Pur non essendo del tutto convinto che fosse una buona idea affidarle quell'incarico, la lasciò impegnata a ridisporre il mobilio e si affrettò ad andare da Badri, che aveva qualcosa da dirgli. Li ha uccisi tutti. Ha ucciso mezza Europa.
La pioggia si era placata, riducendosi a poco più di una fine nebbiolina, e i picchetti contro la CE si erano raccolti in forze davanti all'Infermeria. Ad essi si erano aggiunti parecchi ragazzi dell'età di Colin che si erano applicati strisce nere sulla faccia e gridavano:
— Lasciate libero il mio popolo!
Uno di essi afferrò Dunworthy per un braccio.
— Il governo non ha il diritto di tenerti qui contro la tua volontà — disse, accostando la faccia a strisce bianche e nere alla maschera protettiva di Dunworthy.
— Non essere idiota! — ribatté questi. — Vuoi scatenare un'altra panepidemia?
Il ragazzo gli lasciò andare il braccio con espressione confusa e lui ne approfittò per fuggire dentro.
Il Pronto Soccorso brulicava di pazienti su lettini mobili, e ce n'era perfino uno vicino all'ascensore; una massiccia infermiera che indossava un set di IPS era ferma accanto al letto, intenta a leggere al paziente qualcosa da un libro rivestito di politene.
— Chi è mai perito pur essendo innocente? — lesse la donna, e Dunworthy si rese conto con sgomento che quella non era un'infermiera, bensì la Signora Gaddson. — O quando il giusto è stato abbattuto?
La donna s'interruppe per sfogliare le pagine sottili della Bibbia alla ricerca di un altro rasserenante brano e Dunworthy si affrettò a imboccare un corridoio laterale e una scala, pervaso da una profonda gratitudine per l'SSN che aveva imposto l'uso delle maschere.
— Il Signore ti colpirà con la consunzione — recitò la Signora Gaddson, la cui voce lo inseguì nel corridoio durante la sua fuga, — e con la febbre e con l'infiammazione.
E ti colpirà con la Signora Gaddson, pensò Dunworthy, e lei ti leggerà le Scritture per tenerti alto il morale.
Salendo le scale raggiunse il reparto di Isolamento, che a quanto pareva adesso aveva occupato tutto il piano.
— Eccola qui! — esclamò l'infermiera di turno, di nuovo la graziosa allieva bionda. Dunworthy si chiese se doveva metterla in guardia dalla Signora Gaddson.
— Avevo quasi rinunciato a sperare di vederla — continuò la ragazza, porgendogli il solito set di IPS che lui infilò prima di seguirla. — Ha continuato a chiamarla per quasi tutta la mattina. Circa mezz'ora fa era addirittura frenetico e insisteva di doverle dire una cosa. Adesso va un po' meglio.
In effetti, Badri aveva un aspetto decisamente migliore. Il rossore era sparito e anche se era ancora un po' pallido sotto la pelle olivastra sembrava quasi tornato se stesso. Il tecnico era parzialmente seduto a ridosso di alcuni cuscini, con le ginocchia sollevate e le mani adagiate su di esse con le dita incurvate, e aveva gli occhi chiusi.
— Badri? — chiamò l'infermiera, posandogli sulla spalla la mano protetta dal guanto impermeabile e chinandosi verso di lui. — Il Signor Dunworthy è qui.
— Il Signor Dunworthy? — ripeté Badri, aprendo gli occhi.
— Sì — confermò l'infermiera, accennando verso Dunworthy che era fermo ai piedi del letto. — Le avevo detto che sarebbe venuto.
— Sono qui, Badri — intervenne Dunworthy, venendo avanti in modo da entrare nel suo quadro visivo. — Cosa volevi dirmi?
Badri tenne lo sguardo fisso davanti a sé e le sue mani cominciarono a muoversi con irrequietezza sulle ginocchia. Dunworthy scoccò un'occhiata interrogativa all'infermiera.
— È da parecchio che continua a farlo — spiegò questa. — Credo che pensi di dattiloscrivere qualcosa.
Poi diede un'occhiata agli schermi e lasciò la stanza.
Badri stava senza dubbio dattiloscrivendo. I polsi erano adagiati sulle ginocchia e le dita battevano sulla coperta in una complessa sequenza mentre lui teneva lo sguardo fisso su qualcosa davanti a sé… uno schermo?
