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(Pausa)

Lady Imeyne è priva di conoscenza e Padre Roche le sta somministrando l'estrema unzione. Sono stata io a dirgli di farlo.

— È la malattia a parlare, la sua anima non si è rivoltata contro Dio — ho detto, il che non è vero e forse lei non merita il perdono, ma non merita neppure quello che le sta succedendo, di morire con il corpo corroso dalla peste, e non posso certo biasimarla di dare la colpa a Dio quando io stessa la do a lei. E nessuno dei due è responsabile, questa è soltanto una malattia.

Il vino consacrato è finito, e anche l'olio di oliva. Adesso Padre Roche sta usando l'olio delle cucine che ha un odore rancido. Quando le tocca con esso le tempie e il palmo delle mani, la pelle si tinge di nero.

È una malattia.

(Pausa)

Agnes sta peggio. È terribile vederla lì distesa ad ansimare come il suo povero cucciolo e a urlare:

— Dite a Kivrin di venire a prendermi! Questo posto non mi piace!

Perfino Roche non riesce a sopportarlo.

— Perché Dio ci punisce così? — mi ha chiesto.

— Non è una punizione, è una malattia — ho ripetuto, ma non è una risposta valida e lui lo sa.

Tutta l'Europa lo sa, e lo sa anche la Chiesa. Cercherà di accampare scuse ancora per qualche secolo ma non potrà sorvolare il fatto essenziale… che Lui ha permesso che succedesse, che non è venuto a salvare nessuno.

(Pausa)

Le campane hanno smesso di suonare e Roche mi ha chiesto se pensavo che volesse dire che la peste era finita.

— Forse Dio è riuscito a venirci in aiuto, dopo tutto — ha detto.

Io non lo credo. A Tournai, i funzionari ecclesiastici avevano mandato l'ordine di smettere di suonare le campane perché spaventavano la gente, e forse il vescovo di Bath ha fatto la stessa cosa.

Il suono era spaventoso, ma il silenzio è ancora peggiore. È come la fine del mondo.

30

Mary era morta quasi subito dopo che lui si era ammalato. Aveva contratto il virus il giorno in cui era arrivato l'analogo e aveva sviluppato una polmonite… e dopo due giorni il suo cuore aveva smesso di battere. Il sei di gennaio, il giorno dell'Epifania.

— Avresti dovuto dirmelo — rimproverò Dunworthy.

— Io gliel'ho detto — protestò Colin. — Non lo ricorda?

Lui non ricordava assolutamente nulla e non si era insospettito neppure quando la Signora Gaddson aveva ottenuto libero accesso alla sua stanza o quando Colin aveva commentato che «non gli dicevano niente». Non gli era neppure parso strano che Mary non fosse venuta a trovarlo.

— Le ho detto quando si è ammalata — insistette Colin, — e anche quando è morta, ma lei stava troppo male per darmi retta.

Dunworthy pensò a come Colin dovesse aver aspettato fuori della stanza della prozia in attesa di notizie e fosse poi venuto da lui per cercare di informarlo.

— Mi dispiace, Colin — mormorò.

— Non poteva farci nulla se era malato — replicò il ragazzo. — Non è stata colpa sua.

Dunworthy aveva detto quelle stesse parole alla Signora Taylor, che però non vi aveva creduto neppure per un momento, proprio come ora lui non riusciva a credere a Colin. E riteneva che non ci credesse neppure il ragazzo stesso.

— Non si preoccupi — insistette Colin. — Sono stati tutti gentili, tranne l'infermiera decrepita, che non voleva permettermi di vederla neppure quando ha cominciato a migliorare, e l'Arpia che continuava a leggermi passi delle Scritture che parlavano di come Dio abbatte gli empi. Il Signor Finch ha telefonato a mia madre e siccome lei non poteva venire ha provveduto di persona a prendere gli accordi per il funerale. È stato molto gentile e anche gli Americani lo sono stati… hanno continuato a regalarmi dei dolci.

— Mi dispiace — mormorò ancora Dunworthy, e tornò a ripeterlo dopo che Colin se ne fu andato, espulso dalla stanza dall'infermiera decrepita. — Mi dispiace.

