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Il segretario si mosse e lei gli si accostò.

— Sete — disse l'uomo, umettandosi le labbra con la lingua gonfia. Kivrin gli portò un po' d'acqua e lui bevve avidamente alcune sorsate, poi si strozzò e tossì, sputandogliela addosso.

Kivrin indietreggiò strappandosi di dosso la maschera. Questa è la peste bubbonica, si disse, asciugandosi freneticamente il petto. Non è il genere diffuso dai fluidi corporei, e poi tu sei stata vaccinata. Però aveva ricevuto anche gli antivirali e l'inoculazione per rinforzare i linfociti T, quindi non avrebbe dovuto contrarre neppure il virus. E non sarebbe dovuta finire nel 1348.

— Cosa è successo? — sussurrò.

Non poteva essere stato lo slittamento. Il Signor Dunworthy si era preoccupato perché non avevano effettuato controlli sullo slittamento, ma anche nel caso peggiore la transizione sarebbe dovuta risultare spostata di poche settimane, non di anni. Qualcosa doveva essere andato storto nel funzionamento della rete.

Il Signor Dunworthy aveva affermato che il Signor Gilchrist non sapeva quello che stava facendo e in effetti qualcosa era andato storto e lei era finita nel 1348, ma perché non avevano bloccato la transizione non appena si erano accorti dell'errore della data? Il Signor Gilchrist poteva non aver avuto il buon senso di recuperarla, ma il signor Dunworthy lo avrebbe avuto di certo, senza contare che era stato contrario alla cosa dall'inizio. Perché non avevano riaperto la rete?

Perché io non ero più là, pensò. La verifica dei dati doveva aver richiesto almeno due ore, e in quel tempo lei si era già allontanata nei boschi. Dunworthy avrebbe però lasciato aperta la rete, non l'avrebbe certo richiusa in attesa del recupero… l'avrebbe tenuta aperta per lei.

Raggiunse quasi di corsa la porta e spinse in su la sbarra, dicendosi che doveva trovare Gawyn e costringerlo a dirle dove fosse il sito.

Il segretario si sollevò a sedere e abbassò dal letto la gamba nuda come se volesse andare con lei.

— Aiuto — annaspò, cercando di muovere l'altra gamba.

— Non ti posso aiutare — ribatté lei, in tono rabbioso, sollevando del tutto la sbarra. — Io non appartengo a questo posto e devo trovare Gawyn.

Nel momento stesso in cui lo disse, però, ricordò che lui non c'era, che era andato a Courcy cbn Sir Bloet e con l'inviato del vescovo… l'inviato che aveva avuto tanta fretta di partire che per poco non aveva travolto Agnes con il suo cavallo.

Lasciò ricadere la sbarra e si girò verso il malato.

— Anche gli altri hanno la peste? L'inviato del vescovo ce l'ha? — domandò, ricordando il grigiore di quel volto aristocratico e il modo in cui il prelato tremava stringendosi intorno il mantello. Li avrebbe contagiati tutti: Sir Bloet e la sua altezzosa sorella e le ragazze tanto propense a ridacchiare. E Gawyn. — Sapevate di averla quando siete venuti qui, vero? Vero?

Il segretario protese rigidamente le braccia verso di lei, come un bambino.

— Aiuto — ripeté, e ricadde all'indietro con la testa e le spalle quasi fuori del letto.

— Non meriti di essere aiutato. Hai portato la peste qui.

Bussarono alla porta.

— Chi è? — chiese Kivrin, in tono rabbioso.

— Roche — rispose la voce del prete attraverso il battente, ma pur avvertendo un'ondata di sollievo per il fatto che lui fosse tornato Kivrin non si mosse e abbassò lo sguardo sul segretario che giaceva ancora mezzo fuori del letto, con la bocca aperta e la lingua gonfia che gli riempiva la bocca.

— Lasciami entrare — insistette il prete. — Devo sentire la sua confessione.

La sua confessione.

— No — rifiutò Kivrin.

Roche bussò ancora più forte.

— Non ti posso lasciar entrare — spiegò Kivrin. — È un male contagioso, potresti contrario.

— Quell'uomo corre pericolo di morte — ribatté Roche. — Deve essere assolto del suoi peccati perché possa entrare in cielo.