— Non può essere giusto — mormorò dopo un momento, accigliandosi, e ricomiciò a dattiloscrivere in fretta.
— Cosa c'è, Badri? — domandò Dunworthy. — Cos'è che non va?
— Ci deve essere un errore — dichiarò Badri, poi s'inclinò appena da un lato e aggiunse: — Datemi una linea di verifica sul TAA.
Dunworthy si rese conto che era convinto di parlare nel microfono della consolle e che stava decifrando i dati di verifica.
— Cosa non può essere giusto, Badri? — insistette.
— Lo slittamento — replicò il tecnico, senza distogliere lo sguardo dallo schermo immaginario. — Controllo di uscita — aggiunse nel microfono, poi ripeté: — Non può essere esatto.
— Cosa c'è che non va nello slittamento? — domandò Dunworthy. — È stato maggiore di quanto ti aspettassi?
Badri però non rispose. Batté qualcosa sulla tastiera immaginaria, si fermò per guardare gli schermi inesistenti e riprese quindi a dattiloscrivere freneticamente.
— Quanto slittamento c'è stato, Badri? — tentò ancora Dunworthy.
Il tecnico dattiloscrisse per un intero minuto, poi smise e guardò verso Dunworthy.
— Così preoccupato — affermò, in tono pensoso.
— Preoccupato per cosa, Badri?
All'improvviso il tecnico gettò indietro le coltri e si afferrò alle sbarre del letto.
— Devo trovare il Signor Dunworthy — esclamò, assestando uno strattone alla flebo e staccando il nastro adesivo.
Sopra di lui gli schermi parvero impazzire, emettendo immagini confuse e segnali sonori, e da qualche parte suonò un allarme.
— Non devi fare così — disse Dunworthy, protendendosi in avanti per trattenere il malato.
— Lui è al pub — gridò Badri, dando un altro strattone al nastro adesivo.
I diagrammi sugli schermi si trasformarono all'improvviso in altrettante linee piatte.
— Contatto cessato — scandì una voce computerizzata. — Contatto cessato.
— Oh, santo cielo, è la seconda volta che lo fa! — esclamò l'infermiera, irrompendo nella stanza. — Non si deve agitare così, Signor Chaudhuri, ha staccato la cannula.
— Vada a chiamare il Signor Dunworthy, subito — affannò il tecnico, ma si adagiò all'indietro e si lasciò coprire di nuovo mentre reiterava: — C'è qualcosa che non va. Perché lui non viene?
Dunworthy attese che l'infermiera avesse fissato di nuovo la cannula con il nastro adesivo e riattivato gli schermi, e per tutto il tempo continuò a fissare Badri che adesso appariva sfinito e apatico, quasi annoiato. Un nuovo livido si stava già formando sopra la cannula.
— Credo che farò meglio a chiedere che gli somministrino un sedativo — commentò l'infermiera, andando via.
— Badri, sono il Signor Dunworthy — si affrettò a ripetere Dunworthy, non appena furono soli. — Volevi dirmi qualcosa… guardami, Badri. Cosa c'è? Cosa non va?
Badri lo guardò, ma senza interesse.
— C'è stato troppo slittamento, Badri? Kivrin si trova in mezzo alla peste?
— No ho tempo — replicò Badri. — Sono stato là sabato e domenica. — Poi riprese a dattiloscrivere, con le dita che si muovevano incessantemente sulla coperta. — Non può essere giusto.
L'infermiera tornò in quel momento con una bottiglia da attaccare alla flebo.
— Oh, bene — mormorò Badri, assumendo un'espressione più rilassata, come se si fosse liberato da un peso enorme. — Non so cosa sia successo. Avevo un'emicrania spaventosa.
Poi chiuse gli occhi ancora prima che l'infermiera avesse agganciato la bottiglia di flebo alla cannula e cominciò a russare sommessamente.
L'allieva accompagnò fuori Dunworthy.
— Dove possiamo trovarla se al risveglio chiedesse ancora di lei? — volle sapere.
— Cos'ha detto, esattamente? — chiese Dunworthy, dandole il proprio numero e togliendosi gli indumenti protettivi. — Prima che arrivassi, intendo.
— Ha continuato a chiamare il suo nome e a ripetere che doveva trovarla, che doveva dirle una cosa importante.
— Non ha parlato di topi?