tua vita, non ci sarebbe stata alcuna registrazione di quello che stavi facendo?»
«Senta» disse Adikor rivolgendosi direttamente al giudice prima che Bolbay gli si parasse di nuovo davanti. «In tutta la mia vita non ho mai avuto motivo di accedere al mio archivio. Certo, sono consapevole del fatto che normalmente le mie azioni vengono registrate, ma solo in via teorica. Insomma, non è una cosa a cui penso tutti i giorni.»
«Eppure,» l'incalzò Bolbay «ogni giorno della tua vita trai beneficio della pace e della sicurezza rese possibili proprio da quelle registrazioni.» Quindi, guardando il giudice: «Sai bene che quando vai in giro la notte le possibilità di essere derubato o ucciso o lasagklat sono quasi nulle, perché non c'è modo di sfuggire alla punizione per questi crimini. Se mi accusassi, per dire, di averti assalito in Peslar Square, e volessi convincere un giudice della veridicità della tua accusa, questi ordinerebbe di visionare la registrazione del mio o del tuo archivio degli alibi per il periodo di tempo in questione, il che dimostrerebbe la mia innocenza. E sappiamo bene che il fatto che ogni crimine commesso venga registrato ci rende tutti molto più tranquilli.»
Adikor non disse nulla.
«Eccetto il caso in cui» continuò imperterrita l'accusatrice «qualcuno escogiti il modo di trovarsi con la sua vittima in un luogo — in pratica l'unico — dove è impossibile registrare quello che può accadere.»
«Ma questo è assurdo» ribatté Adikor.
«Credi? La miniera fu scavata molto prima dell'avvento dei Companion, e, naturalmente, sono secoli che i lavori minerari vengono svolti dai robot. Non mi risulta che un essere umano sia mai sceso laggiù, ecco perché non ci siamo mai posti il problema dell'impossibilità della comunicazione tra i Companion e l'archivio degli alibi. Ma tu hai fatto in modo di trascorrere un mucchio di tempo in quel nascondiglio sotterraneo insieme al tuo collega Boddit.»
«Non abbiamo affatto preso in considerazione la cosa.»
«No?» disse Bolbay. «Ti dice niente il nome Kobast Gant?»
Adikor ebbe un tuffo al cuore, e gli si seccò la bocca. «È un ricercatore che studia le intelligenze artificiali.»
«Proprio così. Lui afferma che sette mesi fa ha potenziato il tuo Companion e quello di Ponter installandovi dei sofisticati componenti di intelligenza artificiale.»
«Sì,» confermò Adikor «è vero.»
«Perché?»
«Be', uhm…»
«Perché?»
«Perché a Ponter non piaceva essere tagliato fuori dalla rete di informazioni planetarie. Laggiù i nostri Companion non potevano collegarsi alla rete, quindi aveva pensato che fosse utile aumentare la loro capacità di elaborazione dei dati, per favorire il nostro lavoro.»
«E tu hai dimenticato questo particolare?»
«Come hai detto tu stessa,» replicò Adikor in tono brusco «si tratta di una cosa accaduta parecchi mesi fa. Mi sono abituato al fatto di avere un Companion più loquace del solito. D'altra parte, e questo Kobast Gant lo può confermare, anche se quei software delle intelligenze artificiali erano delle versioni primitive, lui aveva intenzione di renderli disponibili a tutti coloro che ne avessero fatto richiesta. Era convinto della loro utilità, soprattutto nei casi in cui i Companion non fossero in grado di connettersi alla rete, ed era sicuro che il progetto avrebbe avuto successo, diventando di uso comune.» Congiunse le mani e le mise in grembo, quindi concluse: «Comunque, io mi sono abituato subito al nuovo Companion, e, come ho già detto, non ho più pensato al motivo per cui… ma… un momento! Un momento!»
«Sì?» disse Bolbay.
Adikor guardò direttamente Sard, seduta in fondo alla sala. «Il mio Companion vi può dire quello che è successo laggiù.»
Il giudice lo fissò a lungo, prima di chiedergli: «Qual è il suo contributo, scienziato Huld?»
«Il mio? Sono un fisico.»
