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— Non piangere — la consolò gentilmente Eliwys, liberandosi dalla sua stretta. — Cerca di dormire. Devi riposare in modo da poter tornare a casa.

ESTRATTO DAL DOMESDAY BOOK
(000915-00284)

Sono in grossi guai, Signor Dunworthy. Non so dove sono e non riesco a parlare la lingua locale. Nel traduttore c'è qualcosa che non funziona, perché riesco a capire in parte quello che la gente dice ma gli altri non capiscono affatto me. E questa non è la cosa peggiore.

Ho contratto una malattia di qualche tipo. Non so cosa sia. Non è la peste perché non ho nessuno dei sintomi giusti e perché sto migliorando, e poi sono stata vaccinata contro la peste. Ho fatto tutte le vaccinazioni e ho rinforzato i linfociti T e tutto il resto, ma qualcuna di queste cose non deve aver funzionato, oppure nel medioevo esiste qualche malattia per cui non c'è vaccino.

I sintomi sono mal di testa, febbre, vertigini, e mi duole il petto ogni volta che cerco di muovermi. Per un po' ho delirato, ed è per questo che non so dove sono. Un uomo chiamato Gawyn mi ha portata qui sul suo cavallo ma io non ricordo molto del viaggio, tranne il fatto che era buio e che è parso durare ore. Spero però di essermi sbagliata e che la febbre lo abbia fatto sembrare più lungo di quanto fosse in realtà, e che questo sia davvero il villaggio che interessa alla Signora Montoya.

Potrebbe essere Skendgate. Ricordo di aver visto una chiesa e credo che questa sia la dimora di campagna di un nobile. Sono in una stanza da letto o in un solaio, non è semplicemente una soffitta perché ci sono le scale, e questo significa che la casa deve appartenere almeno ad un barone. C'è anche una finestra e non appena le vertigini saranno passate ho intenzione di salire sul sedile posto sotto di essa per vedere se riesco a scorgere la chiesa. Di certo ha una campana… ha suonati i vespri poco fa, e il fatto che la chiesa del villaggio della Signora Montoya non avesse una torre campanaria mi fa temere di non essere nel posto giusto. So che siamo piuttosto vicini ad Oxford perché una delle persone di qui ha parlato di mandare a prendre un dottore laggiù. Inoltre siamo anche vicini ad un villaggio chiamato Kersey… o forse Courcy; questo nome non figurava sulla mappa della Signora Montoya che ho memorizzato, ma potrebbe anche essere il nome del proprietario terriero.

A causa della malattia non sono certa neppure della mia posizione temporale. Ho cercato di sforzarmi e di ricordare e credo di essere qui da due giorni, ma potrebbero essere di più; non posso chiedere che giorno è perché la gente non mi capisce e non posso alzarmi dal letto senza cadere per terra, e mi hanno tagliato i capelli e non so cosa fare. Cosa è successo? Perché il mio traduttore non funziona? E perché non ha funzionato neppure rinforzare i linfociti T?

(Pausa)

C'è un topo sotto il mio letto. Posso sentirlo sgattaiolare nel buio.

11

Non riuscivano a comprenderla. Kivrin aveva cercato di comunicare con Eliwys, di farle capire ciò che diceva, ma lei si era limitata a sorridere con gentilezza e le aveva detto di riposare.

— Per favore — insistette Kivrin, mentre già lei si stava avviando verso la porta. — Non te ne andare. È importante. Gawyn è il solo a sapere dove si trova il sito.

— Dormi — ripeté Eliwys. — Tornerò fra poco.

— Devi permettermi di vederlo — ripeté Kivrin, in tono disperato, vedendo che la donna era ormai alla porta. — Non so dove si trova il sito.

Sentendo un rumore sulle scale, Eliwys aprì la porta.

— Agnes, ti avevo chiesto di andare a dire… — cominciò, poi s'interruppe a metà della frase e indietreggiò di un passo.

Non appariva spaventata o anche soltanto agitata, ma la mano che aveva posato sullo stipite ebbe un leggero sussulto, come se lei si stesse trattenendo dallo sbattere la porta, e Kivrin sentì il cuore che cominciava a batterle con violenza.

