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— Il che significa un'epidemia — osservò Dunworthy, sovrastando il fischio della teiera.

— Sì.

— Una panepidemia?

— È possibile, nel caso che il CMI non riesca a identificare in fretta il virus o che il personale dell'ospedale ceda al panico. O che la quarantena non venga rispettata. La buona notizia — proseguì, spegnendo la teiera e versando l'acqua calda nelle tazze, — è che il CMI pensa che si tratti di un'influenza che ha avuto origine nel Sud Carolina. Se è davvero così il virus è già stato esaminato e si dispone di analogo e di vaccino. Questo tipo di virus reagisce bene agli antimicrobici e al trattamento sintomatico, e non è letale.

— Qual è il periodo di incubazione?

— Varia da dodici a quarantotto ore. Il CMI manderà alcuni campioni di sangue ad Atlanta per un confronto e ci farà sapere il tipo di cure da applicare.

— A che ora Kivrin è venuta lunedì in Infermeria per il controllo dei vaccini antivirali?

— Alle tre — rispose Mary, — ed è rimasta qui fino alle nove della mattina successiva. L'ho trattenuta per la notte in modo da essere certa che dormisse di un sonno tranquillo e riposante.

— Badri dice di non averla vista ieri, ma potrebbe aver avuto dei contatti con lei lunedì, prima che Kivrin venisse in infermeria.

— Per essere contagiata avrebbe dovuto essere esposta al virus prima dei vaccini in modo che esso potesse moltiplicarsi senza impedimenti — replicò Mary. — E anche ammesso che abbia visto Badri lunedì o martedì, lei sta correndo meno rischi di te di ammalarsi. Sei ancora preoccupato per quei dati, vero? — aggiunse poi in tono serio, fissandolo da sopra l'orlo della sua tazza.

Dunworthy scosse il capo, ma senza troppa convinzione.

— Badri mi ha detto di aver controllato le coordinate inserite dall'apprendista e che erano esatte… e aveva già riferito a Gilchrist che lo slittamento era stato minimo — replicò, desiderando che Badri gli avesse risposto con precisione quando gli aveva chiesto dello slittamento.

— Che altro potrebbe essere andato storto? — domandò ancora Mary.

— Non lo so. Nulla, tratte il fatto che è sola nel medioevo.

— È possibile che sia più al sicuro che qui — ribatté Mary, posando la tazza vuota sul carrello. — Presto avremo molti pazienti perché l'influenza si diffonde come un fuoco nell'erba secca e la quarantena servirà soltanto a peggiorare le cose. I membri del personale medico sono sempre i primi ad essere esposti e se dovessero ammalarsi, o se dovessimo restare a corto di antimicrobici, questo secolo potrebbe diventare un livello dieci. Scusami, è la stanchezza a parlare — proseguì, spingendosi indietro a fatica i capelli arruffati. — Dopo tutto questo non è il medioevo, e non è neppure il ventesimo secolo. Abbiamo metabolizzanti e coadiuvanti, e se si tratta del virus del Sud Carolina abbiamo perfino un analogo e un vaccino… però sono contenta che Colin e Kivrin siano al sicuro.

— Al sicuro nel medioevo — commentò Dunworthy.

— Con i tagliagole — sorrise Mary.

In quel momento la porta si spalancò rumorosamente e nella sala d'attesa entrò un ragazzo piuttosto alto munito di una sacca da rugby e grondante di pioggia.

— Colin! — esclamò Mary.

— Così è qui che sei finita — replicò il ragazzo. — Ti ho cercata dappertutto.

