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Roche ha tentato di far bere ad Imeyne un po' di infuso di corteccia di salice, ma lei l'ha sputato.

— Ha mentito quando ha detto di essere stata aggredita nel bosco — ha insistito. — L'hanno mandata qui perché ci uccida tutti.

— È la malattia che ti induce a credere queste cose — ha ribattuto con gentilezza Roche, pulendole la bocca sporca di bava insanguinata.

— L'hanno mandata qui ad avvelenarci — ha persistito Imeyne. — Guarda come ha avvelenato le figlie di mio figlio, e adesso vuole avvelenare anche me, ma non le permetterò di darmi nulla da mangiare o da bere.

— Zitta — l'ha rimproverata Roche, in tono severo. — Non devi parlare male di qualcuno che cerca di aiutarti.

Imeyne ha scosso violentemente il capo.

— Cerca di ucciderci tutti. È una serva del Demonio.

Per la prima volta ho visto Roche infuriato… e quasi mi è parso di nuovo un tagliagole.

— Non sai quello che dici — ha ribattuto. — È stato Dio a mandarla qui per aiutarci.

Vorrei che fosse vero, vorrei poterli aiutare in qualche modo, ma non posso. Agnes urla che io venga a prenderla e Rosemund giace immota come sotto un incantesimo e il segretario sta diventando completamente nero e non c'è niente che io possa fare per aiutare uno qualsiasi di loro. Niente.

(Pausa)

Tutta la famiglia del castaldo è ammalata. Il bambino più giovane, Lefric, è il solo ad avere la forma bubbonica ed io ho inciso il bubbone. Per gli altri non posso fare nulla perché hanno contratto la forma polmonare.

(Pausa)

Il figlio neonato del castaldo è morto.

(Pausa)

Le campane di Courcy stanno suonando. Nove colpi. Chi di loro è morto? L'inviato del vescovo? Il monaco grasso che ha contribuito a rubare i nostri cavalli? O Sir Bloet? lo spero che sia lui.

(Pausa)

Una giornata terribile. La moglie del castaldo e il ragazzo che è fuggito quando sono andata a cercare il sito sono morti entrambi questo pomeriggio. Il castaldo sta scavando la tomba per entrambi, sebbene il terreno sia così gelato che non riesco a immaginare come si possa anche soltanto intaccarlo. Rosemund è a stento in grado di deglutire e il suo polso è inconsistente e irregolare. Agnes non è altrettanto grave ma non riesco a farle calare la febbre. Questa sera Padre Roche ha detto i vespri qui, senza andare in chiesa.

Dopo le preghiere di rito ha aggiunto:

— Buon Gesù, io so che ci hai mandato tutto l'aiuto che puoi, ma temo che esso non possa prevalere contro questa nera epidemia. La tua santa serva Katherine afferma che questo terrore è soltanto una malattia, ma com'è possibile? Essa infatti non si sposta da un uomo all'altro ma è dovunque contemporaneamente.

Ed è vero.

(Pausa)

Ulf l'Intendente è morto.

È morta anche Sibbe, figlia del castaldo.

E Joan, figlia del castaldo.

E la cuoca (non conosco il suo nome.)

E Walthef, il figlio maggiore del castaldo.

(Pausa)

Oltre il cinquanta per cento del villaggio ha contratto la malattia. Ti prego, Dio, fa' che Eliwys non la prenda. E neppure Roche.

29

Chiese aiuto ma non venne nessuno e pensò quindi che tutti gli altri fossero morti e di essere il solo superstite, come il monaco John Clyn nel monastero dei Frati Minori.

— Io, aspettando che venga la morte…

Cercò di premere il pulsante per chiamare l'infermiera ma non riuscì a trovarlo. Sul comodino accanto al letto c'era una campanella a mano e lui si allungò per prenderla, ma le sue dita erano prive di forza ed essa cadde a terra provocando un rumore orribile e interminabile, come il rintocco di una sorta di Great Tom da incubo, ma ancora non venne nessuno.

Quando si svegliò di nuovo, però, la campanella era di nuovo sul comodino, quindi qualcuno doveva essere entrato mentre lui dormiva. Fissando la campanella con i suoi occhi miopi si chiese per quanto tempo avesse dormito. Senz'altro per molto.