Non entrerà mai in cielo, pensò Kivrin. Ha portato la peste qui. Il segretario aprì gli occhi, gonfi e venati di rosso; adesso nel suo respiro c'era una sorta di vibrazione, e Kivrin si disse che stava morendo.

— Katherine — insistette Roche.

Quell'uomo stava morendo lontano da casa, com'era successo a lei. Anche lei aveva portato la malattia con sé e se nessuno l'aveva presa non era certo merito suo, visto che tutti l'avevano aiutata… Eliwys e Imeyne e Roche. Avrebbe potuto contagiarli tutti. E Roche le aveva tenuto la mano e le aveva somministrato l'estrema unzione.

Sollevò con gentilezza la testa del segretario e lo sistemò diritto nel letto, poi si accostò alla porta.

— Ti permetterò di dargli l'estrema unzione — disse, aprendo il battente di una fessura, — ma prima ti devo parlare.

Roche si era messo le vesti talari e si era tolto la maschera; adesso aveva in mano un cesto contenente l'olio santo e il viatico, che posò sulla cassapanca ai piedi del letto tenendo lo sguardo fisso sul segretario il cui respiro si faceva sempre più affaticato.

— Devo sentire la sua confessione — dichiarò.

— No! — esclamò Kivrin. — Non prima che tu abbia ascoltato quello che ti devo dire. Il segretario ha la peste bubbonica — proseguì, traendo un profondo respiro e ascoltando attentamente la versione fornita dal traduttore. — Si tratta di una malattia terribile che uccide quasi tutti coloro che la prendono. Viene diffusa dai ratti e dalle mosche e dal respiro di quanti si ammalano, dai loro vestiti e dalle loro cose — spiegò, fissando con ansia il prete e cercando di imporgli di capire con la forza di volontà. Anche lui appariva ansioso, e sconcertato.

— È una malattia terribile — disse. — Non è come la febbre tifoidea o il colera, e ha già ucciso centinaia di migliaia di persone in Italia e in Francia… in alcuni posti ne ha uccise tante che non è rimasto vivo nessuno a seppellire i morti.

— Hai ricordato da dove sei venuta — affermò il prete, con espressione indecifrabile.

Crede che stessi fuggendo dalla peste quando Gawyn mi ha trovata nel bosco, pensò Kivrin. Se rispondo di sì crederà anche che sia stata io a portarla qui.

Però non c'era traccia di accusa nell'espressione di Roche, e lei doveva riuscire a fargli capire la situazione.

— Sì — affermò, e attese.

— Cosa dobbiamo fare? — chiese lui.

— Devi tenere gli altri lontani da questa stanza e dire loro di non uscire di casa e di non far entrare nessuno. Devi avvertire la gente del villaggio di restare a sua volta in casa e di non avvicinarsi se dovesse vedere un topo morto. Non ci devono essere altri festeggiamenti o danze sulla piazza, le persone del villaggio non devono entrare nel maniero o nel cortile o nella chiesa. Non si devono riunire da nessuna parte.

— Chiederò a Lady Eliwys di tenere dentro Rosemund ed Agnes — annuì Roche, — e dirò alla gente del villaggio di stare in casa.

Dal letto il segretario emise un suono soffocato ed entrambi si girarono a guardarlo.

— Non c'è nulla che possiamo fare per aiutare coloro che prendono questa peste? — domandò il prete, pronunciando con fatica la parola.

Durante la sua assenza lei aveva cercato di ricordare quali rimedi la gente del tempo avesse impiegato contro il contagio. Aveva portato indosso mazzolini di fiori e bevuto polvere di smeraldi e applicato sanguisughe ai bubboni, ma erano stati tutti rimedi peggio che inutili e la Dottoressa Ahrens aveva detto che comunque qualsiasi loro tentativo sarebbe risultato inutile perché nulla tranne antimicrobici come la tetraciccina e la streptomicina poteva ottenere qualche effetto, ma quelle sostanze erano state scoperte soltanto nel ventesimo secolo.

— Dobbiamo dargli da bere e tenerlo caldo — disse infine.

— Di certo Dio lo aiuterà — commentò Roche, guardando il segretario.

Non lo farà, pensò Kivrin. Non lo ha fatto. Non ha aiutato mezza Europa.

— Dio non ci può aiutare contro la Morte Nera — replicò.

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