«E anche programmatore di computer, a quanto mi risulta. E a dirla tutta, lei e il suo collega stavate lavorando con dei computer estremamente sofisticati.»
«Sì, ma…»
«Per cui» concluse il giudice «mi risulta difficile pensare che si possa prestare fede al suo Companion. Per uno della sua esperienza sarebbe un giochetto da nulla programmarlo in modo da raccontarci ciò che vuole.»
«Ma io…»
«Grazie, giudice Sard» si intromise Bolbay. «E adesso, scienziato Huld, ci vuoi dire quante persone sono normalmente coinvolte in un esperimento scientifico?»
«È una domanda priva di senso» replicò Adikor. «Alcuni progetti sono portati avanti da una sola persona, e…»
«…e alcuni da decine di ricercatori, non è vero?»
«Alle volte sì.»
«Ma al vostro progetto lavoravate solo in due.»
«Non esattamente» la corresse. «Al nostro progetto hanno collaborato altri quattro ricercatori, in fasi diverse.»
«Ma nessuno di loro scendeva con voi giù nella miniera. Solamente voi due — Ponter Boddit e Adikor Huld — vi recavate laggiù, vero?»
Adikor annuì.
«E solo uno dei due è tornato su in superficie.»
Adikor rimase impassibile.
«Non è forse vero, scienziato Huld? Solo uno dei due è tornato in superficie.»
«È così,» disse Adikor «ma come ho già spiegato, lo scienziato Boddit è scomparso.»
«Scomparso» ripeté Bolbay come se non avesse mai sentito prima quella parola e stesse cercando di comprenderne il significato. «Intendi dire che è sparito?»
«Sì.»
«Nel nulla?»
«Proprio così.»
«Ma non esiste traccia alcuna di questa scomparsa.»
Adikor scosse impercettibilmente il capo. Perché Bolbay lo stava perseguitando in quel modo? Non si era mai mostrato scortese nei suoi confronti, e non poteva pensare che Ponter le avesse parlato di lui in termini sfavorevoli. Qual era il motivo?
«Non si è trovato il corpo» dichiarò Adikor provocatoriamente «perché non c'è nessun corpo da trovare.»
«Scienziato Huld, questa è la tua versione. Ma a migliaia di metri sotto terra avresti potuto nascondere il corpo ovunque: in un sacco a tenuta stagna per non farne filtrare il cattivo odore e poi gettarlo in qualche fenditura della roccia, o seppellirlo sotto qualche masso, o anche gettarlo in una macina. Il complesso minerario è enorme, con migliaia di gallerie, di cunicoli e di masse di detriti. Insomma, non avresti certo avuto problemi a far sparire il corpo.»
«Ma non l'ho fatto.»
«Questo è quello che dici tu.»
«Sì,» disse Adikor lottando per rimanere calmo «è quello che dico io.»
La sera precedente, a casa di Reuben, Louise e Ponter avevano cercato di escogitare un modo che provasse a tutti che Ponter aveva detto il vero: che proveniva da un mondo parallelo.
Forse l'analisi chimica dei suoi abiti avrebbe potuto dimostrarlo. Aveva detto che erano di tessuto sintetico, ed era molto probabile che non avessero eguali tra i polimeri conosciuti. E del resto, anche alcuni componenti del suo misterioso impianto dovevano essere ignoti alla scienza di questo mondo.
Un dentista avrebbe potuto dimostrare che non aveva mai ingerito acqua fluorizzata, e sarebbe stato persino possibile dimostrare che era vissuto in un mondo dove non esistevano armi nucleari, diossina, o motori a combustione interna.
Ma, come Reuben aveva fatto rilevare, tutto ciò dimostrava solo che Ponter non era di questa Terra, non che veniva da un'altra Terra. In fondo, poteva essere un alieno.
Louise aveva argomentato che non era possibile che la vita su un altro pianeta avesse avuto un'evoluzione simile a quella sulla Terra, pur concedendo che per molti sarebbe stato più accettabile e sicuramente più familiare l'idea dell'alieno piuttosto che quella di un universo parallelo. E questo aveva spinto Reuben a dire qualcosa del tipo che Kira Nerys stava meglio quando vestiva in pelle.