Non era possibile stabilirlo in base alla stanza, perché la luce non aveva un'angolazione particolare e neppure ombre, per cui poteva essere pomeriggio come metà mattina. Sul comodino e sulla parete non c'era traccia di orologi e lui non aveva la forza necessaria per girarsi e guardare gli schermi sulla parete sopra la propria testa. Nella stanza c'era una finestra, e anche se non era in grado di sollevarsi abbastanza da vedere bene fuori poteva comunque notare che stava piovendo. Pioveva, quando lui era andato a Brasenose, quindi forse era ancora lo stesso pomeriggio. Forse era soltanto svenuto e lo avevano ricoverato in osservazione.

— «Ed io ti farò anche questo» — recitò qualcuno.

Dunworthy aprì gli occhi e protese la mano verso gli occhiali, senza però riuscire a trovarli.

— «Io riverserò su di te terrore, consunzione e febbri brucianti»

Era la Signora Gaddson che, seduta su una sedia accanto al letto, stava leggendo la Bibbia. La donna non aveva indosso né la maschera né il set IPS, anche se la Bibbia era ancora avvolta nel politene, e Dunworthy la fissò socchiudendo gli occhi.

— «E quando sarete raccolti all'interno delle vostre città io manderò la pestilenza fra di voi»

— Che giorno è? — chiese Dunworthy.

La donna fece una pausa, lo scrutò con una strana espressione e riprese a leggere placidamente.

— «E sarete consegnati nelle mani del nemico»

Dunworthy rifletté che non si poteva trovare lì da molto tempo. La Signora Gaddson era intenta a leggere a beneficio dei pazienti quando lui era andato a trovare Badri, quindi forse si trattava dello stesso pomeriggio e Mary non era ancora venuta a buttare fuori la Gaddson.

— Può inghiottire? — domandò un'infermiera, l'anziana veterana dell'Approvvigionamento. — Ho chiesto se può inghiottire, perché devo darle una pillola termometrica.

Diligentemente, Dunworthy aprì la bocca e la donna gli posò la capsula sulla lingua, poi gli inclinò la testa in avanti in modo che potesse bere, il tutto accompagnato dagli scricchiolii della sua uniforme.

— È andata giù? — domandò la donna, permettendogli di inclinarsi un po' all'indietro.

La capsula si era incastrata lungo la gola ma lui annuì lo stesso e lo sforzo gli fece dolere la testa.

— Che ore sono? — domandò, cercando di non sputare la capsula con un colpo di tosse.

— È ora che riposi — replicò l'infermiera, sbirciando con occhi miopi gli schermi sopra la sua testa.

— Che giorno è? — insistette Dunworthy, ma lei era già uscita, e quando si volse per chiederlo alla Signora Gaddson scoprì che se ne era andata a sua volta.

Non poteva essere lì da molto, visto che aveva ancora emicrania e febbre, che erano i sintomi iniziali dell'influenza. Forse si era ammalato da poche ore appena, forse era ancora lo stesso pomeriggio e lui si era svegliato quando lo avevano trasferito in quella stanza, prima che avessero avuto il tempo di collegare il pulsante di chiamata o di controllargli la temperatura.

— È ora di misurare la temperatura — annunciò l'infermiera, questa volta la bionda graziosa che gli aveva fatto tante domande sul conto di William Gaddson.

— Me l'hanno già misurata.

— Questo è stato ieri — replicò la ragazza. — Avanti, inghiotta la capsula.

Lo studente del primo anno nella camera di Badri gli aveva detto che quell'infermiera aveva contratto il virus.

— Credevo che fosse ammalata — le disse.

— Infatti, ma sto di nuovo bene, e presto si rimetterà anche lei — dichiarò l'infermiera, passandogli una mano dietro la testa e sollevandolo in modo che potesse bere un sorso d'acqua.

— Che giorno è oggi? — domandò Dunworthy.

— L'undici — replicò la ragazza, — anche se io stessa ci ho messo un po' a rendermene conto. Verso la fine le cose si sono fatte un po' affannose, perché quasi tutto il personale era malato e chi era in piedi faceva turni doppi, e così ho perso un po' la cognizione del tempo — spiegò, mentre inseriva dei dati e fissava gli schermi con espressione accigliata.

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