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— No, quello che volevo dire è che tutte quelle persone sono morte di peste, giusto? E lei era stata immunizzata, quindi non poteva prendere la peste. E di che altro sarebbe potuta morire?

Di questo, si disse Dunworthy. Nessuno poteva essere sopravvissuto a una cosa del genere, guardando bambini e neonati che morivano come animali e venivano ammucchiati nelle fosse per essere coperti di terra dopo essere stati trascinati fin là con una corda passata intorno al collo. Come poteva Kivrin essere sopravvissuta a tutto questo?

Colin era intanto riuscito a spingere il sacco fuori della portata dell'animale, lasciandolo cadere accanto ad un cofanetto prima di venire a piantarsi davanti a Dunworthy, con il respiro un po' affannoso.

— È certo di non avere una ricaduta? — domandò ancora una volta.

— Sì — ribadì lui, anche se stava cominciando a tremare.

— Forse è soltanto stanco — dichiarò Colin. — Riposi, io sarò di ritorno fra un momento.

Uscì, tirandosi dietro la porta della baracca. Lo stallone stava sbocconcellando l'avena che Colin aveva rovesciato per terra, mangiandola rumorosamente. Dunworthy si alzò in piedi, sorreggendosi alla rozza trave a cui era legato l'animale, e si avvicinò al cofanetto: i rinforzi di ottone si erano scuriti e il cuoio del coperchio aveva un piccolo buco, ma a parte questo era nuovo.

Si sedette accanto ad esso e aprì il coperchio: il castaldo lo aveva usato per riporvi i suoi attrezzi… dentro c'erano un rotolo di corda di cuoio e la testa arrugginita di un piccone. Il rivestimento di stoffa azzurra di cui Gilchrist aveva parlato nel pub era lacerato nel punto in cui la testa del piccone aveva sfregato contro di esso.

Colin rientrò trasportando un secchio.

— Le ho portato un po' d'acqua… sono andato a prenderla al ruscello — annunciò, posando il secchio e frugandosi in tasca per poi tirare fuori una bottiglietta. — Ho soltanto dieci aspirine, quindi non si può permettere una ricaduta troppo seria. Le ho rubate al Signor Finch. Ho rubato anche della sintamicina — continuò, facendosi cadere in mano due pastiglie, — ma ho avuto paura che non fosse stata ancora inventata, mentre ho pensato che dovessero avere l'aspirina.

Porse le due pastiglie a Dunworthy e gli avvicinò il secchio.

— Dovrà usare le mani per bere, perché ho ritenuto che le ciotole e le altre cose della gente di qui fossero probabilmente impregnate dei germi della peste.

Dunworthy inghiottì le aspirine e prelevò con le mani dell'acqua dal secchio per mandarle giù.

— Colin… — cominciò.

— Non penso che questo sia il villaggio giusto — lo prevenne il ragazzo, portando il secchio vicino allo stallone. — Sono entrato nella chiesa e la sola tomba che c'è là è quella di una dama. Siamo ancora troppo ad est — continuò, tirando fuori di tasca la mappa e il localizzatore. — Secondo me ci troviamo qui — precisò, indicando un punto sulla mappa di Montoya, — quindi se torniamo indietro per quell'altra strada e tagliamo verso est…

— Torneremo al sito — tagliò corto Dunworthy, alzandosi con cautela per non toccare la parete.

— Perché? Badri ha detto che avevamo a disposizione almeno un giorno e abbiamo controllato un solo villaggio. Ci sono un mucchio di villaggi qui intorno, e lei potrebbe essere in uno qualsiasi di essi.

Dunworthy slegò lo stallone.

— Potrei prendere il cavallo e andare a cercarla — suggerì Colin. — Potrei cavalcare in fretta e controllare tutti i villaggi per poi tornare ad avvertirla non appena l'avessi trovata, oppure potremmo suddividere i villaggi e controllarne metà per uno, stabilendo che chi dei due la trova faccia un segnale di qualche tipo… per esempio accendere un fuoco o qualcosa del genere, in modo che l'altro lo veda e lo raggiunga.

— È morta, Colin. Non la troveremo.

— Non lo dica! — esclamò Colin, con voce che suonò acuta e infantile. — Lei non è morta! Ha avuto la vaccinazione.