ESTRATTO DAL DOMESDAY BOOK
(000893-000898)

Signor Dunworthy, ad adjuvandum me festina.*)

LIBRO SECONDO

Nel cupo cuore dell'inverno
Gelido gemeva il vento,
Dura come il ferro era la terra,
Simile a pietra l'acqua;
Fitta cadea la neve, neve su neve,
Neve su neve,
Nel cupo cuore dell'inverno
tanto tempo fa.
CHRISTINA ROSSETTI

10

Il fuoco si era spento. Kivrin poteva ancora sentire odore di fumo nella stanza, ma sapeva che proveniva da un fuoco che ardeva in un focolare da qualche parte… il che non doveva meravigliare perché i camini erano stati introdotti in Inghilterra sul finire del quattordicesimo secolo, e adesso erano soltanto nel 1320. Non appena ebbe formulato quel pensiero acquistò consapevolezza anche di tutto il resto: era nel 1320 ed era stata malata, aveva avuto la febbre.

Per un po' non cercò di spingere oltre le proprie riflessioni perché era piacevole starsene sdraiata a riposare. Si sentiva spossata come se avesse subito una terribile prova che le aveva prosciugato le forze… ricordava di aver creduto che la volessero bruciare sul rogo e di aver lottato contro chi l'assisteva e contro le fiamme che salivano a lambirle le mani e a incendiarle i capelli.

Mi hanno tagliato i capelli, pensò, e si chiese se si trattasse di un ricordo o di qualcosa che aveva sognato. Era però troppo stanca per portarsi una mano alla testa e controllare, troppo stanca perfino per cercare di ricordare. Sapeva tuttavia che era stata molto malata, tanto che le avevano impartito l'estrema unzione.

— Non hai nulla da temere — aveva detto il prete. — Stai soltanto tornando a casa.

Requiescat in pace, pensò… e si addormentò.

Quando si svegliò la stanza era buia e una campana stava suonando molto lontano. Ebbe l'impressione che i rintocchi stessero echeggiando da molto tempo, come aveva fatto quella campana isolata quando lei era arrivata nella radura, ma dopo un minuto una seconda serie di rintocchi si unì alla prima, così vicina da sembrare appena fuori della finestra e così forte da soffocare lo scampanio sempre più generale. Il mattutino, si disse Kivrin, ed ebbe l'impressione di ricordare di aver già sentito le campane suonare in quel modo irregolare e un po' stonato che si accompagnava al battito del suo cuore… però era impossibile.

Doveva aver sognato, come aveva sognato che volevano bruciarla sul rogo, che le avevano tagliato i capelli e che la gente parlava una lingua per lei incomprensibile.

La campana più vicina smise di suonare mentre le altre continuarono per un po', come se fossero contente di farsi sentire… e Kivrin si trovò a rammentare anche questo. Da quanto tempo si trovava lì? Era stata notte e adesso era mattina. Anche se le sembrava che si fosse trattato di una sola notte, ricordava i volti che si erano chinati su di lei: quando la donna le aveva portato la coppa di medicinale e poi quando era venuto il prete insieme al bandito, lei aveva potuto vederli con chiarezza senza l'ausilio della luce tremolante della candela, e fra una visita e l'altra ricordava il buio e la luce fumosa delle lampade di sego e le campane che suonavano, smettevano, suonavano ancora.

Fu assalita da un'improvvisa fitta di panico e si chiese da quanto tempo si trovasse lì. Possibile che fosse rimasta malata per settimane e avesse saltato il recupero? Questo però era impossibile perché nessuno restava in preda al delirio per settimane, neppure a causa della febbre tifoidea, e lei non poteva avere la febbre tifoidea perché era stata vaccinata.

La stanza era fredda, come se il fuoco si fosse spento durante la notte. Cercò a tentoni le coltri e subito un paio di mani emersero dal buio per assestarle qualcosa di morbido intorno alle spalle.

— Grazie — disse Kivrin, e si riaddormentò.

Fu svegliata di nuovo dal freddo ed ebbe l'impresisone di aver dormito per pochi momenti anche se adesso nella stanza c'era un po' di luce che penetrava da una stretta finestra incastonata nella parete di pietra. Le imposte erano state spalancate e questo serviva soltanto ad aumentare il freddo.

42
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