Da allora il ragazzo non era più tornato, e Dunworthy non sapeva se l'infermiera gli aveva proibito l'accesso alla stanza o se nonostante tutto Colin non lo aveva perdonato.

Lui gli era venuto meno e lo aveva abbandonato, se n'era andato lasciandolo alla mercé della Signora Gaddson, dell'infermiera e dei dottori che non volevano dirgli nulla, era andato in un posto dove non poteva essere raggiunto, incontattabile quanto lo era Basingame, intento a pescare salmoni in qualche fiume della Scozia. E indipendentemente dalle sue affermazioni, Colin era certo convinto che se lo avesse voluto davvero lui sarebbe stato lì ad aiutarlo nonostante la malattia.

— Lei pensa che Kivrin sia morta, vero? — aveva chiesto il ragazzo, dopo che Montoya se n'era andata. — Ne è convinto come la Signora Montoya.

— Temo di sì.

— Ma ha detto che lei non può contrarre la peste. E se non fosse morta? Se fosse proprio ora al punto di recupero ad aspettarla?

— È stata contagiata dall'influenza, Colin.

— Ma lo è stato anche lei, e non è morto. Forse neppure lei è morta. Penso che dovrebbe andare a parlare con Badri e vedere se lui ha qualche idea. Magari si potrebbe riattivare la macchina, o qualcosa del genere.

— Non capisci — aveva ribattuto Dunworthy. — Non è come una torcia elettrica, non la si può accendere e spegnere a piacimento senza perdere i dati.

— D'accordo, ma forse Badri potrebbe rifare tutto daccapo e ottenere nuove coordinate che portino in quello stesso tempo.

Nello stesso tempo. Ci volevano giorni per organizzare una transizione, anche conoscendo già le coordinate, e Badri non le aveva. Non aveva che la data e poteva «fabbricare» un nuovo set di coordinate basandosi unicamente su di essa soltanto se le coordinate locazionali erano rimaste le stesse, se la febbre non lo aveva indotto ad alterare anche quelle e se i paradossi avessero permesso una seconda transizione.

Era impossibile spiegare tutto questo a Colin, non c'era modo di spiegargli che era impensabile che Kivrin fosse sopravvissuta all'influenza in un secolo in cui la cura standard erano i salassi.

— Non funzionerà, Colin — aveva detto, sentendosi improvvisamente troppo stanco per spiegare qualsiasi cosa. — Mi dispiace.

— Allora ha intenzione di lasciarla là? Che sia morta o meno? Non vuole neppure chiedere a Badri?

— Colin…

— La prozia Mary ha fatto tutto il possibile per lei. Non si è arresa!

— Cosa sta succedendo qui? — aveva chiesto l'infermiera, entrando accompagnata dallo scricchiolare della sua uniforme. — Se continui ad agitare il paziente dovrò chiederti di andartene.

— Me ne stavo andando comunque — aveva ribattuto Colin, lasciando a precipizio la stanza.

E non era più tornato né quel pomeriggio, né la sera e neppure il mattino successivo.

— Non mi è permesso di ricevere visite? — chiese Dunworthy all'infermiera amica di William, quando lei prese servizio.

— Certo che le è permesso — replicò lei, esaminando gli schermi. — C'è qualcuno che sta aspettando di vederla.

Era la Signora Gaddson, e aveva già la Bibbia aperta.

— Luca, Capitolo 23, versetto 33 — dichiarò, scoccandogli un'occhiata rovente, — dal momento che è tanto interessato alla Crocifissione. «E quando giunsero in quel luogo chiamato Calvario, là lo crocifissero.»

Se Dio avesse saputo dove si trovava Suo Figlio non avrebbe mai permesso che gli facessero una cosa del genere, pensò Dunworthy. Lo avrebbe recuperato, sarebbe venuto e lo avrebbe salvato.

Durante la Morte Nera, la gente dell'epoca si era convinta che Dio l'avesse abbandonata. «Perché distogli il tuo volto da noi?» aveva scritto. «Perché ignori le nostre grida?» Ma forse Lui non le aveva sentite, forse era stato privo di conoscenza perché giaceva malato in cielo, Lui stesso impotente e incapace di intervenire.

— «E fino alla nona ora ci fu un'oscurità su tutta la terra» — lesse ancora la Signora Gaddson, — «e il sole fu oscurato…»

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