— Quello è il cofanetto che ha portato con sé — spiegò Dunworthy, indicando l'oggetto.

— E allora? — ritorse Colin. — Ci possono essere un sacco di cofanetti come quello, oppure è possibile che lei sia fuggita quando è giunta la peste. Non possiamo tornare indietro e lasciarla qui! Che farei se fossi io ad essermi perso e continuassi ad aspettare che qualcuno mi venisse a prendere senza che arrivasse nessuno?

Il naso stava cominciando a colargli.

— Colin — affermò Dunworthy, sentendosi impotente. — Certe volte si fa tutto il possibile e tuttavia non si riesce a salvare una persona.

— Come con la prozia Mary — precisò il ragazzo, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. — Ma non è sempre così.

Invece lo è, pensò Dunworthy.

— No, non sempre — convenne ad alta voce.

— A volte è possibile salvare una persona — insistette il ragazzo, cocciutamente.

— D'accordo — si arrese Dunworthy, tornando a legare lo stallone. — Andremo a cercarla, ma prima dammi altre due aspirine e lasciami riposare un poco in attesa che facciano effetto. Poi andremo a cercarla.

— Apocalittico! — esclamò Colin, afferrando il secchio e sottraendolo allo stallone che aveva ricominciato a bere. — Vado a prendere altra acqua.

Uscì di corsa e Dunworthy si riadagiò a sedere contro la parete.

— Per favore — mormorò. — Per favore, permettici di trovarla.

La porta si aprì lentamente e Colin apparve sulla soglia, delineato contro la luce dell'esterno.

— La sente? — chiese. — Ascolti.

Era un suono debole, soffocato dalle pareti della capanna, e c'erano lunghe pause fra i rintocchi… ma lui li sentì lo stesso con chiarezza. Si alzò e uscì fuori.

— Vengono da quella direzione — disse Colin, indicando verso sudovest.

— Prendi lo stallone — ordinò Dunworthy.

— È certo che sia Kivrin? Quella è la direzione sbagliata.

— È Kivrin.

35

La campana smise di suonare prima ancora che avessero finito di sellare lo stallone.

— Presto! — esclamò Dunworthy, stringendo la cinghia del sottopancia.

— Non si preoccupi — lo rassicurò Colin, studiando la mappa. — Ha suonato per tre volte, e sono riuscito a determinare la provenienza dei rintocchi. Erano dritti a sudovest, giusto? E questo è Henefelde, giusto? — spiegò, tenendo la mappa davanti a Dunworthy e indicando di volta in volta ciascun punto. — Allora si deve trattare di questo villaggio.

Dunworthy lanciò un'occhiata alla mappa e poi guardò ancora verso sudovest, cercando di tenere chiara nella mente la direzione da cui era giunto il suono della campana. Già cominciava a non essere più certo di quale fosse, anche se poteva avvertire ancora il pulsare del suono. Desiderò che le aspirine si decidessero a fare effetto.

— Avanti, venga — lo incitò Colin, conducendo lo stallone vicino alla porta della baracca. — Salti su e andiamo.

Dunworthy infilò un piede nella staffa e passò l'altra gamba sulla sella… e fu subito assalito dalle vertigini.

— È meglio che guidi io — decise Colin, dopo averlo scrutato con espressione riflessiva, poi montò in sella davanti a lui.

I calci che diede ai fianchi dello stallone erano troppo fiacchi e lo strattone alle redini troppo brusco, ma stupefacentemente l'animale si avviò con docilità attraverso la piazza e lungo il viottolo.

— Sappiamo dove si trova il villaggio — affermò Colin, con sicurezza. — Dobbiamo soltanto trovare una strada che porti in quella direzione.

La scoprirono quasi immediatamente: un sentiero piuttosto largo che scendeva un pendio e si addentrava in una macchia di pini; appena dentro il bosco, però, il sentiero si divise in due e Colin si girò a guardare Dunworthy con espressione interrogativa.

Lo stallone tuttavia non esitò e si avviò lungo il sentiero di destra.

— Guardi, sa dove sta andando! — esclamò Colin, in tono deliziato.

Sono lieto che uno di noi lo sappia, pensò Dunworthy, chiudendo gli occhi per non vedere il paesaggio sobbalzante e per soffocare il pulsare alla testa.

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