Ci siamo, pensò, terrorizzata. Sono venuti a prendermi per bruciarmi sul rogo.

— Buon giorno, mia signora — salutò una voce maschile. — Tua figlia Rosemund mi ha detto che ti avrei trovata nella sala, però tu non c'eri.

L'uomo entrò nella stanza, ma Kivrin non riuscì a vederlo in volto perché si era fermato ai piedi del letto e la sua figura era nascosta dai tendaggi. Cercò allora di spostare la testa in modo da poterlo guardare ma il movimento le causò un violento senso di vertigine che la costrinse a riadagiarsi immobile.

— Ho pensato che ti avrei trovata con la dama ferita — proseguì l'uomo, che indossava un giustacuore imbottito e calzoni aderenti di cuoio. E una spada… Kivrin la sentì tintinnare quando lui avanzò di un passo. — Come sta?

— Oggi sta meglio — rispose Eliwys. — La madre di mio marito è andata a preparare un decotto di vulneraria per le sue ferite.

Eliwys aveva allontanato la mano dallo stipite, ma anche se il commento riguardo a Rosemund voleva di certo dire che quello era Gawyn, l'uomo che lei aveva mandato a cercare gli assalitori di Kivrin, lei era comunque indietreggiata di un paio di passi mentre parlava e aveva assunto un'espressione cauta e guardinga. Una sensazione di pericolo affiorò di nuovo fugace nella mente di Kivrin e lei si chiese all'improvviso se per caso non avesse sognato il bandito e se l'uomo dal volto crudele non fosse in realtà proprio Gawyn.

— Hai scoperto qualcosa che ci possa rivelare l'identità della signora? — domandò Eliwys, soppesando le parole.

— No — replicò lui. — I suoi beni sono stati tutti rubati e i cavalli sono stati portati via. Speravo che la signora potesse dirmi qualcosa sui suoi assalitori, quanti erano e da che direzione le sono piombati addosso.

— Temo che non possa dirti nulla — affermò Eliwys.

— È forse muta? — chiese l'uomo, e si spostò in maniera tale che Kivrin poté finalmente vederlo.

Non era alto come le era parso allorché si era chinato su di lei e i suoi capelli non sembravano tanto rossi quanto biondi alla luce del giorno, ma il suo volto appariva ancora gentile come quando l'aveva caricata sul suo cavallo. Sullo stallone nero chiamato Gringolet.

Dopo averla trovata nella radura. Gawyn non era il tagliagole… lei doveva aver sognato il bandito, averlo immaginato a causa del delirio e dei timori del Signor Dunworthy, insieme al cavallo bianco e alle carole natalizie… e doveva aver frainteso la reazione di Eliwys nello stesso modo in cui aveva frainteso quando l'avevano aiutata a raggiungere il pitale.

— Non è muta, ma parla una strana lingua che non conosco — spiegò Eliwys. — Temo che le ferite le abbiano danneggiato la mente — aggiunse, poi girò intorno al letto seguita da Gawyn e si rivolse a Kivrin: — Buona dama, ti ho portato il privé di mio marito, Gawyn.

— Buon giorno, mia signora — salutò Gawyn, parlando lentamente e in maniera scandita, come se credesse che Kivrin fosse sorda.

— È stato lui a trovarti nel bosco — proseguì Eliwys.

Dove, nel bosco, pensò disperatamente Kivrin.

— Sono lieto che le tue ferite stiano guarendo — continuò Gawyn, enfatizzando ogni parola. — Puoi dirmi qualcosa riguardo agli uomini che ti hanno assalita?

Non so se riuscirò a dirti qualche cosa, pensò lei, esitando a parlare per il timore che neppure lui fosse in grado di comprenderla. Ma doveva farsi capire da Gawyn, perché era il solo a sapere dove fosse il sito.

— In quanti erano? — stava intanto insistendo Gawyn. — Erano a cavallo?

Dove mi hai trovata? pensò Kivrin, enfatizzando mentalmente ogni parola come aveva fatto Gawyn nel parlare. Attese quindi che il traduttore elaborasse l'intera frase, ascoltando con attenzione le inflessioni e verificandole con un confronto con le lezioni linguistiche che il Signor Dunworthy le aveva impartito.

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